Benvenuti nel sito di Giuseppe Pungitore, dell'ing. Vincenzo Davoli, di Mimmo Aracri ed Antonio Limardi, punto d'incontro dei navigatori cibernetici che vogliono conoscere la storia del nostro meraviglioso paese, ricco di cultura e di tradizioni: in un viaggio nel tempo nei ruderi medioevali. Nella costruzione del sito, gli elementi che ci hanno spinto sono state la passione per il nostro paese e la volontà di farlo conoscere anche a chi è lontano, ripercorrendo le sue antiche strade.

RECENSIONE      DI LORENZO MALTA

Il  libro  di Davoli Vincenzo: “Buone notizie e pronta risposta”

Non si può rimanere insensibili ed in silenzio di fronte all’opera di Vincenzo Davoli perché la sua fatica non è mera cronaca statica, fine a se stessa, ma è evocativa di storie drammatiche e personali vissute in un contesto tragico, quale fu quello della I Guerra Mondiale, vicende amare e dolorose che ancora oggi suscitano nel lettore sentimenti  profondi.

Purtroppo viviamo tempi in cui la globalizzazione famelica divora (real time) le vicende del presente ed accompagna ad un punto finale, secondo una logica omologante, quelle del passato.

In breve tempo si è passati dal positivismo  all’omologazione ed in questo contesto d’incanalamento forzato degli avvenimenti, secondo una visione monocromatica della storia, paradossalmente trova senso il processo inverso ossia quello della localizzazione dei fatti. Tale concetto che può sembrare assurdo si può spiegare con un esempio: la Grande Guerra in senso generale può considerarsi come un argomento chiuso essendo stato ampiamente trattato dal punto di vista sociale, politico, economico e militare. Tale chiusura sposta gli interessi dall’universale al particolare ed il particolare conduce alle periferie, ai distretti (ma la storia non è forse la sintesi dei particolari?) che sono rappresentati da luoghi anche modesti e lontani dal fronte da cui sono partiti i poveri contadini sradicati dalla loro quotidianità fatta di miseria e di fatica (anche se ad onore del vero, come si evince pure dall’opera del Davoli, molti esponenti della borghesia agraria partirono animati da uno spirito di pura idealità).

Davoli per questo suo sforzo immane merita da parte dei francavillesi un doppio plauso principalmente per essersi legato saldamente ed affettuosamente ad una storia e ad un ambiente non suo  il quale però lo ha ben adottato (ricordiamo che Davoli è francavillese “jure conubii” ) secondariamente per avere preso caparbiamente a cuore una vicenda triste e drammatica del nostro recente passato.

Davoli non è (parimenti a chi scrive) uno storico di professione, ma la sua indagine è metodica e meticolosa; egli non trascura quelli che sono gli elementi canonici della ricerca storica siano essi atti,documenti , testi, testimonianze epistolari e racconti orali. Ne viene fuori un prodotto ineccepibile dal punto di vista del rigore storico ed esaustivo,compatibilmente con il materiale raccolto,con quello del racconto (poco o niente è stato tralasciato).

Davoli non rilegge la storia, ma la svela strappandola all’oblio. E chi è lo storico se non un moderno Icaro che si muove in un complicato labirinto? Davoli apre delle porte chiuse da cui escono sensazionali novità come quella di un francavillese caduto sul fronte francese e ancora più sensazionalmente quella di dieci militi non ricordati dalle lastre marmoree dei monumenti e perciò mai pubblicamente celebrati .

La storia è ricostruzione ed arricchimento di interpretazioni che a volte urtano contro convinzioni e schemi cristallizzati da certe tradizioni radicate ed il processo storico, che non ha tempi prestabiliti,e che vede muoversi appaiate la giustizia e la nemesi , finisce quasi sempre per rendere palesi verità nascoste.

Come dicevamo innanzi Davoli ha scelto un campo difficile dove muoversi perchè la guerra è un argomento crudo, drammatico e la Grande Guerra fu evento straordinario che rivoluzionò il concetto di guerra, non più combattuta a viso aperto ma in trincee come topi e con armi infide come i gas che non ti facevano vedere in faccia il tuo assassino.

La Grande Guerra fu la prima ad essere documentata e filmata nella sua crudeltà, ma la novità non fu solo questa; l’altra fu la mobilitazione generale per cui furono chiamati borghesi,proletari e contadini. Tra le tante opere che meglio l’hanno  raccontata oso collocare quella di Emilio Lussu ”Un anno sull’altopiano” racconto devastante e realistico che testimonia gli inutili assalti per posizioni insignificanti o l’impreparazione dei soldati italiani privi di elmetto e di forbici per tagliare il filo spinato nemico. Celebre è rimasta la frase “Il nemico è alle spalle” per indicare che i propri generali erano più dannosi del nemico che stava dinnanzi.

La Grande Guerra è lo sfondo centrale da cui si dipanano miriadi di storie particolari che sono quelle dei tanti soldati caduti. Davoli  ricostruisce quelle di 16 Francavillesi , storie uguali e diverse di uomini differenti per estrazione sociale, cultura e ideali. Tutti figli di una Francavilla che agli inizi del 900 rispecchiava le condizioni economiche e sociali del Paese; vi era certamente disagio e sofferenza, ma c’era anche una rilevante vitalità imprenditoriale e culturale che era appannaggio della borghesia agraria del paese i cui esponenti più giovani spesso coltivavano ideali di derivazione risorgimentale e non disdegnavano d’accostarsi alle logge massoniche dei paesi viciniori.

Accanto a questi si ponevano i contadini analfabeti che agli ideali anteponevano fini più pratici quali la terra, la famiglia, e, mentre sulle divise dei  primi si cucivano i gradi di ufficiali di complemento, i secondi andavano ad essere macellati nelle prime linee senza comprendere il perché di quella mattanza.

I primi ebbero inoltre il conforto della corrispondenza epistolare mentre i secondi morirono in silenzio in modo anonimo e mai celebrati con odi o sermoni solenni.

Giova qui ricordare le pagine che il Davoli dedica alla 141 brigata Catanzaro composta per lo più da contadini calabresi (ad essa apparteneva il caduto Vito Caruso) decimata per le tante gesta eroiche ed ardimentose, ma poi ricordata per la più grave rivolta dell’esercito italiano durante la Grande Guerra.

L’opera del Davoli è una sintesi di elementi la quale consente per alcuni dei suoi protagonisti un’indagine introspettiva che ne svela tutta la sensibilità, come nel caso del S.T. Domenico Servelli il quale nutre per la sua amata Tecla La Gamba un sentimento nobile e puro, forse quello per la patria era paritetico. La morte  del suo promesso porta la donna in uno stato di sconforto e dolore ma ella  comprende il sacrificio del soldato e non impreca contro la guerra  ed il suo sfogo letterario genuino e nello stesso tempo dotto assume in prosa la stessa vis tragica che sprigiona l’Ode che l’arciprete Foti compone per il Caduto.

Molte altre sono le vicende che commuovono il lettore come la partenza per  l’ America della vedova del soldato Buccinnà  assieme al figlio  o la morte dovuta al gas del soldato Condello Antonino. L’opera del Davoli diventa una pietra miliare nella storiografia  del nostro paese, essa copre una lacuna e consegna alla memoria  i nomi e le gesta di quanti s’immolarono in nome della patria . La funzione della storiografia non è solo investigativa e celebrativa, ma è anche quella di rinverdire il ricordo eroico del passato e, quando il tempo sarà volato fino ad affievolirne  il  ricordo, l’opera del Davoli sarà un paletto fermo che richiamerà alla memoria quelle gesta e quegli uomini.

Non è una coincidenza che il testo sia stato pubblicato nel 90° anno dalla vittoria, ma dobbiamo prendere atto amaramente che nessun’altra iniziativa, tranne la canonica ricorrenza del 4 novembre ( tra l’altro da anni posticipata perché il 4 non è più festivo) sia stata presa per celebrare questi martiri ed eroi, ai nostri giorni il folklore e le manifestazioni sportive  attraggono di più del nostro passato.

Quanto sembrano lontani i tempi in cui si viveva di ricordi e di valori quando gli anziani del paese dei quali ancora oggi riesco  a ricordare nitidamente le figure sedute sulla panchina sotto la lapide della Chiesa del Rosario quotidianamente raccontavano del Carso, dell’Isonzo , di Caporetto e del Piave.

Davoli ci offre oggi l’opportunità di un dibattito, di una riflessione su una generazione e su un evento straordinario; ora spetta a noi coglierne l’invito.

So di certo che l’autore,uomo caparbio, darà seguito all’opera. Caro Vincenzo, la storia è possesso perenne, a presto e ad meliora .

   Lorenzo Malta    14-11-2008

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