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MOSTRA DI LINA RUPERTO - RELAZIONE ROMEO ARACRI 22-12-2016
Lina Ruperto nasce e vive in Francavilla. La sua pittura o meglio la sua arte, rielaborata e vissuta nella sua interezza si nutre delle tradizioni culturali antiche, di storia, di arte, di leggende, di straordinari eventi di impronta anche religiosa che ha segnato la nostra terra e il nostro territorio in particolare e da cui ella trae la linfa per la sua articolata e multiforme espressione artistica. La sua è una pittura solare, a tratti sfuggente, che lascia segni nell’anima per il contenuto dei suoi messaggi e per la definizione dei segni cromatici con cui costruisce un linguaggio e lo trasmette facendo innamorare della pittura anche chi superficialmente si ritiene lontano da queste forme di comunicazione. Per chi conosce la sua pittura che in questa sala e’ rappresentata benissimo ma non in modo completo sa che l’artista copre col suo impegno una vita intera essendosi dedicata completamente sia negli anni dell’insegnamento nelle scuole superiori sia in quella fase di privato e intimistico ritorno alle origini in cui ha dipinto in modo molto riservato e io credo sbagliando e rivolgendo il suo talento a volte alle richieste di amici a cui non ha mai fatto mancare il suo contributo. L’arte infatti di Lina non e ‘ solo quella fermata sulle tele dove si ferma l9mmagine di un panorama o di una figura o di uno spaccato del nostro paese o spesso di un volto ma anche quella che la grafica concretizza nelle copertine dei libri per esempio e Lina ha dato a molte pubblicazioni locali di autori calabresi e non, la sua forma espressiva e a me piace ricordare le copertine del maximus scriptor francavillese V. Torchia a cui ha regalato le copertine dei due volumi del paese del drago e di alcuni volumi di poesie. Sono testimone di una scelta fatta da Vittorio Torchia che di fronte a Rubbettino editore che lo invitava a scegliere una composizione di Maccari non esitò un attimo e impose la proposta di Una per il suo libro certamente in una scelta egoisticamente diremmo paesana ma sicuramente da artista ad artista il cui modo di sentire il reale e’ diverso da noi!A me piace e ho scelto di parlare della sua opera più vicino al modo tradizionale di fare pittura e quindi delle sue composizioni sia in acrilico che ad olio dove io penso ha toccato il punto più alto del suo modo di fare arte e lo faccio convinto che molte di queste opere appartengono a collezioni private e solo in parte sono qui presenti dove invece primeggia la grafica a cui e’ particolarmente legata ma a voi non deve sfuggire l’interezza della sua opera
I colori sono lo strumento comunicativo con cui un artista trasmette un pensiero , un idea un messaggio molto più spesso. I suoi colori sono colori tenui ,leggeri che nel caso dei suoi acquarelli assumono la finezza del pensiero e del ricordo e spesso la loro fragilità e’ la loro forza comunicativa. Questo modo infatti di usare i colori non ferisce la tela ma si adagia sulla tela come una carezza leggera dalle tonalità diffuse, morbide, impregnate di un sentimento puro che a volte sfocia nel misticismo. Pittura elaborata nella sua coscienza lentamente, analizzata, stemperata e maturata attraverso un percorso che ne valorizza i talenti, nella oggettivazione del ricordo del tempo passato che riprende ma non in maniera nostalgica anzi per rielaborarlo forse per fare ciò che non fece a suo tempo.
Pittura a volte di sensazioni momentanee che fanno vibrare l’anima per il tempo passato o per il sogno mai realizzato, ma sempre pittura del sentimento, dell’emozione fermata sulla tela come nella pagina di un diario personale, intimo, eppure aperto, in cui riconoscere le nostre e le sue passioni. I colori vivono una vita propria e scorrendo le sue opere come in un racconto si coglie l’evoluzione artistica che passa da elaborazioni complesse a quelle più libere, più mature, più sentite. Ma tutte hanno il sapore delle cose belle, la fragranza di profumi ancestrali e l’impronta di una forte sensibilità emotiva che fa della tela un sentiero lungo cui sciogliere le corde della sua anima.
Il passato, il presente sono i motivi dominanti della sua narrazione, alla ricerca della realtà, filtrata attraverso gli occhi della sua emotività che trasformano il quotidiano in una sorta di fiaba raccontata con un linguaggio di forme, figure e segni facilmente riconoscibili.
Il suo è un talento artistico spontaneo, non costruito, che non segue correnti e tendenze ma soltanto la sua intuizione e la sua passione artistica e che diventa perciò pittura comunicativa e dialogante. E’ difficile se non impossibile inquadrare la sua pittura in una corrente:Lina appartiene a se stessa ,alla sua pittura e al suo mondo in cui ha vissuto e vive in modo assolutamente normale per lei e per i suoi interessi.
La sua espressione pittorica si concretizza in una composizione sentimentale a volte nostalgica e’ vero ma sempre carica di energia positiva, dell’ottimismo che trasforma le disavventure in viatico per il raggiungimento di un obiettivo. Questo dobbiamo imparare quando osserviamo un quadro e quando attraverso di esso vogliamo capire quello che l’artista ci vuole trasmettere. Cosi dobbiamo porci di fronte ad un opera se vogliamo coglierne il senso,capire chi l’ha dipinta,apprezzare queste forme di arte. Se per esempio osservate “Droga” vi accorgete allora come Lina Ruperto coglie la realtà che a noi sfugge e la ferma in quadri dai paesaggi bellissimi, carichi di colori caldi, esplosivi, dalle tonalità raffinate che non si arrendono all’usura del tempo. Ritrae soprattutto angoli, spazi, campagne del nostro paese come lei vorrebbe che fossero e non deturpati dalla violenza dei tempi o meglio come lei li ricorda ,come erano e ce li rende nella loro dolcezza naturale quale inno alla bellezza del creato, quale monito per la sua conservazione. L’artista ,in questi spaccati del paese, riesce a cogliere non solo la fisicità del posto ma anche la sua umanità di cui sono intrisi le pietre, i balconi malridotti, le case abbandonate, i vicoli deserti. E quindi ne cogliamo il messaggio sotteso: ambientalista tous court!! Per questo la sua grafica soprattutto ha un forte impatto emotivo: parlano, denunciano e coinvolgono il fruitore in una riflessione attenta e matura. Perchè l’arte in fondo è la ricerca del sogno ed essa stessa è sognatrice e i suoi soggetti hanno lo spazio e il tempo del sogno o della favola .Chi ha una certa eta’ capisce e sente di piu’ questo messaggio perche’ non gli e’ difficile ricordare le sere in cui il paese era attraversato dai contadini che ritornavano a casa dalla campagna portando quell’odore tipico della terra arata di fresco,del mosto nei tini,del primo raccolto fatto non solo per la propria famiglia ma anche per il vicino di casa con cui si divideva tutto e di piu’. Queste immagini Lina le ferma su un foglio come una istantanea e ferma con esse anche l’attimo oserei dire storico per cui se idealmente riusciamo a incollare questi pezzi di paese avremmo una foto del paese che fu cristallizzato in una sola immagine che riassume una cultura ,una storia,una generazione ,un tempo:ecco Via Garibaldi con le sue viuzze (le rughe),o u catafarcu misterioso e per noi ragazzi di quel tempo il luogo dell’avventura ,della scoperta,o case di Pendino facilmente riconoscibili,o gli artistici portoni di case borghesi che fanno il paio per bellezza con quelli dei popolani che lei ritrae con la stessa e bellissima semplicità che hanno le cose genuine. Per questo le sue opere che sanno di muschio, di foglie, sono il modo con cui l’artista ripensa il quotidiano e allora uno scorcio di campagna,un pezzo del nostro paese,un angolo di Francavilla scomparsa o la figura di una contadina nel suo fare quotidiano ci rendono in insieme in cui il mistico, la tradizione e il sacro si fondono in musicale armonia. Ci rendono in sostanza una vita vissuta ma che non abbiamo assaporato nella sua interezza.
Anzi nella sua laica forma di arte non disdegna il percorso sul piano religioso dove invece io credo lei scioglie il meglio della suo talento nella pittura per esempio della Via Crucis della Chiesa della Madonna delle Grazie. Qui si dipana la storia sacra filtrata da una luce calda, avvolgente che fa riflettere sulla capacita’ dell’arte di raccontare il mistero e la fede visto da un angolazione diversa e laica appunto. Allora il Cristo diventa l’umanìta’ emarginata, l’escluso , l’ambiente violentato dalla modernita’ e nei colori terra,ocra,nelle tonalita’ soffuse e ombrate si racconta e si narra una vicenda non piu’ o meglio non solo religiosa ma anche la storia che abbiamo davanti : 1 problemi dei nostri giorni fatti di emarginati,di emigranti che muoiono come il Cristo nel tentativo di attraversare il mare per raggiungere una meta sempre piu’ lontana,di giovani che perdono la speranza per una societa’ sempre distratta e dominata dall’egoismo,dalla solidarieta’ scomparsa dove non abbiamo piu’ nemmeno la Veronica che per pieta’ asciuga un volto e dove il calvario finale puo’ essere benissimo quello della disperazione di chi non ha piu’ nulla in tempi come questi che viviamo di crisi totalizzante. Le stesse figure se le osservate da vicino sono i volti riconoscibili di noi stessi ,delle madri che respirano ansia per i figli,degli uomini in continuo affannarsi per il quotidiano ,e perfino il potere allora dei romani oggi della disumanizzazione della politica. Queste cose Lina le racconta ,le narra nelle sue icone in una denuncia quotidiana che solo il tempo che non ha dedicato alla pittura negli ultimi tempi non gli ha permesso di farne un manifesto artistico e appunto di denuncia.
I suoi paesaggi,qui in parte rappresentati , sembrano fermati nel tempo in una atmosfera romantica che fa riprendere fiato nel ritmo della vita moderna per ricuperare la forza di andare avanti. Paesaggi che si aprono in una luce intensa e squarciano orizzonti tracciati con delicatezza e incanto; oppure fermano scene come sospese nel tempo dove l’osservatore si perde affascinato. In fondo sono i paesaggi della sua memoria che ci riconciliano con la natura, paesaggi dove i colori sono distesi con leggerezza e con poesia. Concettualmente possiamo dire che e’ una pittura intensa, con una soavità di fondo che fa intravedere più il senso che la struttura, più il messaggio che la tonalità, quel messaggio che va oltre la composizione e insegue la sua storia, le sue ansie e i suoi sogni, in una misteriosa atmosfera romantica in cui scioglie le sue passioni, le sue emozioni vere, la sua profonda spiritualità. Ma questo è il mistero dell’arte che apre interrogativi e ci affascina oltre la tela in una riflessione che ci libera in un volo scevro da pregiudizi e falsi idoli.
Un discorso a parte meritano le sue figure e soprattutto i volti che hanno una ieracita’ unica. Sono stilizzati e le figure sono sinuose a volte erotiche ma di un erotismo delicato e non volgare dove le linee si sciolgono con una sinuosita’ lieve e musicale per cui nell’osservare alcune sanguigne ,alcune chine o semplicemente la matita o la biro si scoprono sensazioni tenerissime ,espressioni degli occhi che raccontano,forme in cui riconosciamo noi stessi asessuate e raffinate insieme. La realta’ proposta in queste figure e’ immaginifica certo ma reale nello stesso tempo, giosa e complessa perche’ accanto al saper disegnare c’e’ il talento del “dire” , del “comunicare” per cui alla visione di una figura la mente ci fa pensare. Ed e’ questo il senso vero dell’arte:l’artista scopre quello che noi non vediamo in un volto,in una figura e ce lo racconta con le linee che tratteggia in un linguaggio universale. Non figure giunoniche ma figure eteree ,leggere,volatili viste con l’occhio dell’artista che ha una capacita’ illimitata ed eclettica nel ridarci la stessa figura o lo stesso volto ma sempre nuovo e diverso. Io le ho avvicinate al quelle oniriche di Fellini ma siamo sempre in questo caso nel solco di Balthus, Picasso, Balletti quello piu’ vicino a noi.
Dalla pittura di Lina Ruperto si evince molto della sua personalità poiché, essendo una vera artista, non si limita a ritrarre, a riprodurre, ciò che colpisce la sua attenzione, ma amalgama il proprio vissuto emozionale a ciò che crea, poiché l’arte è intrisa di vita.
In ogni sua opera a carattere religioso , paesaggistico (non solo quadri ma anche copertine di libri come Il paese del <drago) o figurativo, si scorge il suo animo nobile e soave, ma anche un forte temperamento, trasmesso mediante un contrastante accostamento cromatico,una intensa tecnica coloristica e una determinata scelta delle tonalita’ a cui spesso si associa un pigmento caldo ,vivo dialogante con l’osservatore.
I suoi dipinti non sono solo semplici e statiche raffigurazioni di paesaggi naturalistici, ma sono immagini cariche di una forza espressiva tangibile, accostata ad un armonioso lirismo che pervade lo spettatore. L’arte e’ tutto cio’ che pervade ed emoziona l’animo umano come l’a musica ,la poesia e appunto la pittura. Nella sua opera possiamo invece trovare questi elementi fusi di poesia fatta con i colori e soffusi di una musica non chiassosa ma lenta e sottesa alle sue creazioni. Potremmo chiamare la sua pittura la sua pittura “emozioni disegnate”, poiché traduce su tela ciò che la sua sensibilità cattura dalla realtà circostante, restituendo allo spettatore l’immediatezza della propria impressione, grazie all’utilizzo di pigmenti sciolti sulla tela con eleganza raffinata e un ricamo poetico particolare. In definitiva anche volendo non riuscirei perche’ impossibile delineare un quadro o una lettura complessiva della sua arte appunto perche’ arte e in quanto tale indefinita e infinita ma potrei e possiamo tutti avvicinarci a queste opere esposte e certamente rimanere per un attimo stupiti per quello che ognuno ci trovera’. Se lo facciamo e sentiamo muoversi dentro di noi qualcosa di indescrivibile allora possiamo dire di aver capito e cosi diciamo grazie a Lina Ruperto per averci ricordato cose che avevamo nella memoria del nostro vissuto e che il suo talento,la sua arte,la sua sensibilita’ ha fermato su un foglio ,su una tela con un tratto di pennello o di china o di sanguigna per rimandarlo nel tempo che verra’ e magari fermarlo per sempre. Questo e’ il senso di fare arte e lei lo ha fatto . A noi il compito di capire e conservare questo dono che la mostra ci ha fatto e mi auguro che ognuno stasera uscendo da qui coltivi una nuova sensazione di guardare alla pittura con un animo diverso.
Aspetti artistici e umani dell’ opera di Lina Ruperto artista Calabrese di Francavilla Angitola di GIUSEPPE FARINA
Ripercorrere la storia, il poetico, l’animo di Lina Ruperto , artista del nostro tempo, richiede proiettarsi nei linguaggi della tradizione , del sentire della gente comune, nella rappresentazione dell’ aspra solitudine dell’uomo, raccontata della nostra artista, in una pluralità di momenti esistenziali dove ha voluto cogliere non l’uomo in se stesso (nel suo caso la donna), ma dipingere uno stato d’animo, guardare con profonda consapevolezza i contrasti e l’ambiguità, i colori e gli umori, le tensioni e i dolori, gli entusiasmi e le passioni, nel racconto della donna, ma anche, in quello del paesaggio e del territorio dove abita e vive. Ogni intento di Lina Ruperto risponde ad una necessità precisa, ricercare nella forma, la donna, la sua immagine, il suo corpo, quel volto che freme per aprirsi agli altri. L’essenza lirica che Lina Ruperto esprime sulla tela, nelle pagine grafiche, nei graffiti, nelle chine colorate, con la matita sanguigna, per narrare e colorare, aspetti del suo territorio, dei centri storici, della natura e della terra, con la quale ha sempre avuto quotidiana frequentazione, per ammirare con stupore l’articolarsi delle colline e gli altopiani di Filadelfia, che degradano verso la costa del mar Tirreno, che fu di Ulisse e che custodisce leggende e miti che anno nei tempi, caratterizzato la classicheggiante storia letteraria e poetica. In questo territorio, ci sono i luoghi che la Nostra vive, Francavilla è il paese che gli ha dato i natali, è il paese dove lavora, in stretta solitudine, nel chiuso del suo ambiente, estraneo a ogni allettamento di facili glorie, ma intimo al suo fare al suo mondo di creatività, alle fasi del suo pensare, rivolte ai percorsi storici – artistici e di correnti a lei più congeniali, conduttori di quel disegno di bellezza che coincide con la vera promozione umana. Tutto questo, ci fa riflettere sulla personalità di Lina Ruperto, sulla sua identità artistica, sulla sua origine e sul perché dei contenuti espressivi del suo percorso formativo, legato all’arte verista con riferimenti romantici. Ogni uomo e ogni artista è legato ad un ambiente, alla terra in cui vive e sulla quale opera. Un legame che in Lina Ruperto diventa percorso artistico. Il paesaggio angitolano, le viuzze del suo paese sono stati fonte di ispirazione per tante espressioni artistiche. La Ruperto, si è soffermata alla descrizione dei luoghi e alla varietà dei panorami naturali e umani. Impressionando con profonda consapevolezza, le testimonianze di immagini del proprio tempo, immortalando sulla tela gli aspetti realistici di una società che convive contornata da una variopinta e incontaminata natura. Lina Ruperto osserva la natura con l’occhio dei pittori della prima maniera sottolineando la propria tendenzialità a una pittura di ascendenza ottocentesca, che sviluppa successivamente attraverso il nuovo, delle sue contemporanee ricerche. Apre così, ad una attenta fase di studi rivolta all’arte classica e moderna, percepita quale fonte di energia creativa, per i sui intensi linguaggi tesi ad ampliare le esperienze di ricerca nel campo figurativo, attraverso analisi sul colore nateriale, e proponendo soggetti in una paesaggio vero.
In questo modo la Ruperto, struttura uno schema con spiccato talento disegnativo, dove viene esaltata la sensibilità del tratto e del chiaroscuro, in una contesto di forme che possiede spessore poetico. Questo non solo per la mirabile coerenza del suo operare, ma per la continua ricerca nel progressivo approfondimento dei mezzi espressivi che tuttora prosegue con giovanile vigore non privo di intimi e nobilissimi tormenti e travagli. Voglio citare a questo punto del mio intervento, due note critiche, rivolte sull’arte di Lina Ruperto, dal dott. Romeo Aracri e dal critico d’arte Luigi Tallarico. Il primo, il dott. Aracri, esalta l’aspetto romantico sottolineando le cromie che legano l’espressività del sentimento in un contesto di rinnovamento della trasmissione dell’immagine e della emotività che conferma il naturale talento della Nostra, verso l’arte pittorica, leggibile in alcuni paesaggi naturalistici carichi di suggestioni. Mentre Luigi Tallarico, annota sui caratteri fisionomici che la Ruperto costruisce nei due volti presentati all’esposizione del premio di pittura “Città di Pizzo” del 1993, e sulla capacità di esprimersi, attraverso una grafia rapida e sintetica dove vengono suggellati con carattere, tutte le espressività compositive. Lina Ruperto si esprime quindi, attraverso una produzione variegata che realizza con tecniche facilmente leggibili, composte attraverso quell’intimità d’arte tesa all’ ascolto interiore. Interiorità e forza d’animo che la Nostra, concretizza nelle formelle della Via Crucis, dipinte per la chiesa della Madonna delle Grazie.
Questa realizzazione ha certamente impegnato Lina Ruperto. Le formelle presentano un sintesi figurale legata agli aspetti moderni del dipingere che si sviluppa in forma stilizzata (anche se si presentano incastonate in cornici di sapore classico). Le scene che vengono ravvivate da un plastico-cromatismo che evidenzia le sfaccettature prospettiche ed esalta i caratteri volumetrici avvalorati da un luce delicata e forte, carica di contrasti che determinano sotto gli aspetti figurali, il senso drammatico ed umano. Ruperto, coglie questi aspetti nell’espressività dei personaggi, caratterizzati da una trama di pennellate che si dilatano e si intersecano sotto forma di stesura omogenea e di qualità tonale, e costruiscono immagini a larghe pezzature, in una composizione solenne e carica di fede. Questo lavoro racchiude fasi della vita di Gesù, in un susseguirsi di sintesi, dove viene espresso con vivezze il dramma umano del Crocefisso nel riflesso della gioia splendente del ritorno alla vita. A quella vita che Lina Ruperto crede!, perchè è grata del dono ricevuto e ha cercato con grande fede e senso di responsabilità di operare con tutti i mezzi, per attuare nelle sue sincere possibilità il dialogo e l’amplesso con l’arte.
FRANCAVILLA ANGITOLA 22.12.2016
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Lina Ruperto presenta le sue opere a Francavilla Angitola
Importante Mostra antologica presso la Sala consiliare del Comune
Sta riscuotendo un grande successo la mostra antologica della pittrice Una Ruperto allestita nella sala consiliare del Comune. Promossa dall’amministrazione comunale e dal sito internet www.francavillaagitola.com, la mostra, curata dalla stessa Lina Ruperto con l’ausilio di Giuseppe Pungitore, Concetta Ciliberti e Francesca De Liguori, è stata inaugurata dal sindaco Antonella Bartucca e dallo scultore Giuseppe Farina il quale si è complimentato con la pittrice di Francavilla per la sua arte ricca di immagini che ritraggono momenti di vita quotidiana e scene campestri.
Apprezzamenti per le opere che la pittrice ha deciso dimettere in mostra sono stati inoltre manifestati da Romeo Aracri, Vincenzo Davoli, don Giovanni Tozzo, Amerigo Fiumara e Vincenzo Ruperto.
Le opere esposte sono circa 115 tra chine, matita, biro, sanguigne, oli, acrilico. A spiegarne il significato con un pizzico di orgoglio e anche di commozione la stessa autrice che con parole semplici ha ricordato gli inizi della sua carriera di artista rievocando immagini e persone del passato.
L’esposizione, che rimarrà aperta fino al 10 gennaio 2017, si configura come una vera e propria antologica dell’opera della Ruperto, pittrice nata a Francavilla Angitola, paese dove vive.
La professoressa Ruperto ha insegnato per molti anni storia dell’arte e disegno al liceo scientifico di Filadelfia dove ancora oggi viene ricordata per il suo modo di porsi nei confronti degli allievi e dei suoi colleghi, per la sua vena artistica e per il senso di umanità che da sempre la caratterizza.
La mostra resterà aperta dal 22/12/2016 Al 10/01/2017 nella sala consiliare da lunedì a venerdì ore ufficio 08,00-14,00 pomeriggio martedì e giovedì ore 15,00 – 18,00 Info 0968- 722068
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ESPOSIZIONE DI GRAFICA E PITTURA
DELLA PROF/SSA LINA RUPERTO
Giovedi 22 Dicembre 2016 - Ore 16.30 Piazza Solari – Sala Consiliare .
Lina Ruperto presenta le sue opere a Francavilla Angitola
Importante Mostra antologica presso la Sala consiliare del Comune
Se vi trovate a passare da Francavilla Angitola una visita alla chiesa della Madonna delle Grazie è d'obbligo. In questo bel luogo del rione Pendino, nel centro storico del paese, per gli amanti dell'arte, c'è anche una sorpresa: si tratta di quattordici pannelli pittorici della Via Crucis, realizzati nel lontano 1988, con colori acrilici, dall'artista francavillese Lina Ruperto. I quattordici dipinti da quell'anno fanno bella mostra nella penombra della chiesa e raccontano la Passione di Gesù. A Francavilla Angitola in tanti ricordano quando don Pasquale Sergi, dopo la Santa Messa e davanti a tanti fedeli, impartiva la benedizione delle opere che in questi anni, per i loro colori violenti e la loro originalità, sono stati ammirati da tanta gente ed anche da alcuni esperti d'arte. Oggi la stessa pittrice francavillese, già assessore alla cultura del comune, si ripresenta pubblicamente per una seconda operazione d'arte nel suo paese. Giovedì 22 dicembre, alle ore 16.30, presso la Sala consiliare del Comune di Francavilla Angitola, in Piazza Solari, verrà infatti inaugurata una mostra personale di pittura di Lina Ruperto, promossa dall’amministrazione Comunale e dal sito internet www.francavillaagitola.com, allestita e curata da Giuseppe Pungitore, Concetta Ciliberti, Francesca De Liguori e dalla stessa autrice. Alla cerimonia di vernissage interverranno il sindaco di Francavilla Angitola, Antonella Bartucca, Vincenzo Davoli, l'artista Giuseppe Farina, Romeo Aracri, e la stessa Ruperto, autrice della selezione di opere pittoriche e grafiche. L'esposizione, che rimarrà aperta fino al 10 gennaio 2017, si configura come una vera e propria mostra antologica dell'opera della Ruperto, pittrice nata a Francavilla Angitola nel 1945 e diplomata vent'anni dopo, nel 1965, presso l’Istituto Statale d’arte di Vibo Valentia. Ruperto ha, in seguito, insegnato disegno e storia dell’arte in diversi istituti calabresi, tra l'altro all'istituto magistrale "Giovanna De Nobili" di Catanzaro, al liceo scientifico di Lamezia Terme, all'istituto magistrale di Lamezia Terme, al liceo scientifico di Vibo Valentia, presso l'istituto magistrale di Vibo Valentia, Crotone, Mesoraca, all'istituto professionale femminile di Vibo Valentia e Serra San Bruno, al liceo scientifico di Filadelfia e Ricadi, presso le scuole medie di Melissa, di Torre Melissa e di Torretta di Crucoli. Pur non amando partecipare a concorsi di pittura, Lina Ruperto le pochissime volte che ha partecipato ha sempre vinto. Si ricorda il successo ottenuto alla quarantesima edizione del prestigioso Premio di pittura "Pizzo" nel 1993 ed il primo premio alla terza edizione del “Premio di pittura Città di Filadelfia”. Per quanto riguarda le mostre personali, nel 1981, promossa da Vittorio Torchia, è stata curata una grande e completa esposizione all'interno del salone delle scuole elementari con l'adesione della civica amministrazione guidata dal prof. Antonio Carchedi. Nel 2014 l'artista ha anche partecipato alla manifestazione dei "Talenti Francavillesi", con tanti altri artisti ed ha voluto donare, per il Museo dell'Identità di Francavilla Angitola, alcuni dei suoi quadri. Le tecniche preferite ed utilizzate da Lina Ruperto sono l'acquarello, la grafica eseguita a matita, con l'inchiostro di china, biro e carboncino, e la pittura acrilica su tela. I soggetti vanno invece dai volti di donne alla natura morta, dagli animali, in particolare i gatti, ai paesaggi calabresi.
Franco Vallone
La mostra resterà aperta dal 22/12/2016 Al 10/01/2017 nella sala consiliare da lunedì a venerdì ore ufficio 08,00-14,00 pomeriggio martedì e giovedì ore 15,00 – 18,00 Info 0968- 722068
IL QUOTIDIANO DEL SUD 21 -12-2016 ARTICOLO DI FRANCO VALLONE
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LA “CIRCONCISIONE”
Francavilla Angitola - Chiesa del Rosario 18-12-2016
Il pregevole dipinto a olio su tela di autore ignoto (sec. XVII) è tornato in chiesa dopo il restauro. Per l’occasione è stato presentato e illustrato al pubblico l’intervento di restauro dell’ opera. Sono intervenuti Don Giovanni Tozzo Parroco di Francavilla Angitola , Rosario Columbro Restauratore, che ha illustrato dettagliatamente le varie fasi del procedimento di restauro, insieme alla Restauratrice Mary Marra. L’incontro si è tenuto nella chiesa francavillese del Rosario.
PRESENTAZIONE A CURA DI DON GIOVANNI TOZZO
Una buona serata, un benvenuto e un grazie a tutti voi presenti, amici paesani e quanti venite da fuori. Finalmente dopo un’assenza che durava dal febbraio scorso, riprende il suo posto in questa chiesa del SS. Rosario il quadro della Circoncisione di Gesù, che ormai dava segni di degrado causato da diversi fattori, primo fra tutti l’incedere del tempo che impedivano di cogliere quest’opera di autore ignoto del XVII sec. nella totalità della sua bellezza e pregevolezza. Grazie alla generosità di un nostro concittadino che, esempio estremamente raro, vuole e desidera rimanere anonimo e lontano da ogni pubblicità e che io, proprio per rispetto, continuerò a tacerne l’identità e allo stesso tempo invio ancora una volta il grazie di tutti noi perché ci ha permesso il recupero di quest’opera di pregevole fattura. Quando si mette mano ad un’opera di valore storico e artistico, occorre oltre ai fondi, tutta una serie di richieste e autorizzazioni della Curia Vescovile prima, se si tratta di un bene della parrocchia, e della Soprintendenza poi, anche per ottenere il semplice permesso tra i tanti, per rimuovere l’opera dalla propria sede e per trasferirla al laboratorio incaricato del restauro. Si comprende così il tempo che tale lavoro ha richiesto. Spesso si pensa, in maniera facilona e approssimativa che basti l’intenzione o la volontà per fare certi lavori… e tutto va da se!
Stasera rivediamo il quadro restituito alla sua bellezza e complessità, nella varietà dei molti personaggi (ben ventidue…) che lo popolano e lo animano, nelle luci e nei colori originali con cui forse, l’autore ha voluto esprime la misticità del momento sia pure nella sua intima familiarità. E’ il momento solenne in cui il Figlio di Dio fattosi Bambino, entra nel Tempio, luogo per antonomasia dell’incontro con Dio ed in cui si svolgono i momenti più importanti e caratterizzanti la vita religiosa del popolo d’Israele, per prenderne possesso e dove lui stesso, morendo più tardi sulla croce diverrà il nuovo Tempio, Sacerdote e Vittima, Unico ed eterno Mediatore tra Dio e gli uomini. I vangeli nel raccontarci questo episodio sottolineano insistentemente che tutto ciò Maria e Giuseppe lo fanno “per adempiere la Legge”, in obbedienza e in sottomissione cioè alla volontà di Dio. Significa che anche il Figlio di Dio si sottomette umilmente come qualsiasi membro del suo popolo di cui anche lui fa parte essenziale e necessaria, a quella che fu la manifestazione esplicita della volontà di Dio attraverso la Legge donata a Mosè sul monte Sinai. L’ottavo giorno dalla nascita ogni maschio doveva essere portato al tempio per essere offerto e consacrato al Signore, a cui secondo l’antica Legge doveva essere donato, salvo poi a riscattarlo con un dono (tortore o colombe che erano l’offerta dei poveri) al Tempio stesso.
Al centro della nostra rappresentazione pittorica campeggia la figura del Sommo Sacerdote con il caratteristico copricapo sacerdotale mentre sostiene il divin Bambinello; accanto un inserviente, senza segni sacerdotali, è intento ad incidere con un temperino il prepuzio del Bambinello entro lo spazio di un catino dorato quasi per raccogliere il sangue divino, prime gocce versate per l’umanità. La cosa che sorprende un po’ è che tra i due corni del copricapo del sommo sacerdote, è racchiuso il tetragramma JHS con cui si indica il nome di Gesù. Forse un’allusione che indica il rapporto Padre-Figlio e Sommo Sacerdote, anche questi consacrato del Signore che riceve ed accoglie ufficialmente il Figlio dell’Altissimo? Oppure che la classe sacerdotale del tempo rappresentata dal Sommo Sacerdote, accoglie e riconosce l’avvento del Messia? Alla sua destra Maria, la Madre, quasi rapita con lo sguardo verso l’alto, in atteggiamento composto che esprime misticamente la sua fede di totale ubbidienza e donazione a Dio nel presentargli il mistero di quel Bambino avuto in modo altrettanto misterioso. Dietro Maria si intravvede Giuseppe, al solito in secondo piano e nel suo silenzio orante e contemplativo che con lo sguardo sembra voler parlare di quel Bambino di cui non conosce l’origine e dal quale è totalmente avvolto e coinvolto nel suo mistero. Tutti i personaggi sembrano affacciarsi sulla scena con discreta attenzione, sicuramente attratti da quel piccolo Bambino così misterioso che suscita la meraviglia ispirata di tutti (vedi Anna e il vecchio Simeone). Dal lato destro sempre lateralmente emerge la figura di un vecchio che potrebbe essere Simeone, quasi nell’atto di indicare con il dito indice della mano sinistra quel piccolo Personaggio così importante, da rappresentare e da vedere in lui la realizzazione delle promesse fatte da Dio agli antichi Padri, “la conoscenza della salvezza nella remissione dei peccati”, motivo per cui il Divino Bambino si affaccia discretamente e silenziosamente nel mondo terreno. Un fanciullo dinanzi al tavolo su cui si svolge l’atto della circoncisione è pronto con un drappo giallo oro dispiegato a proteggere la scena o ad avvolgere il divin Pargolo dopo l’operazione. Il quadro è soffuso di una luce discreta, non accesa o violenta come solitamente si nota nelle rappresentazioni epifaniche della Divinità. Si tratta di una luminosità calda uniforme mentre il resto della stanza arricchita di fregi e di drappeggi è quasi immersa in una penombra che fa risaltare la tenue luminosità della scena. Da due finestre ogivali spuntano e si protendono alcuni personaggi anch’essi misteriosi che osservano dalla loro posizione più elevata tutta la scena. Tutto l’insieme esprime accoglienza, riverenza e adorazione, contemplazione e stupore per quel piccolo infante che sta al centro di tutto e a cui tutto converge. Siamo nell’imminenza del S. Natale e la scena della Circoncisione di Gesù Bambino ne fa sicuramente parte. Un evento che invita anche noi come i personaggi raffigurati a guardare con speranza e con profonda gioia l’ingresso nel mondo di questo personaggio che a tutti promette e per tutti realizza la salvezza con il suo dono totale al Padre e all’umanità, ridando a questa stessa un nuovo destino e un nuovo cammino che ci porterà fino a lui per gustarlo nel suo Regno di luce infinita.
Don Giovanni Tozzo Parroco di Francavilla Angitola
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MERCATINO DI NATALE FRANCAVILLESE
DOMENICA 18 DICEMBRE 2016
L’ AMMINISTRAZIONE COMUNALE DI FRANCAVILLA ANGITOLA
ORGANIZZA IL MERCATINO DI NATALE FRANCAVILLESE
DOMENICA MATTINA 18 DICEMBRE 2016
Si avvisa che qualsiasi cittadino/a che vuole partecipare al mercatino di Natale, di rivolgersi agli uffici comunali.
Gli spazi espositivi sono stati previsti in Corso Ten. Servelli dalle ore 08.00 alle ore 13.00 in occasione del mercato domenicale, con la possibilità per i visitatori di osservare ma anche di acquistare quanto di meglio sanno produrre i nostri artigiani in campo artistico.
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SCORCI DI NATALE A FRANCAVILLA - 2016
Alcune delle immagini ammirate a Francavilla nel periodo natalizio sono le luminarie ed il presepe allestito all’interno del Comune di Francavilla.
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In processione per la Madonna dell'Immacolata
8 dicembre 2016
Si è celebrata la messa solenne alle 10,30; sentita e partecipata la funzione celebrata dal parroco Don Giovanni Tozzo . E' seguita la processione per le vie del paese, accompagnata da Don Giovanni Tozzo . La processione si è conclusa su sagrato di San Foca con il canto delle litanie accompagnato dalla banda musicale di Filadelfia. La devozione del popolo francavillese verso la Madonna, ha delle origini che risalgono all' Ottocento . La statua è del ‘700, di cartapesta, di buona fattura, di autore ignoto. Proviene dal Convento dei Padri Riformati, i quali avevano una particolare devozione all’Immacolata (nella Chiesa del Convento c’era un altare a Lei dedicato). E’ stata restaurata dall’Azione Cattolica nel 1988.
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LA STORIA DEL LINO
PROGETTO DELLA RSA “MADONNA DELLE GRAZIE” DI FILADELFIA
Martedì 29 novembre 2016, a partire dalle ore 16, nel grande salone della RSA – Residenza Sanitaria Assistenziale “Madonna delle Grazie”, in via Aldo Moro, Filadelfia si è tenuta una bella ed interessante manifestazione, articolata in convegno, mostra e presentazione di un libro intitolato “La storia del lino”. Tale manifestazione rappresenta il traguardo di un progetto speciale realizzato nella suddetta RSA e durato parecchi mesi, sotto la guida magistrale delle dottoresse dell’équipe psico-socio-educativa filadelfiese: Carmen Idà, Vittoria Fraone e Aida Rizzo. Quello sviluppato a Filadelfia si inserisce in un progetto più ampio e complessivo denominato “La valigia dei ricordi”, meritoriamente propugnato dal Gruppo dirigente del Consorzio Solacium che gestisce in Calabria sedici strutture di accoglienza per anziani. Il progetto filadelfiese, ideato dall’équipe summenzionata, è stato portato avanti, organizzato e “pensato” insieme agli anziani (soprattutto donne), che sono stati i veri protagonisti dell’iniziativa. Operando in una sorta di laboratorio sulla memoria i pazienti sono stati garbatamente stimolati a rievocare gli aspetti fondamentali della loro attività lavorativa; i momenti di attento ascolto delle loro testimonianze si sono alternati con le ricerche teoriche condotte dall’équipe psico-socio-educativa, e con prove pratiche (tipo la filatura e tessitura) svolte da solerti e volontari collaboratori, come i componenti della Istituzione comunale Castelmonardo. Il corso teorico-pratico sulla coltivazione e lavorazione del lino è stato seguito con grande interesse e viva curiosità da tutti gli ospiti della RSA, anche da quelli che nulla o poco sapevano sulla produzione di questa fibra tessile.
Il convegno si è aperto con gli interventi dei due responsabili sanitari della RSA “Madonna delle Grazie”, i dottori Maurizio L’Abbate e Romeo Aracri. Entrambi i medici hanno sottolineato l’alto valore psico-terapeutico del progetto realizzato nella RSA di Filadelfia, poiché i pazienti della struttura di Filadelfia non sono stati spettatori inerti o fruitori passivi delle varie attività contemplate nel progetto, ma hanno partecipato ben volentieri e con crescente interesse alle varie fasi del progetto e ne sono stati attivi protagonisti, pur nelle limitazioni imposte dal peso dell’età avanzata e dalle loro personali patologie. In particolare alcune Signore, sollecitate a rievocare il periodo d’attività lavorativa nella loro giovinezza e maturità, e a raccontare le loro specifiche esperienze personali nella coltivazione e lavorazione del lino,e nella tessitura dei filati, hanno spiegato in modo preciso e dettagliato (naturalmente con parole dialettali) le varie fasi di lavorazione del lino e descritto gli strumenti che venivano utilizzati. Così facendo, hanno fornito preziose delucidazioni alle stesse dottoresse dell’équipe, che in verità erano le docenti e animatrici del progetto.
La dottoressa Lucia Ferrari, ideatrice e coordinatrice generale del progetto “La valigia dei ricordi”, ha sottolineato l’alto valore della pregevole iniziativa ideata da “Vivere Insieme” e da altre associazioni raggruppate nel Consorzio Solacium.
Si è trattato di un progetto intergenerazionale mirante a promuovere la conservazione del patrimonio di saperi custodito dalle generazioni di anziani, ed a trasmettere tale preziosa “memoria storica” ai giovani, favorendo l’integrazione fra le generazioni, attraverso ricordi, esperienze, racconti dei soggetti anziani; un viaggio nel tempo che ha avuto come protagonisti gli utenti ospiti delle 16 strutture di accoglienza, socio-sanitarie e riabilitative gestite dal Gruppo in Calabria.
Alla RSA di Filadelfia era stato assegnato come tema del progetto: la lavorazione del lino.
La dott.ssa Ferrari ha poi ricordato che un’ampia rassegna dei lavori svolti nelle varie strutture, una raccolta di manufatti e oggetti d’epoca, di strumenti, di tessuti, di cimeli e fotografie varie, ivi compresi quelli realizzati a Filadelfia, è stata esposta con grande successo nella Sala consiliare del Comune di Catanzaro il 21 e 22 settembre 2916.
Assai notevole e significativa è stata la relazione del prof. Angelo Galati, che ha curato la prefazione e la pubblicazione del libro “La storia del lino”. Nel redigere il suo resoconto sul progetto della RSA di Filadelfia, il prof. Galati vi ha inserito acute dissertazioni sui vocaboli legati alla lavorazione del lino; parole ormai sconosciute alla maggioranza delle persone, sia nella lingua italiana, sia nella versione dialettale. Pregevoli inoltre le citazioni storico-letterarie disseminate qua e là: Leopardi, Pascoli, il poeta filadelfiese Francesco Carchedi, la Veronica dei Vangeli.
La Sindaca di Francavilla Angitola, avv. Antonella Bartucca, ha salutato calorosamente gli anziani della RSA (molti dei quali da lei ben conosciuti) e si è complimentata con i dirigenti, i medici e tutto il personale operante nella Residenza, sia per l’assistenza quotidiana rivolta ai pazienti, sia per il progetto speciale dedicato al lino.
Il vicesindaco Antonio Carchedi, porgendo i saluti e complimenti a nome suo personale e della Amministrazione di Filadelfia, ha ricordato in particolare la fattiva e generosa collaborazione prestata alla RSA “Madonna delle Grazie” per la realizzazione di detto progetto da parte dell’Istituzione comunale Castelmonardo, presieduta dal prof. Vito Rondinelli.
Il rag. Luciano Maiolo, attivo socio della Società Operaia di mutuo soccorso di Filadelfia, che, da buon conoscitore delle tradizioni artigianali ed agrarie di Filadelfia, ha costantemente supportato la realizzazione del progetto, ha recitato la bellissima fiaba “Il lino” che lo scrittore danese Hans Christian Andersen dedicò all’umile ed utilissima piantina.
Terminati gli interventi, le Signore dell’équipe hanno illustrato alle persone convenute le opere e i manufatti esposti nella mostra. Tra i diversi oggetti spiccavano: la valigia dei ricordi, lasciata aperta, piena di piccoli oggetti disparati, tessuti e arnesi per lavorare il lino, fotografie; simbolo del viaggio, sembra racchiudere un bagaglio ideale, carico di esperienza, sapere, saggezza, che gli anziani, suoi depositari speciali, anelano a trasmettere alle giovani generazioni; i bellissimi quadri dipinti dalla prof.ssa Anna Pitti, insegnante di disegno; i curiosi strumenti fatti alla maniera antica (conocchie, fusi, animuli, matassari ecc.) e le tele di lino realizzate a mano dal signor Domenico Fraone, padre di Vittoria, una delle dottoresse dell’équipe.
Tutta la manifestazione è stata registrata da Giuseppe Pungitore, che la diffonderà dal sito internet www.francavillaangitola.com.
VINCENZO DAVOLI E GIUSEPPE PUNGITORE
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L’ARTISTA CARLA COLOMBO DONA ALLA COMUNITÀ DI FRANCAVILLA ANGITOLA UN SUO DIPINTO E UNA RACCOLTA DI POESIE
La Signora Carla COLOMBO, illustre artista lombarda, in primis raffinata pittrice, ha voluto donare al Comune di Francavilla Angitola un suo dipinto ad olio, appositamente realizzato nel 2015 e da lei custodito nella propria collezione privata ad Imbersago (LC) prima di farlo pervenire alla Comunità francavillese, destinataria finale della sua generosa donazione. Insieme al quadro, Carla Colombo ha donato una copia della sua raccolta di poesie “LA MELODIA DEL CUORE”, Book Sprint edizioni 2012, con l’espressa intenzione che il volume venga custodito presso la Biblioteca comunale di Francavilla. Poiché finora non ci è stato possibile leggere ed assaporare i versi de “La melodia del cuore” riportiamo almeno quanto ne ha scritto nella postfazione Francesco Baldassi:
“La sua arte e la sua poesia vivono della limpidezza e dell’immediato che scalfisce la superficie e penetra all’interno dell’anima con l’efficacia e la semplicità della luce”.
Concentriamoci ora sul quadro, corpus principale della liberale donazione data da Carla Colombo al Comune di Francavilla, e lo presentiamo con le parole dell’autrice che a questa sua “opera unica” ha dato il titolo “ARIA DI PRIMAVERA (Ruderi a Francavilla)”.
Il quadro, delle dimensioni di cm 60x80, è stato realizzato su tela, ad olio più tecnica mista con pigmenti MAIMERI serie A. L’opera è stata inviata con il corredo di:
- scheda delle note caratteristiche del quadro stesso;
- note biografiche dell’artista;
- garanzia dell’opera con dichiarazione scritta dall’autrice che ne attesta la totale creazione artistica avvenuta nel 2015. La stessa autrice dichiara altresì che l’opera, facendo parte della propria collezione privata, non è stata mai esposta in nessuna mostra.
Dopodiché, avuta conferma con lettera prot. 2285 del 03-11-2016, emessa dal destinatario, del ricevimento e della presa in carico dell’opera, l’autrice Carla Colombo in data 04 novembre 2016 ufficialmente la cede a titolo gratuito al Comune di Francavilla Angitola.
Come indicato nel titolo, Carla Colombo ha dipinto sulla tela uno scorcio pittoresco di Francavilla con rovine di antichi fabbricati (corrispondenti a dei “ruderi” di Pendino) non ritratte però con realismo fotografico, ma immerse in un’atmosfera magica, così come le può immaginare e sognare un’artista che vive e opera a più di mille chilometri di distanza. Nello scenario di una mite mattinata, la primavera si presenta sotto un sereno cielo turchino; dai rami degli alberi prorompono i fiori, che con i loro colori vivaci incorniciano e avvolgono le pietre dei muri dei ruderi in una dolce aura primaverile.
Ottemperando alle precise indicazioni fornite dall’artista, la tela è stata incorniciata con un’acconcia cornice; è stata montata con passe-partout di tinta chiara, e senza vetro, poiché il vetro non s’addice alla pittura ad olio. Tutti quelli che a Francavilla hanno visto il quadro in anteprima, hanno ammirato la pregevole tela dipinta da Carla Colombo.
La Sindaca, avv. Antonella Bartucca, entusiasta per la perfetta riuscita dell’artistico dipinto raffigurante un angolo suggestivo della parte più antica del paese e profondamente grata all’artista lombarda per aver donato al Comune di Francavilla sia la raccolta poetica “Melodia del cuore”, sia l’opera unica pittorica “Aria di primavera”, volendo esaudire ben volentieri il desiderio espresso dall’autrice che il suddetto quadro avesse una dignitosa collocazione in qualche locale del Comune, ha voluto giustamente collocarla nell’ambiente più idoneo, ossia nella Sala del Sindaco della sede municipale di Palazzo Solari.
La redazione del sito www.francavillaangitola.com, nelle persone di Giuseppe Pungitore e di Vincenzo Davoli, manifesta il più vivo apprezzamento per la qualità e il valore estetico delle opere che l’artista brianzola Carla Colombo ha voluto donare alla comunità di un piccolo paese di Calabria. Chi vuol conoscere la sua biografia e saperne di più sulle sue varie attività artistiche può collegarsi al sito www.artecarla,it . Invitiamo infine i francavillesi e più in generale i calabresi originari di altri paesi, operanti a Milano o nella zona di Monza-Lecco, a visitare l’atelier di Carla Colombo, sito in via Brianza 16 ad Imbersago (LC), ed anche la mostra personale della medesima artista, che sarà ospitata dal 3 dicembre 2016 all’8 gennaio 2017 nel centro florovivaista “LA GARDENIA DI IMBERSAGO, sito in via Provinciale di codesto comune brianzolo.
Carla Colombo è nata e risiede ad Imbersago, in Brianza.
Da giovanissima scopre la passione per i colori e si avvicina al mondo della pittura da autodidatta, colmando parzialmente il desiderio di scoperta e di ricerca che l’accompagna per tutto il Suo percorso artistico.
La continua ricerca e l’amore per l’arte la sprona a frequentare la Scuola d’Arte Pura e Applicata di Merate sotto la guida di noti maestri della zona, in particolare del Maestro F. Torazza
Negli anni ’90, l’incontro con il Maestro A. Beretta di Milano Le regala una nuova carica artistica che esplode in opere sempre più personali e riconoscibilissime.
L’ansia di ricerca la invita a tentare sentieri inesplorati diversi dal canone tradizionale ed è in queste interpretazioni che lascia intravedere un mondo nuovo sconfinando nel contemporaneo e nel moderno senza dimenticare le tecniche molto più tradizionali, come l’olio che stende mirabilmente con la spatola, l’acquarello preferendo una tecnica macchiaiola e la china sviluppata in creazioni di fantasia –zentangle.
Dal 1996, anno di ripresa artistica, ha tenuto circa 80 personali in varie locations, ha partecipato a numerosi concorsi ottenendo validi riconoscimenti ed a collettive organizzate in tutta Italia, ma anche all’estero: Belgio, Bulgaria, Colombia, Croazia, Francia, Germania, Regno Unito, Romania, Russia, Uruguay.
Appassionata della corrent artistica della mail art, si prodiga a divulgarne le caratteristiche ed a cogliere l’adesione di altri artisti organizzando eventi senza nessun scopo di lucro.
Nel 2008 Le vengono assegnati prestigiosi riconoscimenti e titoli da prestigiose Accademie :
- Premio alla carriera da parte dell'associazione "Il Tempio" di Palermo
- Accademia Internazionale "Il Convivio" di Castiglione di Sicilia (CT)
titolo di prof.ssa accademica corrispondente sezione Pittura
Nel 2009
- Accademia Internazionale "Greci-Marino" accademia del Verbano di Lettere, Arti, Scienze di Novara.
- titolo di prof.ssa accademica corrispondente sezione Pittura
Oltre alla pittura, anche la poesia le sta regalando soddisfazioni personali.
Nell’ottobre del 2012 è uscita la Sua prima raccolta “La melodia del cuore” edita da Booksprint Edizioni, già premiata in diversi concorsi letterari sia come raccolta che come singole poesie.
La Sua espressione artistica, che è una continua esternazione di emozioni e di ricerca, ha conquistato uno spazio ben definito nel difficile e caotico mondo dell’arte.
Recensisce l’arte di altri artisti che pubblica sul suo blog http://lavostraarte.blogspot.com (ad oggi quasi 100 artisti hanno regalato la propria arte).
Organizza eventi artistici presso il proprio atelier ma anche in locations diverse, collaborando con associazioni varie.
Per entrare nel dettaglio di quando sopra , è consigliabile consultare il sito http://www.artecarla.it ed io Suo personale blog http://artecarlacolombo.blogspot.com che cura ed aggiorna personalmente.
Artista dunque a 360° che si esprime con i mezzi a lei congeniali, ma sempre con un comune denominatore, emozione e passione per i colori e per tutto ciò che l’arte rappresenta per la Sua vita.
I colori sono “i pensieri della mia mente” e le poesie “la melodia del mio cuore” …così ama dire l’artista della Sua arte.
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Un paese nel cuore
Un incontro a Briatico con Egidio Carchedi e la proiezione
del filmato dopo più di 60 anni
Alcune associazioni culturali di Briatico e Francavilla Angitola, insieme a persone legate da fraterna amicizia al collocatore Antonio Egidio Carchedi, si sono attivate per organizzare un incontro con l'autore dell'ormai famoso filmato amatoriale girato per le strade di Briatico nel lontano 1962. Ed ecco che sabato scorso l'Associazione Culturale Migrans Onlus di Briatico assieme al ricercatore Giuseppe Pungitore per il sito www.francavillaangitola.com e all'Associazione Culturale e Ambientale "Briatico Nuova" presieduta da Giuseppe Albanese, hanno organizzato un incontro che, si è tenuto, grazie alla disponibilità ed alla presenza del suo direttore, dott. Francesco Aprile, nella raffinata sala di presidenza del Centro di Formazione Professionale "Anap Calabria" di Briatico. L'incontro si è configurato come una sorta di convegno-sorpresa con tanto di taglio della torta decorata con i fotogrammi del vecchio filmato in bianco e nero da parte di un Carchedi visibilmente commosso per l'evento, con la presenza di alcuni familiari dell'anziano collocatore e degli amici più cari di Briatico, Giuseppe Borello figlio dell'ostetrica Anna Petruzza, Totò Ventrice, Zina La Rocca nipote del parroco del tempo Don Saverio Pucci e figlia di Fortunato La Rocca, lo stesso geometra Pino Albanese, figlio del capocantiere dell'epoca, Giuseppe Conocchiella, Franco Francica, la memoria storica di Briatico Nicola Ventrice e tanti altri convenuti all'incontro. E' seguita la proiezione, curata da Pino Pungitore, del vecchio filmato, girato in 8 mm, documento filmico in bianco e nero che oggi ci offre un inedito spaccato visivo, sociale e antropologico della Briatico di un tempo, successivamente sono stati riproposti, ed offerti alla visione, elementi visivi e fotografici d'epoca, una discussione e un dibattito. Nel vecchio filmato, girato da Carchedi, si intravede una Briatico davvero inedita, con le strade polverose, il grigiore delle case vecchie, una scuola elementare con tanti bambini e la maestra Mimma Sambiase ripresi all'uscita dalle aule di Palazzo Marzano, e poi la piazza con gli alberi e la chiesa di San Nicola, il colto parroco del tempo, don Saverio Pucci e la signora Rosina Napoli fruttivendola storica del paese. Successivamente don Egidio Carchedi si è portato sui luoghi della memoria, davanti alla casa antica affittata dal marchese Don Renato Bisogni, al vecchio Municipio, sede luogo del suo lavoro per quattro anni, dal1960 al 1964, e poi in piazza, nei vicoli e per le strade del suo "paese del cuore".
Franco Vallone
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Briatico, un paese nel cuore
Il collocatore Antonio Egidio Carchedi ritorna oggi,
sabato 19 novembre, alle ore 15,30, per incontrare e salutare i briaticesi
Alcune associazioni culturali di Briatico e Francavilla Angitola, insieme a persone legate da fraterna amicizia con il collocatore Antonio Egidio Carchedi, si sono attivate per organizzare un incontro con l'autore dell'ormai famoso filmato amatoriale girato per le strade di Briatico nel lontano 1962. Ecco che l'Associazione Culturale Migrans Onlus di Briatico assieme al ricercatore Giuseppe Pungitore per il sito www.francavillaangitola.com e all'Associazione Culturale e Ambientale "Briatico Nuova" presieduta da Giuseppe Albanese, hanno organizzato per oggi, sabato 19 novembre, alle ore 15.30, un incontro che si terrà nella sala delle conferenze del Centro di Formazione Professionale "Anap Calabria" di Briatico. L'incontro è una sorta di sorpresa con tanto di taglio della torta decorata con i fotogrammi del vecchio filmato in bianco e nero, con la presenza dei familiari dell'anziano collocatore e degli amici più cari di Briatico, l'ostetrica Anna Petruzza, il professore Totò Ventrice, il macellaio Eugenio Caparra, il ragioniere Gaetano La Rocca, lo stesso geometra Pino Albanese e tanti altri. Le immagini del filmato, girate in 8 mm, documento filmico in bianco e nero che oggi ci offre un inedito spaccato visivo, sociale e antropologico della Briatico di un tempo, saranno riproposte ed offerte alla visione, dopo tanti anni, di don Egidio Carchedi e di tutti i convenuti. Nel vecchio filmato si intravede una Briatico davvero inedita, con le strade polverose, il grigiore delle case vecchie, una scuola elementare con tanti bambini e la maestra ripresi all'uscita dalle aule sparpagliate in diversi punti del paese, e poi la piazza con gli alberi e la porta della chiesa di San Nicola, l'austero e colto parroco del tempo, don Saverio Pucci. Successivamente don Egidio Carchedi si porterà sui luoghi della memoria, davanti alla casa antica affittata dal marchese Don Renato Bisogni, al vecchio Municipio, sede luogo del suo lavoro per quattro anni, dal primo di settembre del 1960 al primo di settembre del 1964, e poi in piazza, nei vicoli e per le strade del suo "paese del cuore".
Franco Vallone
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COMMEMORAZIONE DEI CADUTI IN GUERRA – 5/11/2016
Quest’anno la Festa dell’Unità d’Italia e delle Forze Armate, meglio conosciuta come “Festa del IV Novembre” (armistizio e vittoria dell’Italia nella 1ª guerra mondiale) è stata celebrata a Francavilla nella mattinata di sabato 5 novembre per consentire una maggiore presenza delle scolaresche alle cerimonie nella chiesa di San Foca e presso il Monumento ai Caduti. Nella chiesa parrocchiale sono convenuti il Sindaco, avvocata Antonella Bartucca, tutti gli amministratori, due agenti della Guardia Forestale, il comandante dei Vigili Urbani, Giulio Dastoli, i ragazzi della Scuola Primaria, accompagnati dai loro insegnanti; la navata di San Foca era gremita anche di altri fedeli, soprattutto parenti dei Caduti in guerra. La Santa Messa in suffragio dei militari francavillesi deceduti per le guerre del Novecento è stata celebrata dall’arciprete don Giovanni Tozzo, che al termine della funzione ha benedetto la corona d’alloro da deporre al Monumento. Quindi, alla volta di piazza Santa Maria degli Angeli, si è mosso il corteo, accompagnato dalla Banda musicale “Giovanni Gemelli” di Filadelfia, che ripetutamente ha intonato le note solenni e commoventi della “Canzone del Piave” di E.A. Mario.
Davanti al Monumento ai Caduti il trombettiere solista ha suonato il “Silenzio”. Deposta la corona d’alloro, il Sindaco avv. Bartucca ha pronunciato il discorso ufficiale. Nella sua allocuzione la Sindaca, dopo aver ricordato come la “Festa del IV Novembre” da celebrazione della vittoria dell’Italia nella 1ª Guerra mondiale sia poi divenuta “Festa dell’Unità d’Italia e delle Forze Armate”, ha voluto sottolineare due aspetti: 1) la morte di ben otto militari francavillesi nel tragico anno 1916; 2) il dovere civile e morale di ricordare il sacrificio di altri dieci francavillesi Caduti nella 1ª Guerra mondiale, anche se i loro nominativi, a distanza di quasi un secolo dalla scomparsa, ancora non sono stati incisi sulla lapide del Monumento. Quindi l’ing. Vincenzo Davoli, cultore delle memorie storiche dei Caduti, ha fatto l’appello dei militari deceduti nelle guerre, iniziando con i 27 nominativi contenuti nella lista tradizionale ed incisi sulla lapide del Monumento. Ha proseguito con l’appello, pronunciato per la prima volta, degli altri dieci Caduti della 1ª Guerra mondiale, presentati in base al grado e in ordine alfabetico, ed indicando il luogo e la data della loro morte:
- Caporale CONDELLO Michele, morto il 31-12-1919 a Francavilla Angitola per malattia contratta in guerra e prigionia.
- Caporale SIMONETTI Leoluca, morto il 30-12-1918 nel Tirolo austriaco per malattia.
- Soldato BILOTTA Vincenzo: morì il 07-09-1918 a Barcellona Pozzo di Gotto (ME) per l’epidemia di febbre spagnola.
- Soldato BONELLI Michele, morto il 7-01-18 a Francavilla per malattia contratta in guerra.
- Soldato COSTA Francesco, morto all’ospedale di Avellino, ivi ricoverato per malattia contratta in guerra.
- Soldato De NARDO Giuseppe, morto il 30-05-1918 in combattimento presso l’Isonzo.
- Soldato GRILLO Pietro morì il 18-10-1918 all’ospedale di Agrigento per malattia contratta in guerra.
- Soldato IELAPI Francesco, morto il 20-12-1918 in ospedale a La Spezia per malattia contratta in guerra.
- Soldato PRESTIGIACOMO Giuseppe morì il 26-06-1918 all’ospedale Careggi di Firenze per malattia contratta in guerra.
- Soldato SALATINO Michele, morto il 19.12.1916 nella 9ª Sezione Sanità, allora sita sul fronte veneto, per gravi ferite in combattimento.
Dopo il nominativo di ciascun Caduto, il gonfaloniere Maurizio Serrao ha risposto “Presente” a nome di tutti.
Finito l’appello, lo scolaro Davide Malta, pronipote di Foca Malta, reduce e decorato della 1ª Guerra mondiale, ha letto una bella poesia in onore dei Caduti, da lui scritta su di un foglio corredata da disegni colorati. Conclusa la cerimonia con gli applausi dei presenti, il corteo ha fatto ritorno alla sede del Comune.
DISCORSO DEL SINDACO AVV. ANTONELLA BARTUCCA
UN SENTITO E DOVEROSO BENVENUTO ALLE AUTORITA’ MILITARI, RELIGIOSE E CIVILI E A TUTTI VOI PRESENTI.
IL 24 MAGGIO 1915 IL PIAVE MORMORAVA CALMO E PLACIDO AL PASSAGGIO DEI PRIMI FANTI. FU IN QUELLA FUNESTA DATA CHE L’ITALIA INTRAPRESE IL TRAGICO CAMMINO VERSO LA GRANDE GUERRA.
UN MESE PRIMA, IL 26 APRILE 1915, IL PRIMO MINISTRO ANTONIO SALANDRA, UNITAMENTE AL MINISTRO DEGLI ESTERI SONNINO AVEVA FIRMATO IL PATTO DI LONDRA; GLI ALLEATI PROMETTEVANO AGLI ITALIANI, IN CASO DI VITTORIA SULL’AUSTRIA, L’ANNESSIONE DI NUOVI TERRITORI E LA LIBERAZIONE DI TRENTO E TRIESTE.
IL CONFLITTO SI DIMOSTRO’, DA SUBITO, CRUENTO; L’ITALIA PAGO’ IN TERMINI DI VITE UMANE, UN INGENTE PREZZO, FURONO DA SEICENTOMILA AD UN MILIONE LE VITTIME STIMATE, I GIOVANI CADUTI SUL PIAVE, A CAPORETTO, SUL GRAPPA E A VITTORIO VENETO.
FU QUESTO CONFLITTO A FAR NASCERE LA NAZIONE E PER LA PRIMA VOLTA IL SUD INCONTRA IL NORD.
MOLTE LE BRIGATE MERIDIONALI DIVENUTE CELEBRI COME LA BRIGATA SASSARI, TRAPANI, COSENZA E CATANZARO.
IL SUD DA’ ALLA NAZIONE MILIONI DI UOMINI STRAPPATI ALLE FAMIGLIE, LA MAGGIOR PARTE CONTADINI.
MIGLIAIA I SOLDATI E TRA QUESTI LA MAGGIOR PARTE DEI NOSTRI CADUTI FRANCAVILLESI CHE OGGI COMMEMORIAMO, FURONO ARRUOLATI IN FANTERIA, CATAPULTATI A COMBATTERE IN PRIMA LINEA CONTRO IL NEMICO ED IN LUOGHI OSTILI E DIVERSI DALLE LORO TERRE.
OGGI, CELEBRANDO IL IV NOVEMBRE, IL GIORNO IN CUI IL GENERALE ARMANDO DIAZ DIRAMO’ IL BOLLETTINO DELLA VITTORIA DELL’ITALIA SULL’AUSTRIA, CELEBRANDO TUTTE LE FORZE ARMATE CHE CONTRIBUIRONO ALLA VITTORIA, E’ DOVEROSO COMMEMORARE I MILITARI FRANCAVILLESI CADUTI NELLE GUERRE DEL 900 ED IN PARTICOLARE QUELLI DECEDUTI PROPRIO CENTO ANNI FA.
IN QUEL TRAGICO 1916 PERIRONO BEN OTTO MILITARI FRANCAVILLESI: 1) IL TENENTE FOCA LIMARDI MORTO IN COMBATTIMENTO ALLE PORTE DI GORIZIA, 2) IL SOTTOTENENTE DOMENICO SERVELLI MORTO PER UNA GRANATA A DOBERDO’ NEL CARSO,3) IL SERGENTE VINCENZO FARINA MORTO AL CONFINE TRA L’ITALIA E SLOVENIA; 4) IL SOLDATO CUCUZZI FOCA MORTO NELLA CARNIA, 5) IL SOLDATO BONELLI ANTONIO A CASTEL NUOVO DEL CARSO, 6) IL SOLDATO ANTONINO CONDELLO MORTO A SAN MARTINO DEL CARSO; 7) IL SOLDATO LOIACONO BRUNO MORTO A VICENZA ED IL SOLDATO MICHELE SALATINO.
CELEBRANDOSI IN QUESTO SECONDO DECENNIO DEL XXI SECOLO I CENTO ANNI DEL PRIMO CONFLITTO MONDIALE E’ GIUSTO E DOVEROSO RICORDARE I NOMI DI TUTTI E 26 CADUTI IN QUELLA GUERRA.
OGGI CHIAMEREMO ALL’APPELLO, PER LA PRIMA VOLTA, DIECI MILITARI FRANCAVILLESI DECEDUTI NEL CORSO DELLA GRANDE GUERRA ED I CUI NOMINATIVI NON COMPAIONO SULLA LAPIDE DEI CADUTI.
E’ GIUSTO E DOVEROSO PERCHE’ ANCH’ESSI CONTRIBUIRONO CON LA LORO VITA ALLA NASCITA DELLA NOSTRA PATRIA, DELLA NOSTRA NAZIONE A CUI TUTTI SENTIAMO DI APPARTENERE SOPRATTUTTO IN OCCASIONE DI EVENTI LUTTUOSI E TRAGICI. UN PENSIERO NON PUO’ NON ESSERE RIVOLTO ALLE VITTIME DEL TERREMOTO DEGLI ULTIMI MESI ED UN GRAZIE NON PUO’ NON ESSERE RIVOLTO A TUTTE LE FORZE ARMATE CHE INCESSANTEMENTE HANNO LAVORATO E LAVORANO PER SALVARE VITE UMANE, PER GARANTIRE LA SICUREZZA DEL TERRITORIO NAZIONALE .
VIVA L’ITALIA.
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Il collocatore Antonio Egidio Carchedi racconta le immagini
di un vecchio filmato ritrovato
Briatico, un paese nel cuore
Nel lontano1962 Antonio Egidio Carchedi, il collocatore che operava a Briatico per conto del Ministero del Lavoro, non poteva nemmeno immaginare che le sue riprese amatoriali, effettuate con una piccola cinepresa in 8mm, potevano diventare quel documento filmico che oggi ci offre un inedito spaccato visivo, sociale e antropologico della Briatico di un tempo. Il prezioso filmato è stato rinvenuto a Francavilla Angitola e acquisito dall'archivio d'immagini del ricercatore Giuseppe Pungitore per il sito www.francavillaangitola.com. Riversate in digitale su dvd ed oggi recuperate alla memoria, le immagini del filmato sono state riproposte ed offerte alla visione, dopo tanti anni, a don Egidio Carchedi, a quel collocatore che oggi ha 86 anni, ha ancora una mente molto lucida, e vive nella sua Francavilla Angitola che lo ha visto nascere. Lo incontriamo a casa dei coniugi Pungitore, davanti a quelle tremolanti immagini in bianco e nero ingiallito don Egidio si emoziona, recupera memoria di quei giorni lontani. Poi inizia a raccontare con precisione e molti particolari minuziosi: "Dal primo di settembre del 1960 al primo di settembre del 1964, per quattro anni, sono stato il collocatore di Briatico, ho conosciuto praticamente tutti in paese, anche se ricordo , in particolare, la famiglia Ventrice, con don Filippo, Giacomino e Totò, con loro avevo un rapporto di fraterna amicizia come anche con il capo cantoniere Vincenzo Albanese, con suo figlio Pino, con la famiglia di Genio Caparra che aveva una macelleria, con quella di Filippo Borello che a Briatico aveva un forno e con tanti altri. In quel tempo avevo affittato per me e la mia famiglia una casa situata vicino a quella del dottore Giuseppe Grasso ed al grande palazzo antico del marchese Renato Bisogni che all'epoca era anche sindaco del paese. Nelle alte stanze decorate del palazzo del marchese - ricorda - ci andavo una volta al mese per pagare l'affitto". Nel vecchio filmato si intravede una Briatico davvero inedita, con le strade polverose, il grigiore delle case vecchie, una scuola elementare con tanti bambini e la maestra ripresi all'uscita dalle aule sparpagliate in diversi punti del paese, e poi la piazza con gli alberi e la porta della chiesa di San Nicola, l'austero e colto parroco del tempo, don Saverio Pucci. Le riprese del filmato riguardano il battesimo di uno dei figli di Carchedi. All'uscita dalla chiesa, a battesimo avvenuto, il bambino, di nome Amedeo, è tra le braccia di una giovane donna. "Non è la madre, ci spiega don Egidio Carchedi, e non è nemmeno la madrina, si tratta della mammineja, l'ostetrica Anna Petruzza che qualche giorno prima aveva fatto nascere il bambino e che il giorno del parto era arrivata di corsa dalla vicina frazione di San Costantino dove poco prima era stata impegnata con un'altra nascita. A Briatico abbiamo trovato questa usanza, che deve essere la mammineja a portare il bambino alla fonte battesimale, ed anche noi l'abbiamo rispettata come abbiamo rispettato la consuetudine di dover regalare l'asciugamano bianco utilizzato durante il rito all'Arciprete Pucci". Le immagini continuano a scorrere vorticose e traballanti di scarrellature, in piazza si intravedono alcune auto, una brillante Fiat 1500 che ostentava una certa agiatezza e due Fiat 600, simbolo del boom economico del tempo. Don Egidio oggi vive a Francavilla con la moglie, ha tre figli maschi e due femmine, tanti nipoti, continua a guardare il suo filmato con gli occhi lucidi e ad esternare i suoi ricordi, "A Briatico ritornò il collega collocatore Belluscio, io poi, dopo quell'esperienza, ho vissuto a Pizzo, successivamente sono ritornato a Francavilla Angitola, nel paese dove sono nato, ma Briatico, devo dire sinceramente, mi è rimasta davvero nel cuore".
Franco Vallone
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DOMENICO SERVELLI (1916-2016)
E ALTRI CADUTI IN GUERRA DI UN SECOLO FA
Il 2 Novembre è la giornata di commemorazione di tutti i defunti, ma in questo 2016 la mesta ricorrenza assume un’importanza speciale, quanto meno per quei francavillesi che non dimenticano il sacrificio dei Caduti in guerra.
Infatti, giusto cento anni or sono, il 2-11-1916, morì sul fronte del Carso, nel corso della 1ª Guerra mondiale, il francavillese Sottotenente Domenico SERVELLI. Quasi per sottolineare la tristezza di quell’evento, il destino volle che l’esistenza terrena del venticinquenne Micuccio Servelli finisse proprio nel giorno dedicato al ricordo dei defunti, il 2 Novembre 1916.
Avvicinandoci alla data gloriosa del IV Novembre, tra i vari Caduti in guerra di Francavilla Angitola, insieme al suddetto Domenico Servelli vogliamo ricordare brevemente, nel 100° anniversario della loro morte, gli altri 7 militari francavillesi deceduti in quel luttuoso 1916:
- Il Tenente Foca LIMARDI, morto il 7-8-1916 in combattimento sul fronte di Lucinico nei pressi della città di Gorizia.
- Il Sergente Vincenzo FARINA morì il 10-10-1916 per ferite multiple da colpi di artiglieria presso Opacchiasella, ora in Slovenia ad un chilometro dal confine con l’Italia.
- Il Soldato Foca CUCUZZI morì per grave ferita al cranio colpito da arma da fuoco, il 23 aprile 1916 nell’ospedale della Croce Rossa ad Arta (Udine).
- Il Soldato Antonio BONELLI morì per ferita all’addome, provocata da arma da fuoco, il 1° giugno 1916 a Castelnuovo del Carso, presso Sagrado (GO).
- Il Fante Antonino CONDELLO morì asfissiato dai gas lanciati dal nemico all’alba del 29-6-1916 sul Monte San Martino del Carso.
- Il Soldato Bruno LOIACONO, del 219° reggimento fanteria, ferito in combattimento sulle montagne venete vicentine, morì nell’ospedale di Thiene (VI) il 14-06-1916.
- Il Fante Michele SALATINO, commilitone del suddetto Bruno Loiacono nel 219° reggimento. Fu anch’egli gravemente ferito in combattimento nel dicembre 1916; ricoverato nella 9ª Sezione di Sanità, vi morì il 19 dicembre 1916. È uno dei 10 Caduti francavillesi della 1ª Guerra mondiale ingiustamente dimenticati e quindi non segnati nella lapide del locale Monumento, né chiamati durante l’appello dei Caduti delle cerimonie del IV Novembre.
Vincenzo Davoli
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Il 2 di Novembre in provincia di Vibo Valentia
Tra usanze, credenze e rituali popolari
2 novembre, il giorno dedicato alla memoria di chi non c'è più, ed è proprio a loro che sono dedicate le visite ai cimiteri. Da alcuni giorni a Vibo Valentia e provincia è facile incontrare numerosi venditori di fiori e lumini. Questi sono i giorni dedicati al ricordo dei cari defunti, alle visite ai cimiteri e ai luoghi dove si sono verificati incidenti, omicidi, tragici eventi che hanno portato alla morte. Luoghi deputati a simbolo finché ricordo vivrà negli uomini. Luoghi che dopo il tragico evento vengono segnati con croci, fotografie, icone, edicole, lumini e fiori per invitare a pensare, per un attimo, che proprio lì è terminata una vita. Imago Mortis, un interessante volume di Francesco Faeta, racconta per immagini, proprio questi luoghi - soglia dove il tempo è andato in crisi e si è fermato per sempre. Crisantemi di tutti i colori, settembrini bianchi come veli, margherite, gigli e garofani, bocche di leone e creste di gallo. Fiori che per altre culture sono simbolo di gioia, per noi sono diventati tristi icone di questo periodo, elemento simbolico del ricordo dei giorni dei morti. Un euro e mezzo o due per un fiore, per colorare le tombe, per renderle meno tristi, come segno d’amore e di bene testimoniato, per sempre. È un vero e proprio business per venditori improvvisati e fiorai che aprono bancarelle davanti ai cimiteri, nelle piazze, davanti alle chiese mentre le pasticcerie e i bar riempiono le vetrine di oggetti e dolci, tutti rigorosamente di colore arancio e tutti aventi come tema halloween, l'antica festa di origine celtica e successivamente importata dagli Stati Uniti. Sempre a Vibo Valentia e provincia, nelle pasticcerie, è facile trovare un dolce dall'impasto bicolore dedicato ai morti, dall’intenso profumo di garofano e cannella, denominato “ossa di morti”. Un altro dolce di questo periodo è la frutta di marzapane. Un dolcissimo impasto modellato con la forma di fichi, mandarini, melograni, pere, susine e fichidindia. Questi impasti colorati imitano perfettamente la vera frutta e rimandano agli antichi modelli della frutta rituale, naturale o modellata in terracotta, che si poneva anticamente nelle sepolture come corredo funerario. Sono i dolci della devozione e del ricordo, ma sono anche gli elementi di una vera e propria alimentazione della memoria e dell’anima che ci permettono di recuperare le tradizioni più arcaiche della nostra identità culturale e di comunicazione con il mondo dell’oltretomba. Uno e due di novembre per ricordare nella nostra tradizione cattolica e nel nostro calendario, che è festa dedicata a tutti i Santi e a tutti i nostri predecessori che oggi non ci sono più. Anche da noi, in questo periodo, vi era l’usanza di apparecchiare la tavola per i morti. La sera, prima di coricarsi, sul tavolo di casa si poneva un piatto ricolmo di cibo, un pezzo di pane, una bottiglia di vino, un boccale d’acqua, un bicchiere ed anche un mazzo di carte da gioco. Tutto questo per rifocillare i defunti che proprio in questo periodo, secondo la credenza popolare, di notte, vagano e rientrano per un attimo nel mondo dei vivi. Nel vibonese si dice che questo è il periodo in cui “i morticeji caminanu”. È il mondo dei morti che si avvicina al mondo dei vivi, un periodo rituale dove tutto può accadere. Nella nostra provincia il legame con questi riti arriva da lontano ed è particolarmente profondo, dalla Magna Grecia, da periodi in cui si portava in processione l’arcaica figura di Persefone, e poi, nel periodo Romano, di Proserpina. Rituali antichi ed usanze che arrivano a noi cariche di simbolismi. In alcuni paesi della provincia si usava raccogliere la cera che si scioglieva sulle lapidi dei cimiteri dai lumini votivi. Questa cera recuperata veniva fusa in piccole zucche, con un nuovo stoppino posizionato all’interno. Le nuove candele riciclate venivano poi utilizzate nei "giorni dei morti", tra ottobre e novembre. "Si girava per le strade del paese- ricorda il fotografo briaticese Tommaso Prostamo - si bussava alle case per chiedere qualcosa per i “beniditti morti”. In cambio si ricevevano dolciumi, qualche monetina o, molto più spesso, giuggiole, corbezzoli, sorbi, fichi secchi, castagne bollite, noci e nocciole". Altra usanza diffusa nel vibonese era quella di andare in giro con delle zucche svuotate e intagliate a forma di cranio sdentato, illuminate da una candela. Queste “teste di morto” si poggiavano sui davanzali delle finestre delle case per illuminare con la loro luce fioca le notti più buie dell’anno.
Franco Vallone
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Antonio Tripodi e il suo contributo alla storiografia sociale religiosa
e artistica della Calabria
(Relazione 7 ottobre 2016 – TF Leggere e Scrivere 2016 – palazzo Gagliardi Vibo Val.)
Di Foca Accetta
Lontano dai riflettori, assiduo frequentatore di archivi, statali ed ecclesiastici regionali e non solo, umile e disponibile, Antonio Tripodi rappresenta il ricercatore a cui le ingiallite carte archivistiche hanno concesso, nel corso della sua quotidiana opera di consultazione, qualche soddisfazione.
Chi ha pratica d’archivio conosce bene le difficoltà, la diffidenza che quelle carte hanno nel concedersi. Solo chi instaura con esse un rapporto di fiducia, accompagnato dalla capacità di inquadrarli in un preciso contesto storico, riesce a trarre notizie utili, ad aggiunge singoli tasselli al quadro organico delle realtà storiche trascorse, a mettere fine a tante cervellotiche conclusioni inserite, da eruditi locali e da cattedratici, sia in pubblicazioni di scarso valore sia in libri di successo.
La storia di Antonio Tripodi da tutti appellato,per via della sua originaria professione, come l’ingegnere, inizia il 19 ottobre 1978 presso l’archivio di Stato di Vibo Valentia “per rendere un servizio” alla Confraternita dell’Immacolata di Dasà. Lo dichiara in una relazione (La ricerca d’archivio) presentata al convegno Archivi e memoria storica, svolto a Vibo Valentia il 21 giugno 1997. E lo conferma,con toni e sfumature diverse in altre occasioni, anche nella premessa al volume che viene oggi presentato.
Questa sottolineatura ha come fine quello di evidenziare che non esiste un’età anagrafica per indagare e interrogare i documenti d’archivio; ciò che serve è la volontà a farsi sedurre dal loro fascino; la determinazione a continuare le indagini nonostante le delusioni apparenti;la capacità di porre le giuste domande alle “Carte d’archivio”, che danno sempre e comunque una risposta, esplicita o implicita che sia.
D’allora in poi, cioè dal 1978,il legame tra l’ingegniere e le «ingiallite carte» è sempre più stretto; il“profumo del tempo”, da esse emanato, lo attrae e lo incoraggia a proseguire l’estenuante lavoro di consultazione. Le sue “fatiche” sono ricompensate dalla scoperta di documenti, informazioni, dati e “briciole” di notizie, sufficienti comunque a consolidare e/o a demolire tesi consolidate della storiografia calabrese (penso ai suoi contributi editi sulla storia del santuario di S. Domenico in Soriano).
Tuttavia, le “novità” portate alla scoperto dall’ingegniere, non sempre sono state recepite da chi di dovere.
Gli esempi in tal senso sono tanti, ma per dare la misura di quanto le sue “scoperte archivistiche” non abbiano inciso nell’ambiente degli studiosi,si ricordano gli interventi dello stesso Tripodi, a proposito degli scultori Domenico De Lorenzo e Fortunato Morano, pubblicati sui periodici “L’Alba della Piana” (luglio 2009), e “Rogerius” (1/2002), contro coloro che non vogliono e non intendono violare “tradizioni” storiografiche consolidate.
Con la piena consapevolezza di non ottenere onori e allori, l’ingegnere,percorre la strada intrapresa con dedizione e spirito di servizio, ma il percorso è cosparso di spine, ostacoli di ogni genere, rifiuti palesi e velate gelosie.
Tuttavia, il “lavoro” di Antonio Tripodi prosegue negli anni a ritmo serrato, dividendosi tra l’Archivio di Stato di Vibo, gli altri archivi Statali e Diocesani regionali, e le aule dell’Istituto Industriale, dove è stato docente di Elettrotecnica e Applicazioni fino all’anno scolastico 1999/2000.
Intanto campi d’interesse si allargano, si fanno spazio le soddisfazioni personali e le pubbliche attestazioni di stima, che si concretizzano nella nomina a socio alla Deputazione di Storia Patria, della quale nel 2004 diventa “Deputato”, e si realizzano nell’incarico di vice direttore dell’Archivio diocesano di Mileto; nella nomina a Ispettore archivistico; e infine nell’ incarico di direttore della Rivista “Rogerius”e dell’Istituto della Biblioteca Calabrese di Soriano di cui è stato socio fondatore, unitamente al compianto preside Nicola Provenzano. Da quest’ultimi incarichi è stato destituito nel 2013 per effetto di una “congiura di palazzo”, abilmente architettata.
L’ultima pubblicazione del Tripodi, in ordine di tempo, dall’impegnativo titolo: Sulle Arti in Calabria. Dizionario biografico e documentario su artisti e opere d’arte,è il risultato degli anni trascorsi spulciando le ingiallite carte degli archivi calabresi, e di notizie “minute” ma essenziali rintracciate sia negli archivi statali che ecclesiastici (penso ai dati biografici recuperati, e a quelli che certificano l’attività dei singoli artisti).
Essa, è bene sottolinearlo,ha visto la luce grazie alla tenacia dell’Ingegnere, poiché le promesse ricevute,che avrebbero dovuto concretizzarsi in un pur minimo sostegno economico, si sono rivelate vane e illusorie, ma in tempo di crisi i tagli sono necessari.
Complessivamente, nell’operasonoinseriti1.112 nominativi di artisti noti, meno noti e sconosciuti, desunti dagli atti notarili, dai registri di pagamento,dai registri parrocchiali e dello Stato Civile, dal Catasto onciario ed da altre fonti, archivistiche o bibliografiche. I vari nomi degli artisti sono ripartiti e distinti, nelle dieci sezioni in cui è organizzato il libro, nel modo seguente:
- Pittori, miniatori, incisori, doratori, decoratori
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380 |
- Scultori del marmo, marmorari, scalpellini
|
116 |
- Scultori del legno, intagliatori
|
133 |
- Ingegneri, architetti, mastri costruttori
|
48 |
- Stuccatori, ornamentisti, cartapestai
|
77 |
- Orafi, argentieri
|
68 |
- Organari, campanari, artefici del suono
|
91 |
- Ricamatori, tessitori
|
37 |
- Presepisti, apparatori, arredatori
|
117 |
- Religiosi artisti
|
45 |
Totale |
1.112 |
Al di là dei singoli nomi censiti, sono ricostruite vere e proprie genealogie di artisti che si tramandano i segreti del mestiere da padre in figlio; è il caso dei BASILE (Domenico, Francesco, Gaetano,Vincenzo, Teresina) pittori di Borgia; dei COSTANTINO(Bruno, Francesco e Pietro) pittori di Serra; dei MERGOLO (Francesco Antonio e Francesco Saverio) pittori di Monteleone; dei RUBINO (Giulio, Lorenzo) pittori di Monteleone; dei REGIO (Antonio, Gesualdo, Raffaele, Angelo) scultori e intagliatori di Serra.
La regola di trasmettere la professione e il mestiere nell’ambito familiare ha comunque una applicazione generale; essa è evidente nei CERANTONIO (Domenico, Giuseppe, Martino e Giacinto) scalpellini di Soriano; nei SANSO (Domenico, Giacomo,Nicola e Pasquale) scalpellini di Ciano; negli AMMIRÀ (Vincenzo e Giuseppe) organari di Monteleone; nei SERRA (Gaetano e Serafino) costruttori di orologi di Mileto;
nei BRUNI (Nicola, Saverio e Giuseppe Annibale) campanari di Monteleone; nei COPPOLINO (Francesco, Giuseppe, Pietro e Placido) apparatori di Palmi.
Si nota nello scorrere i nomi che la specializzazione artistica in campi diversi caratterizza alcuni gruppi familiari; un esempio sono i PISANI di Serra (Francesco e Giuseppe scultori; Stefano e Venanzio pittori); i SANNÀ di Monteleone in cui si distinguono,oltre al pittore Antonio, altri esponenti che svolgevano nell’ambito della “bottega”familiare ruoli professionali collegati, cioè di decoratori, ornamentisti, ottonari, argentieri e filogranisti.
In alcuni casi è evidente una certa mobilità professionale; come esempi si possono citare: i DRAGO di Serra, che annoverano tre scalpellini (Antonio, Domenico e Vincenzo), un marmoraro (Giuseppe) e uno scultore (Vincenzo); gli SCRIVO di Serra dove sono registrati sia intagliatori (Alfonso e Giuseppe Maria), sia scultori (Antonio, Vincenzo e Bruno, sacerdote), che un architetto (Giovanni); i FRANGIPANE tra i cui componenti sono elencati i capomastri (Antonino, Filippo,Marcantonio),gli architetti (Basilio e Pietro) e l’ingegnere(Fabrizio Paolo).
In conclusione è un lavoro scrupoloso e attento che, oltre ad offrire l’immagine di una Calabria attiva e operosa, dimostra l’impegno e la dedizione dell’Ingegniere per delineare i contorni della storia artistica calabrese; esso rappresenta, non solo un momento importante della sua attività di studioso, ma soprattutto un grande contribuito alla conoscenza del passato della nostra regione.
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Renzo Turino, la Stazione Spaziale Intenazionale, la NASA,
i personaggi di Francavilla Angitola
Ogni anno possiamo incontrare, per le strade del vibonese, il simpatico pittore Renzo Turino che attualmente vive in Piemonte, a Torino. Sua moglie, Elisabetta Torchia, detta Lisa, è calabrese di Francavilla Angitola. Ed è proprio in questo paese che Turino trascorre le vacanze estive e dove, annualmente, è possibile visitare una qualche mostra dei suoi quadri che raffigurano tanti personaggi del comprensorio nobilitati dalla sua pittura, sono ritratti carichi di carattere, saturi di quella calabresità che solo un non calabrese può "vedere" e dipingere. Renzo Turino, oggi in pensione, è nato nel 1948 in Piemonte, in un piccolo paese del Monferrato, ed ha trascorso l'infanzia vivendo in profondo contatto con la natura, con la terra degli avi, con le antiche tradizioni locali della vita contadina del Nord Italia e con la grande passione del padre: la caccia. Renzo Turino impara a dipingere sin da ragazzo, poi, da grande, la svolta professionale che lo porta dalla terra alle stelle. Turino ha lavorato, infatti, nel settore dell'ingegneria aerospaziale e si è occupato, in stretta collaborazione con la NASA e con frequenti viaggi negli Stati Uniti, delle attività di addestramento degli astronauti della Stazione Spaziale Internazionale. Un lavoro serio e molto impegnativo, di grande responsabilità, che lo ha portato spesso in America e per il mondo in un continuo scambio culturale e sociale. In Calabria, ogni anno, Renzo Turino ci ritorna e ritrova i rapporti più profondi con la memoria, con quel mondo contadino che scompare sempre di più, con l'uomo, con la terra, con la semplicità della vita del piccolo borgo e del vicolo-ruga, con le strade di casa del paese della moglie Lisa. Con il passare degli anni il misterioso personaggio piemontese, impegnato professionalmente a livello internazionale con le"cose dello Spazio", diventa un francavillese, impara a capire il dialetto, gli usi e le costumanze nostrane, legge molto di storia locale, si informa su tutto ciò che lo circonda e si appropria delle culture del luogo, poi rimane colpito da certi tratti somatici dei contadini, donne e uomini comuni, si innamora della semplicità e dell'umiltà delle persone che si traduce in ritratti dove diventano importanti personaggi dal viso espressivo, visi ruvidi e tratti raffinati, Turino li dipinge con olio su tela, li blocca in un fermo immagine pittorico, il risultato è positivo, la sua pittura riconoscibile. Passano gli anni i suoi ritratti sono richiesti, inizia una fase di committenti che lo chiamano da Filadelfia, Maierato, Sant'Onofrio, Pizzo... i suoi ritratti sono apprezzati, il ritratto di un amico rappresentato come un antico nobile calabrese, poi ci sono i nudi femminili, dipinti a soggetto mitologico, i paesaggi raffiguranti un mondo contadino oramai scomparso, scene di caccia, la sua antica passione. Tante le mostre, personali e collettive, allestite a Torino, Alessandria e Rivarolo Canavese e in Calabria, con mostre personali allestite a Francavilla Angitola, Filadelfia, Maierato e Sant'Onofrio.
Franco Vallone
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XI MINICROCIERA COSTA DEGLI DEI RISERVATA A PERSONE DIVERSAMENTE ABILI
01 OTTOBRE 2016
Promossa dal C.I.P.C. ACSI Cento Italiano Protezione Civile Sede Provinciale di Vibo Valentia - dalla Pro Loco di Pizzo presieduta da Francesco Stillitani e dall'Arcipesca F.I.S.A. (signor Di Leo) , in collaborazione con la Guardia Costiera di Vibo Valentia e la Lega Navale di Pizzo, la Pro Loco di Vibo Marina, l’Ufficio Scolastico Regionale, l’ A.D.M.O. nell’ ambito della loro attività di sostegno, promozione e divulgazione. Sabato 1° ottobre si è svolta a bordo della motonave “Magic Panarea” della Savadori Navigazione una minicrociera organizzata appositamente per consentire alle persone diversamente abili, in particolare ai giovani, di ammirare le bellezze della Costa degli dei. Alla crociera hanno partecipato diversi gruppi di Associazioni che nella nostra zona si prendono cura dei disabili, molte scuole della provincia di Vibo Valentia, con un totale di circa 250 persone. Tra i partecipanti alla crociera spiccava il folto gruppo di giovani assistiti dai volontari della Cooperativa “La Voce del Silenzio”, premurosamente guidati dal dott. Francesco La Torre, responsabile del reparto di riabilitazione psichiatrica dell’ospedale di Pizzo, che si prodiga in particolare nell’assistenza di persone affette da handicap; insieme ad essi la corale della Voce del Silenzio (con mastro Lino Vallone) che ha allietato la traversata con canti e musiche dal vivo, nonché i giovani che si sono esibiti in allegri karaoke. Particolarmente lodevole e ammirabile è stata l’assistenza prodigata nelle varie fasi della crociera (imbarco, traversata e sbarco finale) dai volontari della Protezione civile e della Croce rossa
Il Capitano di fregata Rocco Pepe, nuovo comandante della Capitaneria di Porto di Vibo Marina, seppur impedito a partecipare alla minicrociera da un molesto raffreddore, è venuto sul molo, dove era attraccata la “Magic Panarea”, per complimentarsi con i promotori dell’iniziativa (dott. Nino Stillitani, Franco Di Leo, Mimmo Pacifico e altri) e per salutare il Comitato “Festa della Gente di mare”, che da tanti anni collabora intensamente con la Guardia Costiera nell’organizzare varie manifestazioni marinaresche. Celebrandosi quest’anno il 600° anniversario della nascita di San Francesco di Paola (1416-2016), l’ing. Vincenzo Davoli, presidente del suddetto Comitato, insieme a Giuseppe Pungitore hanno pubblicato il libro “Festa della Gente di Mare – Navigando con San Francesco di Paola” corredato con centinaia di fotografie. Nella felice giornata della XI Minicrociera l’ing. Davoli, anche a nome di Gianfranco Schiavone e di Giuseppe Pungitore, ha consegnato copie del libro prima al Comandante Rocco Pepe e poi, nel corso della traversata: a Mirko Savadori, amico da tanti anni e nostromo della “Magica Panarea”; al dott. Francesco La Torre, già menzionato come direttore responsabile della Riabilitazione psichiatrica dell’ospedale di Pizzo; alla dott.ssa Sabina Nardo, dirigente per la provincia di Vibo Valentia dell’Ufficio Scolastico Regionale.
La motonave da Vibo Marina è salpata verso Tropea e Capo Vaticano, raggiungendo la costa antistante Santa Maria di Ricadi; al ritorno ha fatto rotta verso Pizzo, giungendo davanti alla pittoresca chiesa di Piedigrotta.
Grazie a questa iniziativa i ragazzi disabili hanno trascorso in letizia una giornata di svago, avendo l’ opportunità di ammirare dal mare molti scorci suggestivi del golfo di Sant’ Eufemia, Tropea e Capo Vaticano.
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DOMENICO CILIBERTI
RICORDI PERSONALI DELLA II GUERRA MONDIALE
Primo figlio maschio di Bruno Ciliberti e di Maria Talora è nato a Francavilla Angitola il 1° dicembre 1920. Qui di seguito riportiamo tante vicende che gli capitarono durante la 2ª guerra mondiale in terra e per mare, in Italia, in Albania e nell’Africa settentrionale.
Dichiarato abile alla visita di leva presso il Distretto militare di Catanzaro, Domenico partì dalla Calabria il 15 marzo 1940 e fu destinato a Brescia per arruolarsi come Soldato nel 30° Reggimento Artiglieria, denominato “Leonessa”, il cui motto latino era “Fulminis ictus”cioè “colpo di fulmine”. A Brescia rimase circa due mesi, alloggiato nella Caserma “Randaccio” della Divisione “Lupi di Toscana”. Nella tarda primavera del ‘40 il reparto di Ciliberti fu mandato a Cattolica sul mare Adriatico dove doveva svolgere per un paio di mesi varie esercitazioni militari. Ma la permanenza in quella marina di Romagna fu di breve durata in quanto l’Italia il 10 giugno 1940 dichiarò guerra alla Francia; il 30° Artiglieria fu perciò mandato ai confini con la Francia attraversando tanti paesi e località montane della provincia di Cuneo. Il 25 giugno 1940 Domenico si trovava a Terme di Valdieri per esercitazioni in montagna; passò anche da Pian del Re sulle pendici del Monviso presso le sorgenti del fiume Po. Il suo reparto però non fece in tempo ad entrare in territorio francese perché la Francia, aggredita non solo dalle armate italiane ma anche dall’esercito tedesco, aveva ben presto firmato l’armistizio con l’Italia.
Di conseguenza il reparto con D. Ciliberti fece ritorno in Lombardia, soffermandosi prima in provincia di Bergamo e spostandosi poi sulla riva del lago d’Iseo a Pisogne, in provincia di Brescia. Durante il tempo libero Domenico con alcuni commilitoni artiglieri si spostava con il traghetto da Pisogne a Predore (BG) dove si divertiva a fare il bagno nelle tiepide acque del lago. Altre volte, sul far della sera, il reparto dove era Ciliberti veniva mandato sul lago di Garda, dove a Bardolino (provincia di Verona) si esercitavano con i cannoncini da 20 mm a colpire dei palloncini lanciati in aria ed illuminati dai fari, simulando azioni di contraerea.
Dopo questa pausa estiva, in verità assai divertente, il 30° reggimento artiglieria fu inviato a Bari e da lì fu imbarcato per andare in Albania, dove sbarcò al porto di Durazzo. Da questa città portuale il reparto di Ciliberti fu trasferito a Tirana, capitale albanese; nel centro di quella città, a piazza Scanderbeg, sulla terrazza del palazzo del Ministero dell’Educazione, il drappello di Domenico prestò servizio di guardia, munito di un cannoncino da 20 mm. A Tirana Ciliberti ebbe il piacere di incontrare un compaesano: era il fabbro e fontaniere mastro Eugenio Giancotti; in Albania forse faceva l’autista di un camion del Genio. Partito da Tirana, Domenico passò per altre cittadine albanesi, prima da Tepelenë, poi per Argirocastro (Gjirokastra); più a lungo si fermò nella località marina e portuale di Sarandë, chiamata in italiano dapprima Santi Quaranta, ma in quegli anni denominata Porto Edda, in onore della figlia di Mussolini.
Per fortuna Domenico Ciliberti non era sul fronte di guerra greco-albanese ed allora lavorava come aiutante in cucina per preparare i pasti ai sottufficiali. A maggio del 1941, mentre stava ancora a Porto Edda, Domenico ricevette dalla sua famiglia un telegramma che gli annunciava che la madre Maria era caduta ammalata. Subito Domenico si attivò per tornare a Francavilla; con mezzi di fortuna (camion militari) da Porto Edda raggiunse il porto di Durazzo; là riuscì immediatamente ad imbarcarsi per tornare in Italia. Ma giunto a Bari, vi rimase bloccato per due settimane, messo sotto osservazione in un reparto “in contumacia”; si trattava probabilmente di una misura di prevenzione e profilassi, come una breve “quarantena” contro il tifo pidocchioso
che colpiva tanti militari italiani operanti in Albania. In quel periodo di riposo forzato a Bari,
Domenico riuscì ad andare al Teatro Petruzzelli a vedere qualche spettacolo di rivista musicale; a distanza di tanti anni da quelle vicende, D. Ciliberti ricorda ancora i versi di una canzone scherzosamente intonata dalla cantante: “Colonnello non voglio pane, voglio il fuoco distruggitore, con il sangue di questo cuore la mia sete si spegnerà”.
Finalmente Domenico riuscì ad allontanarsi da Bari; prese un primo treno che percorreva la linea ionica e scese a Catanzaro. Con un altro treno arrivò alla stazione ferroviaria di Francavilla Angitola. Arrivato a casa ebbe la gioiosa sorpresa di trovarvi un bambino di circa un mese: infatti il 12-5-1941 era nato l’ultimo fratello, a cui era stato dato il nome di Mario Ciliberti. I genitori erano immensamente contenti di presentare Mario, il neonato ultimogenito, e di riabbracciare il loro primogenito, il soldato Domenico, dopo quasi due anni e mezzo di lontananza. Ciliberti rimase a casa pochi giorni; ripassò da Bari e quindi rientrò nel suo reparto in Albania. Lassù rimase altri dieci mesi (1941-42), finché il suo reparto non lasciò definitivamente l’Albania, tornò in Italia e fu inviato a Napoli.
Nella città partenopea Ciliberti ed i commilitoni artiglieri furono suddivisi in due distinte batterie: una fu inviata in Russia; l’altra (quella di Domenico) era destinata ad imbarcarsi sulle navi che facevano la spola tra i porti dell’Italia meridionale e l’Africa settentrionale (ossia la Libia, colonia italiana). Per la prima traversata dall’Italia alla Libia, la batteria di Ciliberti prima si trasferì in treno da Napoli a Taranto, poi nel porto ionico s’imbarcò su di una petroliera, lunga 116 metri e denominata “Amsterdam”. A bordo della petroliera Ciliberti rimase tre mesi, compiendo per due volte la traversata Taranto - Tripoli (andata e ritorno). Pur correndo il pericolo di essere bombardata dagli aerei inglesi o colpita da siluri, la petroliera Amsterdam, portò a termine senza alcun danno i due trasporti tra Puglia e Libia. Il pericolo più grave lo correva Tripoli, le cui banchine e attrezzature portuali, le navi ancorate nella rada e gli edifici cittadini erano assai esposti ai rischi di bombardamento da parte delle frequenti incursioni degli aerei inglesi della RAF. Completata felicemente la missione sulla Amsterdam, a Ciliberti fu di nuovo concessa una licenza per tornare a casa a Francavilla. Terminata la licenza, Domenico fece ritorno a Napoli; ma in quel periodo (1942) la città era così piena di militari che Ciliberti, come pure altri soldati e marinai, non essendoci letti liberi nelle caserme, fu costretto a dormire in una nave ancorata al porto. Tuttavia nelle giornate libere a Domenico piaceva andare in giro, non solo per la città di Napoli ma anche a visitare altre località come Pompei, Torre Annunziata, gli scavi di Ercolano. Più di una volta andò a Torre Annunziata, perché vi incontrava alcuni compaesani, che là svolgevano il loro servizio militare; andò anche ad Aversa per salutare il cugino Santo Ciliberti; qualche volta si recò pure a Miano per incontrare l’amico compaesano, anche lui artigliere, Totò Parisi, che poi sarebbe diventato maestro elementare. Una sera Domenico Ciliberti ed altri quattro commilitoni vollero andare al Teatro San Carlo; pagarono un palchetto 18 lire ed ebbero il piacere di ascoltare il famoso tenore Tito Schipa.
Dopo qualche tempo Ciliberti prese parte ad un’altra missione di trasporto da Napoli a Tripoli, e ritorno. Nel viaggio d’andata tutto filò liscio; nella traversata di ritorno da Tripoli verso Napoli, la nave su cui si trovava Domenico venne intercettata da un aereo nemico, che lanciò contro di essa diciotto razzi; forse perché il mare era molto mosso i razzi non colpirono la nave, che arrivò indenne al porto di Napoli. In compenso per lo scampato pericolo Ciliberti ottenne un’altra licenza premio, che trascorse a Francavilla. Ritornato in treno da Francavilla a Napoli, finalmente trovò un posto letto per dormire, non più a bordo di nave ancorata al porto, ma nelle casermette di Secondigliano.
In quel periodo Domenico venne a conoscenza di una circolare che consentiva ai militari, che ne avessero fatto richiesta, di passare nell’Arma dei Carabinieri. Domenico presentò la relativa domanda; l’istanza venne accolta e Ciliberti sarebbe dovuto andare alla Legione carabinieri di Palermo. Sennonché in quegli stessi giorni gli arrivò da Francavilla un telegramma con l’avviso che suo padre Bruno era ammalato grave. Domenico lasciò perdere l’opportunità di entrare nell’Arma dei Carabinieri e chiese invece il permesso di cinque giorni di licenza per correre a Francavilla presso il padre malato. Ma la malattia non diede scampo a Bruno Ciliberti, che subito morì. Malgrado fosse affranto per il repentino decesso del padre, Domenico si premurò di avvisare tempestivamente i superiori del suo reparto; ed inviò un telegramma, con risposta pagata, per ottenere un prolungamento della licenza, a causa del grave lutto che l’aveva colpito. In verità D. Ciliberti non ricevette alcuna risposta dal Comando di Napoli; rimase comunque a Francavilla in tutto dieci giorni. Al rientro a Napoli il povero Domenico dovette affrontare l’ira del Colonnello comandante, il quale, dopo averlo aspramente rimproverato, voleva addirittura denunciarlo come disertore; ma, sentite le giuste ragioni di Ciliberti, desistette dal farlo.
Tuttavia il caso volle che Domenico andasse comunque alla volta di Palermo. Nel giugno 1943 il drappello di cui faceva parte Ciliberti viaggiando in treno da Napoli si trasferì a Palermo. Poi nel porto del capoluogo siciliano doveva imbarcarsi su una nave carica di soldati, che trasportava le nostre truppe in Tunisia, nel porto di Biserta, allora controllata dagli Italiani. La nave su cui Domenico s’imbarcò era denominata “Città di Napoli”. Arrivati a Biserta, mentre la nave stazionava alla fonda del porto, aerei inglesi incominciarono a bombardare; per fortuna la nave non fu colpita, ma tante schegge di pietre del molo, distrutto dalle bombe nemiche, schizzarono contro case, magazzini e persone presenti nella zona del porto. Nel viaggio di ritorno da Biserta, attraversando di notte il Canale di Sicilia un siluro colpì sul fianco destro la “Città di Napoli” ; la nave subito iniziò ad inclinarsi. Il comandante ordinò “Uomini in mare” ; Ciliberti s’avviò a scendere dalla scaletta, ma prima di buttarsi in mare ebbe la prontezza di prendere il portafoglio dalla giacca e di metterlo più al sicuro in una tasca dei pantaloni; nel portafoglio erano riposte 850 lire, ricavate dalla vendita di un bidone di olio che Domenico aveva portato con sé dopo l’ultima permanenza a Francavilla. I naufraghi furono recuperati da due cacciatorpediniere, che scortavano la nave, e trasportati fino al porto di Trapani. Ciliberti e commilitoni da Trapani tornarono in treno a Napoli; quindi Domenico ottenne un’altra licenza per tornare qualche giorno a Francavilla in seno alla sua famiglia, ormai orfana del padre.
Rientrato a Napoli dopo la licenza, Domenico fu presto inviato nella vicina Bagnoli, nella cui rada sostava la nave “Alfieri” , che, caricata di merci varie, doveva andare in Sicilia, destinazione Milazzo. Ciliberti fu imbarcato su quella nave, che in poco tempo raggiunse Milazzo. Ma la nave stazionò diverse ore davanti al porto di Milazzo, senza poter scaricare alcunché, poiché il suo porto era costantemente sottoposto al bombardamento di aerei nemici. Era infatti il mese di luglio 1943 e gli Alleati anglo-americani, sbarcati in vari punti della Sicilia, stavano man mano occupando la parte orientale dell’isola, puntando verso Messina, per poi sbarcare in Calabria. La nave Alfieri fu costretta a retrocedere; tentò, senza riuscirci, di sbarcare nel porto di Messina, e poté soltanto scaricare nella zona dello Stretto un po’ di viveri e piccole merci per mezzo di zatterini. Poi proseguì navigando lungo la costa tirrenica della Calabria e, superato il golfo di Sant’Eufemia, puntò verso Napoli. Arrivati al golfo di Salerno la nave Alfieri fu intercettata da una squadriglia di aerei alleati siluranti e bombardieri. Un siluro colpì la nave, che per fortuna non s’inclinò completamente. Domenico riuscì a montare su una scialuppa, che subito si era riempita di naufraghi; poi salì sopra un Mas (piccola e veloce imbarcazione con due siluri e un cannoncino) che lo trasportò in salvamento fino a Napoli.
Nel mese di agosto 1943, mentre gli Alleati avanzavano in Calabria, Ciliberti da Napoli fu trasferito in provincia di Livorno a guardia dello stabilimento chimico di Rosignano Solvay. Restò lì fino all’8 Settembre, giorno dell’armistizio dell’Italia con gli Alleati anglo-americani.
Da quel giorno e da quella località iniziò il difficile, avventuroso ritorno a casa di Domenico Ciliberti, compiuto in treno e per alcuni tratti anche a piedi. In Toscana alcune famiglie offrivano
il loro cibo per rifocillare i poveri soldati (anche sei o sette uomini alla volta) che, con ogni mezzo e lungo vari itinerari, cercavano di tornare alle loro case, alle loro famiglie.
Anche Domenico fu rifocillato da queste famiglie, e in qualche caso dovette addirittura chiedere l’elemosina per procurarsi qualcosa da mangiare. Nel viaggio di ritorno a casa, Ciliberti passò anche da Napoli; da lì si diresse a Nola, dove incontrò tre persone: un carabiniere e due donne, ossia una madre anziana con una figlia giovane signorina. Il carabiniere doveva prendere un’altra strada, e così fu Domenico che s’impegnò ad accompagnare le due donne al loro paese.
Furono tre giorni di faticoso cammino; passando per Avellino i tre incrociarono in mezzo alla strada un soldato tedesco, ubriaco fradicio, col fucile in una mano e nell’altra una bottiglia di liquore. Per non correre rischi Domenico accettò di bere qualche sorso dalla bottiglia che il tedesco gli offriva. Nel loro cammino una sera i tre viandanti raggiunsero un casolare con l’intenzione di chiedere, a quelli che vi abitavano, un tozzo di pane da mangiare; in risposta la povera famiglia contadina non aveva altro da offrire se non un po’ di polenta, che Domenico prontamente divise con le due donne.
Arrivarono finalmente a Monteverde Irpino, paese delle due donne, dove i tre furono accolti calorosamente; una signora di Monteverde, nuora dell’anziana che Ciliberti aveva accompagnato da Nola fino a quel paese dell’Irpinia, lo fece dormire per due notti nella sua casa, finalmente su materasso e lenzuola decenti. Quando partì da Monteverde alla volta della Calabria quelle brave donne diedero a Domenico una bella panetta, che fu l’unico suo cibo nella lunga tappa che lo doveva portare a Cosenza. In quella stagione di guerra il pane era razionato; alla gente venivano dati dei buoni-pane per ottenere le razioni giornaliere di quell’alimento primario; così a Cosenza vecchia, consegnando certi buoni che teneva nelle sue tasche, Ciliberti riuscì a procacciarsi l’ultimo pane prima di arrivare a Francavilla.
Alla stazione di Cosenza Domenico riuscì a prendere un treno diretto a Paola. Sceso a Paola, prese un altro treno diretto verso sud; ma la corsa di quel treno, per interruzioni e disagi vari nelle comunicazioni ferroviarie, si fermò a Campora San Giovanni, ultimo paese in provincia di Cosenza. Cosicché l’ultima tappa del viaggio, da Campora a Francavilla Angitola, la fece interamente a piedi. Finalmente Domenico Ciliberti arrivò al paese e alla casa natale 18 giorni dopo la firma dell’armistizio, e quindi verso il 26 settembre 1943.
Informazioni raccolte ed elaborate da Antonio Furlano,
nipote di Domenico Ciliberti, e da Vincenzo Davoli.
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FESTA DELLA MADONNA DELLE GRAZIE
18 SETTEMBRE 2016
Francavilla festeggia la Madonna delle Grazie, titolare della 2^ parrocchia del paese, la terza domenica di settembre. Quest’anno la festa francavillese della Madonna è capitata il 18 settembre, il parroco don Giovanni Tozzo celebrando la messa solenne alle ore 10,30, subito seguita dalla processione per le vie del paese,. Nella mattina di domenica la festa è stata allietata dalla banda musicale di Filadelfia, nonché dai fuochi pirotecnici. la festività della Madonna delle Grazie, che si rinnova nell'omonima antica ed artistica Chiesa, situata a breve distanza dai ruderi del Calvario vecchio e dalla Chiesa di S. Pietro (al cui interno vi era una cappella intitolata a tale Madonna) divenne dopo la sconsacrazione di quest'ultima la seconda chiesa del paese. Mons. Carafa nel 1763 l'elevò alla dignità di chiesa parrocchiale emanando un decreto di divisione che cercava di mettere fine alle continue dispute tra i due parroci di S. Foca. Salomonicamente il vescovo assegnò la nuova parrocchia al più giovane dei due preti. Più volte danneggiata dai sismi venne sempre restaurata e riaperta al culto. E' particolare la devozione e l'attaccamento dei francavillesi alla Madonna lignea che si trova all'interno di questa chiesa, opera dell'intagliatore Vincenzo Scrivo da Serra S. Bruno, che la completò nel 1796.
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Festa della Madonna delle Grazie 18 settembre 2016
E' una celebrazione religiosa che si tramanda dà tempi immemorabili e che viene rivissuta dalla comunità francavillese con immutati sentimenti di fede.
Stiamo parlando della festività della Madonna delle Grazie, che si rinnova nell'omonima antica ed artistica Chiesa, situata a breve distanza dai ruderi del Calvario vecchio e dalla Chiesa di S. Pietro (al cui interno vi era una cappella intitolata a tale Madonna) divenne dopo la sconsacrazione di quest'ultima la seconda chiesa del paese. Mons. Carafa nel 1763 l'elevò alla dignità di chiesa parrocchiale emanando un decreto di divisione che cercava di mettere fine alle continue dispute tra i due parroci di S. Foca. Salomonicamente il vescovo assegnò la nuova parrocchia al più giovane dei due preti. Più volte danneggiata dai sismi venne sempre restaurata e riaperta al culto.
E' particolare la devozione e l'attaccamento dei francavillesi alla Madonna lignea che si trova all'interno di questa chiesa, opera dell'intagliatore Vincenzo Scrivo da Serra S. Bruno, che la completò nel 1796.
Domenica 18 settembre nella chiesa delle Grazie Santa Messa e alle ore 10,30 (a questa seguirà la Processione).
FOTO PROCESSIONE MARIANA 31- MAGGIO 2008 DI GIUSEPPE PUNGITORE
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Maria delle Grazie
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IL NUOVO LIBRO "7 DONNE DI VELLUTO" DI PINO FURLANO
7 Donne di Velluto. Racconti come cammei nel percorso della vita ammantati di sogni, fantasie o più verosimilmente di realtà spesso inconfessate seppure desiderate, volute. Il 7 Numero perfetto dell'universalità e dell'equilibrio di un ciclo compiuto. 7 Donne: la freschezza e l'armonia di Anna; la versatilità e l'espansività di Jenny; Paulette giovane libera e passionale; la riflessiva e imprevedibile Silvia; Gabri il fascino e carisma della maturità; Mariska, venuta da lontano, alimenta nel proprio cuore la fiamma della speranza e infine Nicole, simbolo dell'amore e del godimento sensuale. 7 Donne a racchiudere una piccola parte di quell'universo che va oltre l'apparenza minimale del quotidiano.
ANNA “La freschezza e l’armonia di Anna infondono calore all’esistenza.” L’ultima fila di pioppi lasciava intravvedere la stretta sterrata che correva lungo il fiume.
L’auto caracollava lentamente da alcuni minuti sul sentiero che, attraversando la piantagione di alberi, collegava la strada provinciale con l’argine del lungo fiume.
Poco più di un viottolo, scorciatoia creata nel tempo dalle auto dei pescatori che, a rischio di sospensioni e assali rotti, raggiungevano i cespugli e i salici dove affondare canne da pesca e bottiglie nel fresco dell’acqua.
Prima di abbordare la sterrata Giorgio sterzò lentamente verso l’interno degli alberi, percorse qualche metro sull’erba che nascondeva rami secchi e qualche buca, si fermò e, dato uno sguardo attorno, spense il motore.
“Pensi sia abbastanza tranquillo qui? — domandò alla donna seduta al suo fianco.
Lei era rimasta in silenzio da quando avevano attraversato il ponte sul Tanaro che, superato il fiume, divideva la città dalla prima periferia. Non poteva fare a meno di considerare quanto una città di provincia potesse offrire in poche centinaia di metri.
Era passata poco più di mezz’ora da quando avevano lasciato alle loro spalle il centro di Alba, percorso Piazza Savona e la strada che costeggia la Stazione Ferroviaria, per avviarsi verso la periferia. Poche centinaia di metri ed ecco il ponte. Oltre il ponte subito la periferia con le diramazioni verso Torino e Bra alla sinistra e Asti alla destra. Giorgio optò per quella direzione, percorse lentamente la statale fino a trovare una stradina che dirigeva verso il fiume sotto il Paese di Barbaresco ...............................
Dopo appena pochi mesi il nuovo libro "7 Donne di velluto" di Pino Furlano sta’ avendo un gradissimo successo Per chi fosse interessato al libro oltre che su internet in ebook e cartaceo lo può trovare presso Kartomania...Viale alla Vittoria Asti o rivolgersi in privato direttamente all’autore Pino Furlano
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La presentazione del libro “Natuzza Evolo - due chiacchiere con Maria” di Giusy Staropoli Calafati
La presentazione del libro “Natuzza Evolo - due chiacchiere con Maria” di Giusy Staropoli Calafati, poetessa e scrittrice di Briatico, e recente vincitrice regionale del concorso “La Giara”, organizzato dalla RAI, ha richiamato a Francavilla Angitola, in Piazza Solari, la sera del 20 agosto, tanta gente curiosa di apprendere qualcosa di diverso e di speciale sulla figura di Mamma Natuzza. La pregevole raccolta di poesie in italiano e in vernacolo calabrese, composte di getto e quasi ispirate dall’umilissima Mamma di Paravati si distingue nettamente dagli altri libri finora pubblicati su Natuzza Evolo, per lo più riportanti notizie biografiche o fatti “miracolosi” riferiti con racconti di stampo agiografico. Dopo il saluto del sindaco avv. Antonella Bartucca, e le magistrali relazioni del dott. Davide Piserà e dello scrittore Pino Furlano, Giusy Staropoli Calafati è stata superlativa nell'esporre e nel recitare alcune sue poesie sulla mistica di Paravati, soffermandosi inoltre a ricordare certi “incontri” reali o virtuali che la stessa Giusy Staropoli, ancora bambina o adolescente, ha avuto con Mamma Natuzza quando era ancora vivente, e raccontando di certe visioni o apparizioni nei sogni, dopo che Natuzza era già salita al cielo.
L’ing. Davoli e il cav. Vincenzo Ruperto, anche a nome di tutti i presenti, si sono calorosamente complimentati con l’autrice elogiandola particolarmente per aver letto i suoi versi con i toni, lo stile e la magia di un’interprete-poetessa.
La manifestazione è stata patrocinata dal Comune di Francavilla Angitola ed organizzata dal nostro sito www.francavillaangitola.com . Per volere dell’autrice Giusy Staropoli il ricavato dalla vendita del libro è devoluto alla Fondazione “Cuore Immacolato di Maria Rifugio delle Anime” di Paravati.
VINCENZO DAVOLI E GIUSEPPE PUNGITORE
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Relazione del Dr. Davide Piserà – Pedagogista
Quest’opera pensata e scritta in momenti di profonda intimità tra l’autrice e la fede che la guida e la sostiene quotidianamente, che la porta a consolidare sempre più con consapevolezza la vicinanza verso ciò che non si conosce, ovvero attraverso la profondità dell’animo umano.
Quest’opera, dunque, altro non vuole essere che un legame – come la scrittrice afferma – tra il nostro
pensiero terreno e la nostra spiritualità più profonda, che ci accompagna nel nostro percorso di vita.
Affrontare la lettura di queste poesie, molto lunghe e in taluni casi di complessa rappresentazione – ovvero la capacità di sintetizzare mentalmente ciò che si legge in virtù delle proprie conoscenze ed esperienze di vita – è più semplice se si pensa a “Mamma Natuzza” come la madre che ci avvolge in un suo abbraccio, e non come un “qualcosa” di soprannaturale che potrebbe renderci più fragili o insicuri di fronte al grande mistero che ci attende dopo la morte terrena, ed allo stesso mistero che ha accompagnato l’intera esistenza di questa umile grande donna; nostra maestra di vita, la quale ha dato voce a chi voce non aveva; che ha donato fede a chi l’aveva perduta, attraverso la sua testimonianza e le sue sofferenze, infondendo amore e serenità con quella luce celata nel suo sguardo.
Alcune poesie sono state scritte in dialetto, poiché era così che Natuzza Evolo si esprimeva con la moltitudine di fedeli che si recavano in pellegrinaggio a Paravati, suo paese di origine. Ognuno con un vissuto ed una richiesta di aiuto diversa, con la medesima speranza di ricevere la “grazia” tanto attesa.
La sua semplicità si intravedeva con i suoi modi di fare, e con la capacità di saper leggere nel cuore delle persone. Natuzza sosteneva di essere una “povera analfabeta”, perché non aveva avuto la capacità di studiare, ma riusciva a comprenderti all’istante ed alleviare le tue sofferenze.
Quest’opera grazie all’autrice evidenzia ulteriormente la grande persona di Natuzza Evolo, attraverso le poesie emozioni intime e recondite si svelano in sentimenti di grande spiritualità.
Dr. Davide Piserà – Pedagogista
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“Natuzza Evolo due chiacchiere con Maria” Giusy Staropoli Calafati,
Era un giorno come tanti quando Dio scrisse il mio nome. Era un giorno come tanti quando scoprii che Dio mi aveva donato dei talenti. E mi lasciai andare con una penna alla mano, alla poesia, che mi chiedeva in un sol battito di ciglia, molto, troppo coraggio. Perché il coraggio del poeta è tale e quale a quello delle madri che non si cutrano delle doglie e partoriscono. E i poeti sono come la poesia: per tutti e per sempre. Ne feci da distribuirne alla gente, che leggeva saziandosi e sorride ancora. Così, un altro giorno, uno qualunque, incominciai a seminare parole tra i miei fogli per una mamma che non è mia madre: Natuzza Evolo.
Perché scrivere proprio di mamma Natuzza?
Non basterebbe una vita per spiegarlo, ma il cuore ha suoni impercettibili che tradotti in parole descrivono un’infinità di cose, tutte poesie. E il desiderio di parafrasare una delle poesie più belle di Dio che ha per titolo Natuzza Evolo mi venne da dentro il cuore.
di Giusy Staropoli Calafati, tratto da “Natuzza Evolo -due chiacchiere con Maria”, il primo libro di poesie scritto sulla mistica di Paravati. Prefazione di Don Pasquale Barone, e Padre Michele Cordiano (Falco Editore).
La storia di Natuzza
Nel 1941 Natuzza lascia i Colloca e va ad abitare nella casa della nonna materna. Pensa di farsi suora, ma viene presto dissuasa: è troppo povera e poi quei suoi fenomeni avrebbero turbato la vita di qualsiasi convento. E allora decide di sposarsi. Il 14 agosto 1943, si unisce in chiesa a Pasquale Nicolace, un giovane falegname che era però arruolato nell'esercito.
Il matrimonio avviene quindi per procura e dopo un "contratto": lui deve accettare di non avere una moglie come le altre e permettere a Natuzza di dividere il suo tempo tra la famiglia e il prossimo. Pasquale accetta, e dal felicissimo matrimonio nascono Salvatore (1945), Antonio (1947), Anna Maria (1950), Angela (1954) e Francesco (1956). Adesso hanno anche undici nipotini.
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FESTA SAN FOCA AGOSTO 2016
Come sempre, anche in questo 2016 segnato da una crisi profonda, il fulcro dell’agosto francavillese è stata la celebrazione della festa estiva, religiosa e civile, in onore di San Foca, preceduta dalla tradizionale Novena. L’ Arciprete, Don Giovanni Tozzo, si è dovuto cimentare a predisporre ed organizzare la festa estiva del Santo Patrono. Consapevole delle gravi difficoltà economiche in cui si trovano sia i residenti a Francavilla, sia i francavillesi abitanti in altre parti d’Italia o emigrati all’estero. Domenica 14 nella chiesa di San Foca la messa delle ore 8,30 è stata celebrata da P. Tarcisio Rondinelli. Alle ore 11 è iniziata la messa solenne celebrata da Don Giovanni Tozzo., ha tenuto una dotta e commovente omelia incentrata sulla figura di San Foca. Nel tardo pomeriggio, a partire dalle 18,30 per le vie del paese si è svolta la processione affollata da numerosi fedeli. Ha partecipato alla processione il Sindaco, avv. Antonella Bartucca, accompagnata dall’intera Giunta. A sera, in piazza Solari il concerto dei “Il Giardino dei Semplici ” ha attirato migliaia di persone giunte anche dai paesi limitrofi. Il simpatico complesso musicale ha riportato un grosso successo. Alle 24,30 spettacolari fuochi artificiali hanno chiuso i festeggiamenti estivi in onore di San Foca.
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SPETTACOLO - ETNOSOUND LIVE TOUR
venerdì 12 agosto 2016 ore 21.00, concerto a Francavilla Angitola. La serata è stata organizzata da un gruppo di ragazzi del nostro paese con il patricinio del Comune di Francavilla.
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I^ EDIZIONE ALL IN ONE DAY FRANCAVILLA BEACH
(BEACH VOLLEY 3VS3 ) GIOVEDI’ 11 AGOSTO 2016
CORSO SERVELLI
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BOOM DI PRESENZE A FRANCAVILLA ANGITOLA
ALLA “FESTA DEGLI EMIGRATI”
10 AGOSTO 2016
Da parecchi anni si festeggiano sia gli emigrati, tornati in vacanza al paese d’ origine, sia i diversi forestieri che trascorrono a Francavilla qualche periodo delle loro ferie, organizzando una serata gastronomica con assaggio di gustose pietanze nostrane, in piazza S. Maria degli Angeli. La serata, organizzata dall’ Amministrazione Comunale, ha visto il fattivo impegno personale diretto del Sindaco Avv. Antonella Bartucca, della Giunta Comunale e altri volontari. I piatti caratteristici erano : “fhilatiedhri” e ciceri, con un secondo piatto di peperoni e patate con melanzane, accompagnato da panino con salciccia; il tutto annaffiato con dell’ottimo vino locale. Centinaia di persone hanno partecipato con entusiasmo alla sagra, apprezzando e gradendo le pietanze semplici, ma genuine e gustose; festeggiando nel contempo in allegria con balli e canzoni suonate dalkaraoke condotto da Pino Limardi. La manifestazione rientrava nell’ambito degli appuntamenti estivi inseriti nel calendario predisposto dall’Amministrazione Comunale.
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“IL POPOLO DI DIO IN CAMMINO”
Presentazione del libro – 9 agosto 2016
In piazza Solari, gremita di francavillesi residenti in paese e di emigrati venuti in villeggiatura, si è svolta la presentazione del libro dedicato a “Francavilla Angitola e il suo Clero negli ultimi cento anni (1916-2016)” e più precisamente a quanti hanno svolto nel suddetto periodo il ministero di Parroci nelle due chiese parrocchiali del paese, nonché ai sacerdoti nati a Francavilla, che poi hanno operato, o tuttora operano, lontano dal nostro paese, sia come preti diocesani sia come religiosi. Scritto a più mani, il libro è stato curato da Don Vincenzo Fiumara (promotore dell’iniziativa e finanziatore unico della sua pubblicazione), da Vincenzo Davoli, da Giuseppe Pungitore e da Foca Accetta. I parroci Don Pasquale Sergi, Don Domenico Barletta, Don Giovanni B, Tozzo e Don Vincenzo Fiumara hanno elaborato le loro schede biografiche personali.
La Sindaca, avv. Antonella Bartucca, salutando i presenti, si è complimentata con gli autori per la loro pregevole iniziativa culturale, e puntualmente ha voluto precisare come l’Amministrazione di Francavilla ne abbia assunto solo il gratuito patrocinio, laddove Monsignor Vincenzo Fiumara si è accollato tutti gli oneri di stampa del libro, ed il sito www.francavillaangitola,com di Giuseppe Pungitore ne ha curato l’impaginazione, la diffusione e i comunicati- stampa. Quindi il dottor Romeo Aracri, incaricato di moderare l’incontro, ha invitato l’arciprete Don Giovanni Tozzo ad aprire i lavori e a pronunciare il suo intervento qualificato e significativo, in virtù del suo ruolo importante e delicato di Parroco e primo Pastore della comunità cattolica di Francavilla. La relazione principale è stata tenuta dal medico Aracri, che inizialmente si è soffermato a delineare la figura del “Parroco”, spiegando il significato del sostantivo, che in origine indicava il “somministratore” incaricato della cura spirituale e della amministrazione di una parrocchia, cioè della più piccola circoscrizione territoriale ecclesiastica. Se “sacerdote” designava in primo luogo il ministro del sacro culto, “parroco” indicava principalmente il “curato” che si occupava della “salute” spirituale del gregge a lui affidato. Entrando poi nell’argomento specifico del libro, il dottor Aracri ha voluto in particolare ricordare tre preti francavillesi che aveva conosciuto al tempo della sua adolescenza e giovinezza: gli arcipreti Caria e Condello, e il cappuccino Padre Michelangelo Condello, morto missionario in Africa. È poi intervenuto Lorenzo Malta, il maggiore esperto a Francavilla sui vari edifici sacri (chiese, conventi, cappelle) eretti in paese e in tutto il territorio comunale.
L’ing. Vincenzo Davoli, uno degli autori del libro, per non ripetere concetti già espressi dai relatori che l’hanno preceduto, dopo aver invitato a leggere i vari capitoli dell’opera e a non limitarsi ad un fuggevole sguardo alle fotografie che corredano il testo, ha salutato e ringraziato alcuni “forestieri” venuti appositamente per la presentazione del libro: la famiglia di Pierluigi Caria, di Curinga, in qualità di pronipote del compianto arciprete Don Giuseppe Caria; parenti filadelfiesi di Don Virgilio Natali; l’artista di Monterosso Calabro, lo scultore Maestro Giuseppe Farina, autore del pregevole portale in bronzo della chiesa del Rosario in Francavilla; l’insegnante Totò Parisi, il più anziano tra i presenti alla manifestazione e l’unico ad aver personalmente conosciuto tutti i sacerdoti menzionati nel libro, eccettuato l’arciprete Domenico Servelli.
Le conclusioni finali giustamente sono state esposte dal promotore del libro, Mons. Don Vincenzo Fiumara. Riproduciamo in sintesi le parole scritte dallo stesso Don Vincenzo nella prefazione del libro: “In questo libro abbiamo voluto tracciare i ritratti di “annunciatori del Vangelo che hanno segnato la vita familiare, sociale, l’educazione cristiana, i momenti lieti e quelli tristi di molti Francavillesi. Questi Preti li abbiamo voluti ricordare con attenzione, cura, affetto per la loro testimonianza, ecco perché la Chiesa è il popolo di Dio, in cammino, è la storia dell’incarnazione dello Spirito Santo…. Sottolineiamo lo Spirito Santo,
il vero e grande artefice della vita della Chiesa, perciò sorgente di vita per tutti.
Attraverso questi nostri sacerdoti ci è più facile vedere la Chiesa non come una struttura istituzionale, ma una comunità di persone, che si vogliono bene nel nome di Gesù e che si impegnano a vivere e portare l’amore del Padre a tutti gli uomini.”
Sono infine intervenuti il dottor Foca Accetta , primo in ordine cronologico tra i curatori del libro, e Padre Tarcisio Rondinelli, uno dei reverendi preti menzionati nel volume. Padre Tarcisio si è soffermato su due iniziative che tanto gli stanno a cuore: - l’imminente uscita di un altro suo libro dedicato a San Foca Martire, presentato dal nostro Frate Minore come giardiniere originario di Sinope, antichissima città sul Mar Nero; - la scelta della collocazione più idonea del gruppo scultoreo rappresentante San Foca, Mosè ed il Serpente eretto sul bastone, monumento ideato e fortemente voluto dallo stesso Padre Tarcisio.
Giuseppe Pungitore ha curato la registrazione filmata della manifestazione.
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NEL CENTENARIO DELLA MORTE DEL TEN. FOCA LIMARDI
7 AGOSTO 2016 A LUCINICO (GORIZIA)
Giusto nel giorno del centesimo anniversario della dolorosa morte del francavillese Tenente Foca Limardi, deceduto nell’offensiva che doveva conquistare la città di Gorizia, in forma strettamente privata l’ing. Vincenzo Davoli ha deposto una corona d’alloro al Monumento ai Caduti di Francavilla Angitola per rendere omaggio e per ricordare il più illustre tra i francavillesi Caduti in guerra, il più elevato per grado militare (tenente del 27° reggimento fanteria), e l’unico ad essere laureato (in Giurisprudenza, all’Università di Napoli). Per l’omaggio al Tenente Caduto l’ing. V. Davoli si è avvalso del generoso aiuto di Giuseppe Pungitore e di Gianfranco Schiavone, nonché del sostegno morale dell’Associazione “Calabria in Armi”, presieduta dal geom. Mario Saccà di Catanzaro, che ha come scopo primario organizzare manifestazioni, conferenze, incontri vari, pubblicare articoli e libri, per mantenere vivo il ricordo dei calabresi Caduti o reduci delle varie guerre del Novecento.
Foca Limardi nacque l’11 agosto 1889; ultimogenito ed unico maschio dei coniugi Giovan Battista e Caterina Teti. Morì celibe all’età di 27 anni; anche le sorelle, donna Elisabetta e donna Teresina, pur essendo sposate, non ebbero figli. Foca era cugino secondo e molto amico dei fratelli Servelli: Vincenzino, medico e combattente nella I guerra mondiale, dal 1915 fino al 1919, poi Podestà di Francavilla; Domenico Servelli, sottotenente anch’egli Caduto nella Grande Guerra (2-11-1916) e poi promosso Tenente, in seguito alla sua morte gloriosa. Il Ten. Limardi morì in combattimento, per grave ferita alla testa, probabilmente causata da una granata, mentre era sul fronte di Lucinico, alla periferia di Gorizia, poi presa dagli Italiani il 9-8-1916.
Il Tenente Foca LIMARDI, il Sottotenente Domenico SERVELLI e il Sergente Vincenzo FARINA formano la Triade gloriosa dei Caduti nella Guerra 1915-18, tutti e tre ricordati nella toponomastica francavillese e celebrati in un carme poetico di Don Carmelo Foti, allora parroco della Madonna delle Grazie.
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COMUNE DI FRANCAVILLA ANGITOLA (VV)
AGOSTO FRANCAVILLESE 2016
DOMENICA 07 -RUDERI MEDIOEVALI ORE 21.30
“G.B. MUSIC LIVE ” SPETTACOLO A CURA DEL PROF. BATTISTA GULLO
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IL POPOLO DI DIO IN CAMMINO
Francavilla Angitola e il suo Clero negli ultimi cento anni
(1916 – 2016)
Gli uomini di oggi, come quelli di ogni tempo, desiderano incontrare sacerdoti che siano uomini veri: ricchi soltanto della carità di Cristo e dell'urgenza di portare nel mondo la gioia del Vangelo, come ci testimonia continuamente Papa Francesco. In questo libro abbiamo voluto tracciare i ritratti di “annunciatori del Vangelo” che hanno segnato la vita familiare, sociale, l'educazione cristiana, i momenti lieti e quelli tristi di molti Francavillesi. Don Vincenzo Fiumara
IL COMUNE DI FRANCAVILLA ANGITOLA (VV) AGOSTO FRANCAVILLESE 2016 IN COLLABORAZIONE CON IL SITO WWW.FRANCAVILLAANGITOLA.COM
Presenta martedi’ 09 – Piazza Solari Ore 21.30
“Il Popolo di Dio in Cammino”, Francavilla Angitola e il suo clero negli ultimi cento anni (1916 – 2016) di Don Vincenzo Fiumara, Vincenzo Davoli Giuseppe Pungitore e Foca Accetta .
Intervengono il Sindaco Avv. Antonella Bartucca, Vincenzo Davoli, Don Giovanni Tozzo, Dott. Ro...meo Aracri e Mons. Filippo Ramondino Vicario Generale Della Diocesi Di Mileto.
L’intera comunità francavillese è invitata alla presentazione del libro. Per ragioni di sobrietà non vengono mandati inviti personalizzati e comunque copia del libro verrà donata gratuitamente a tutte le famiglie francavillesi.
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A FRANCAVILLA ANGITOLA “FESTA DEGLI EMIGRATI”
10 AGOSTO 2016
Da parecchi anni si festeggiano sia gli emigrati, tornati in vacanza al paese d’ origine, sia i diversi forestieri che trascorrono a Francavilla qualche periodo delle loro ferie, organizzando una serata gastronomica con assaggio di gustose pietanze nostrane, in piazza S. Maria degli Angeli. La serata, organizzata dall’ Amministrazione Comunale, vede il fattivo impegno personale diretto del Sindaco Avv. Antonella Bartucca, della Giunta Comunale e altri volontari. Con balli e canzoni suonate dal karaoke condotto da Pino Limardi. La manifestazione rientra nell’ambito degli appuntamenti estivi inseriti nel calendario predisposto dall’Amministrazione Comunale.
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Ricordiamo che venerdì 12 agosto 2016 ore 21.00, faranno un concerto a Francavilla Angitola. La serata è organizzata da un gruppo di ragazzi del nostro paese con il patricinio del Comune di Francavilla.
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Torneo e Santu Foca
Tutto pronto: 5 paesi a contendersi il trofeo, Francavilla, Filadelfia, Montesoro, Acconia e Maierato. Le corazzate di Filadelfia partono favorite ma qualcuno a Francavilla ci crede ancora perché "Santu Foca è rranda!!". Domani prima partita alle 19, aprono Real Francavilla Vs Fiducia. In bocca al lupo a tutti #TorneoeSantuFoca
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LE GIORNATE DELLA 23ª FESTA DELLA GENTE DI MARE
DOMENICA 17 LUGLIO 2016 A PIZZO CALABRO - FRANCAVILLA ANGITOLA
Nel Santuario-Parrocchia San Francesco di Paola e San Rocco in Pizzo Calabro, dopo la benedizione impartita da Padre Gaetano Nicolace, è stata esposta alla venerazione dei fedeli la Reliquia “Pezzo del Mantello di San Francesco”, contenuta in una teca, donata a devozione della ditta Palermo Ferro Battuto di Francavilla Angitola.
Il mare mosso ha impedito la tradizionale traversata dalla marina di Pizzo alle spiagge di Colamaio, per cui il trasferimento è stato effettuato via terra e non via mare. Per la prima volta la meta di arrivo è stato il Lido Colamaio 1 gestito dalla ditta REFRESH. La banda musicale Diapason – G. Gemelli di Filadelfia ha accolto festosamente il Portareliquie e la barchetta di Benincasa con la statuetta di San Francesco di Paola. È stata lanciata in mare in onore di tutti i Caduti nelle acque una corona d’alloro.
Infine il corteo ha raggiunto la contrada Olivara sotto l’imponente viadotto ferroviario intitolato nel 2007 a San Francesco di Paola. Qui è stata celebrata la S. Messa, officiata da Padre Giovanni Cozzolino, affiancato dal Parroco di Francavilla Don Giovanni Tozzo, dal Padre Minimo Alfonso Longobardi e da Don Pasquale Barone, parroco di Paravati, invitato appositamente per ritirare il premio “CHARITAS PATERNA”, realizzato a mano dall’ orafo Michele Affidato di Crotone.
Tra i presenti alla sacra funzione si notavano l’ammiraglio Francesco Ciprioti e il comandante Matteo Donato, venuti da Reggio Calabria, il dottor Emanuele Stillitani della Pro loco di Pizzo, ed il nucleo di ufficiali della VI Squadriglia navale di Messina, guidati dal capitano di corvetta Michele Niosi, che han voluto entusiasticamente tornare nei luoghi della 23^ Festa della Gente di Mare, dopo che il giorno prima avevano passato l’Emblema itinerante della Festa, custodito per un anno nel Forte San Salvatore della base marina di Messina, all’Ente designato per il 2016-17, ossia alla Città di Soriano Calabro. A conclusione della Messa, dopo i saluti della Sindaca avv. Antonella Bartucca, è stata consegnata la targa-premio “CHARITAS PATERNA” a Don Pasquale Barone, in qualità di presidente della Fondazione Cuore Immacolato di Maria, promossa da Mamma Natuzza Evolo di Paravati, in tutta la sua vita fedelissima devota di San Francesco di Paola. Quindi sono stati sono stati donati, ad autorità ed amici, attestati, crest e copie del libro “Navigando con San Francesco” scritto da Vincenzo Davoli e Giuseppe Pungitore e da pochi giorni pubblicato per celebrare il 600° anniversario della nascita di San Francesco di Paola e ricordare le precedenti 22 edizioni della Festa della Gente di Mare. Consegnati premi e attestati, Antonio Bartucca di Montesoro ha recitato l’ultima sua poesia in vernacolo calabrese dedicata ai due pilastri della devozione religiosa della gente di Calabria, San Francesco di Paola e Mamma Natuzza Evolo di Paravati.
La serata si è conclusa in allegria con l’esibizione di Ciccio Nucera, acclamato cantautore della musica etnico-folkloristica calabrese e valente maestro di organetto.
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LE GIORNATE DELLA 23ª FESTA DELLA GENTE DI MARE
Sabato 16 luglio 2016
La terza giornata della 23ª Festa della Gente di Mare in onore di San Francesco di Paola ha avuto come punto focale Soriano Calabro (VV), città d’arte e di commercio, devotissima da secoli al Santo Patrono della Calabria. Essendo poi il 16 luglio la festività della Madonna del Carmine, celeste Patrona di questa cittadina delle Serre vibonesi, le manifestazioni di speciale devozione per San Francesco, nel 600° anniversario della Sua nascita, si sono intrecciate con le cerimonie in onore della Madonna, che a Soriano si svolgono con un’intensa partecipazione dei fedeli. I sorianesi manifestano una profonda devozione alla Madonna del Carmine, alla quale sono intitolate una bella chiesa ed una confraternita che raduna tantissimi confratelli, uomini e donne. Per di più proprio quest’anno Soriano ricorda i cento anni dell’arrivo in paese della nuova statua della Madonna.
In questo sabato di grande festa sono giunti a Soriano quattro gruppi distinti, ma tra loro legati per la speciale devozione a San Francesco di Paola: - una scelta delegazione della VI Squadriglia della Guardia Costiera proveniente da Messina e recante l’Emblema itinerante del Santo Paolano; - il gruppo che si raccoglie attorno al Comitato organizzatore della Festa della Gente di Mare; - i fedeli di Paola e Fuscaldo riuniti nell’Associazione “A piedi come gli Apostoli”, che da Paola, correndo a piedi, han portato fino a Soriano la “Fiaccola della fede”; - il gruppo della Consulta di Pastorale Giovanile Minima proveniente da Catona (RC) guidato da Padre Giovanni COZZOLINO OM, che già la sera di giovedì 14 luglio aveva portato a Soriano un pregevole nuovo Portareliquie (creato ed offerto dalla Ditta PALERMO FERRO BATTUTO di Francavilla Angitola) contenente il “Pezzo di mantello di San Francesco di Paola”, reliquia da tempo immemorabile custodita nel convento dei Minimi a Catona.
La delegazione messinese era guidata dal Capitano di corvetta Michele NIOSI , accompagnato dal Luogotenente Roberto PASCERI, dal Capo 1^ classe Antonino CARROZZA e dai signori Giovanni CENTORRINO e consorte, devoti a San Francesco.
Per il Comitato Festa della Gente di Mare erano presenti l’ing. Vincenzo DAVOLI, Giuseppe PUNGITORE (che a Soriano ha registrato un ampio servizio fotografico e filmato), Gianfranco SCHIAVONE; assieme a loro, Franco DI LEO, direttore della Protezione Civile di Pizzo/Vibo Valentia, la famiglia del giornalista Franco VALLONE da Briatico, il geom. Giulio Serratore di Francavilla A., il Sottotenente di vascello G. GRECO del Compamare – Capitaneria di Porto di Vibo Marina, il 2° Capo Antonio DE MATTEO della Guardia Costiera – Locamare di Pizzo. Sempre con il Comitato Festa Gente di Mare era presente l’intera famiglia dell’artista ucraino Yuri KUKU, ben conosciuto dalla gente di Soriano.
Il folto gruppo “A piedi come gli Apostoli” era guidato dal geom. Antonio LO GULLO di Fuscaldo, con la moglie Maria, e con lo zio Francesco CHIAPPETTA, già Comandante dei Vigili Urbani di Paola.
I membri della Consulta di Pastorale Giovanile Minima di Catona erano accompagnati da Padre Cozzolino e dal Minimo Padre Alfonso LONGOBARDI della Campania, ed ora attivo nella chiesa Sant’Andrea delle Fratte a Roma.
I pellegrini giunti da fuori sono stati cordialmente accolti dal Sindaco di Soriano, arch. Francesco BARTONE, e dal suo vice Giuseppe LICO, che indossava la fascia tricolore ed ufficialmente sostituiva l’arch. Bartone, leggermente infortunato e quindi impedito a muoversi liberamente; l’amico Filippo RAFFAELE e i volontari della locale Protezione Civile e della Confraternita del Carmine li hanno accompagnati alla chiesa del Carmine, dove doveva essere celebrata la solenne Messa in onore della Madonna. I pellegrini sono stati cristianamente accolti e salutati dal Rev. Don Pino SERGIO, parroco di Soriano. La chiesa era così gremita di fedeli che il numeroso gruppo della Fiaccola della fede ha seguito la Santa Messa dal sagrato antistante la chiesa. La solenne Messa cantata è stata officiata dal parroco Don Pino, affiancato dal Padre del locale convento di San Domenico, Rosario LICCIARDELLO OP, dai Padri Giovanni Cozzolino OM e Alfonso Longobardi OM. In prossimità dell’artistica statua della Madonna del Carmine, da cento anni presente in questa chiesa di Soriano, erano stati momentaneamente posti l’Emblema itinerante di San Francesco proveniente da Messina e il Portareliquia realizzato a Francavilla Angitola. L’omelia è stata pronunciata da Padre Alfonso; rivelando tra l’altro le sue origini dalla Campania, il Padre ha voluto sottolineare la speciale devozione del popolo napoletano sia per la Madonna del Carmine (sempre invocata come modello di celestiale ed ineguagliabile bellezza), sia per San Francesco di Paola, cui è dedicata la grande, accogliente Basilica sita di fronte al Palazzo Reale di Napoli.
Tutti i gruppi dei pellegrini forestieri hanno partecipato alla processione della Madonna che si è sviluppata lungo le vie dell’intero paese. Ciascun gruppo recava il suo simbolo: la Guardia Costiera portava l’Emblema itinerante; i volontari di Catona, il Portareliquia con il “Pezzo del Mantello”; i fedeli di Paola e Fuscaldo la Fiaccola ardente. All’imbrunire i fedeli in processione hanno acceso le loro fiaccole al fuoco della grande Fiaccola della Fede; così la processione è diventata una fiaccolata assai suggestiva.
Quando la processione ha raggiunto il portone di accesso al Municipio di Soriano Calabro, il comandante Michele Niosi ha ufficialmente consegnato nelle mani del Vicesindaco Giuseppe Lico l’Emblema itinerante di San Francesco di Paola, affinché la Città di Soriano lo custodisca per un intero anno fino al luglio 2017. Il passaggio dell’emblema è stato accompagnato da calorosi applausi e fervidi voti augurali. A conclusione della processione ci sono stati magnifici fuochi pirotecnici. Infine agli ospiti venuti da lontano è stato offerto un sostanzioso rinfresco nell’atrio del Museo dei marmi, ubicato in un’ala dell’antico convento domenicano.
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LE GIORNATE DELLA 23ª FESTA DELLA GENTE DI MARE
Venerdì 15 luglio 2016
Per il 600° centenario della nascita di San Francesco di Paola, Patrono della Calabria, ed in concomitanza con la 23ª Festa della Gente di Mare in Suo onore, nella sala del Consiglio comunale di Francavilla Angitola è stata allestita una mostra di fotografie, stampe, manifesti e articoli di stampa, in onore del Santo Taumaturgo e a ricordo delle passate edizioni della stessa Festa. Pur disponendo di supporti assai modesti l’allestimento della mostra è stato realizzato con cura, estro, garbo e stile speciali dalle Signore prof. ssa Carmelina Ruperto, ins. Francesca De Liguori Cimino in Aracri e Concetta Ciliberti.
Nella predetta sala del Consiglio, a partire dalle ore 18,30 si è svolta la presentazione del libro “Festa della Gente di Mare - Navigando con San Francesco di Paola”, redatto da Vincenzo Davoli e da Giuseppe Pungitore, e stampato da “libritalia net EDIZIONI”. Nel volume, arricchito da varie fotografie, è riportata un’ampia rassegna di molte edizioni passate della Festa e di altre manifestazioni in onore di San Francesco di Paola organizzate da enti vari, come l’Ordine dei Minimi, la Chiesa e/o Diocesi di Calabria, Sicilia e Campania, la Consulta Generale di Pastorale Giovanile Minima, la VI Squadriglia della Guardia Costiera di Messina, alcune Capitanerie di Porto, il Corpo dei Vigili del Fuoco, la Coop. “La Voce del Silenzio” di Pizzo, la Sezione A.N.M.I. di Amantea presieduta dal Cav. G. Cima, e diversi altri organismi con cui il Comitato organizzatore della Festa della Gente di Mare ha avuto l’onore di collaborare.
La presentazione del nuovo libro ha avuto inizio con i saluti della Sindaca, avv. Antonella Bartucca, rivolti a tutti i presenti; in particolare ai curatori del libro, V. Davoli e G. Pungitore; ai religiosi convenuti per l’occasione, i Padri Minimi, Giovanni Cozzolino e Alfonso Longobardi, e il parroco Don G.B. Tozzo; al relatore prof. Franco Cortese di Pizzo. Brevemente ha porto i suoi saluti Don Giovanni Tozzo, scusandosi di non poter trattenersi a lungo, essendo oberato da problemi pastorali. Il dottor Giovanni Bianco, che doveva moderare l’incontro, purtroppo non era presente perché impedito a parteciparvi a causa di un lutto tra i suoi parenti. In sua vece l’ing. Vincenzo Davoli ha moderato la presentazione del libro, salutando i predetti religiosi e le autorità presenti: l’avv. Antonella Bartucca, il dott. Carmelo Nobile, il Capitano Pasquale Arcudi, Pilota dell’AV.ES (Aviazione Esercito) presso l’aeroporto di Lamezia Terme, il Maresciallo Capo Francesco Servello, in rappresentanza del Maggiore Comandante dei Carabinieri di Vibo Valentia. Ha ringraziato i francavillesi e soprattutto gli amici provenienti da fuori, tra cui l’avv. Pierino Gemelli di Catanzaro, Mimmo Pacifico di Pizzo, la dott. ssa Lina Ceniti di Polia/Filadelfia, il Maestro Giuseppe Farina di Monterosso. Ha elogiato le Signore De Liguori Cimino, C. Ruperto e C. Ciliberti per aver allestito pregevolmente la mostra ed ha ringraziato per l’aiuto fornito la signora Angela Pirri, Marta Fiumara e Maurizio Serrao.
Il relatore, prof. Franco Cortese, si è complimentato anzitutto con gli autori per la pubblicazione del libro; poi con il Comitato Festa, con Gianfranco Schiavone e con P. Giovanni Cozzolino per avere diffuso la devozione verso San Francesco di Paola in luoghi ed ambienti, che finora conoscevano assai poco il Taumaturgo calabrese e le attività ed opere realizzate dall’Ordine dei Minimi. Ha sottolineato la caratteristica peculiare che distingue la Festa della Gente di Mare dalle tradizionali (e rispettabilissime) feste religiose ancorate ad un determinato paese, e cioè quella di essere una manifestazione itinerante, che di anno in anno coinvolge altre nuove località di Calabria o di Sicilia o di Campania, senza però dimenticare le sedi di origine, Francavilla Angitola e Pizzo. Quindi parafrasando la magnifica introduzione elaborata da P. Cozzolino, il prof. Cortese ha voluto paragonare la successione delle itineranti Feste della Gente di Mare ad un cammino, quasi sulla scia dei viaggi di San Francesco per mare e per terra, o sulle orme del cammino percorso dagli Ebrei, guidati da Mosè, per tornare dall’Egitto alla Terra Promessa.
Anche Padre Alfonso Longobardi, che per la seconda volta prendeva parte alla Festa della Gente di mare, ha espresso il suo vivo compiacimento al Comitato Festa per le tante iniziative realizzate in oltre vent’anni di attività, e in buona parte riportate nel libro fresco di stampa. Quindi Padre Cozzolino, a conclusione del suo appassionato intervento, ha incitato il Comitato promotore della Festa (nonché l’Amministrazione comunale e la Comunità di Francavilla) a continuare ad organizzare questa manifestazione, che negli ultimi anni è cresciuta così tanto da diventare probabilmente la più importante festa italiana che raduna la “Gente di mare” per rendere omaggio al suo Santo Patrono, Francesco di Paola. “Non arrendetevi alle difficoltà di ogni genere ed ai momenti critici, ma navigate e andate avanti con l’aiuto e al seguito di San Francesco di Paola!”.
Infine il dottor Romeo Aracri ha lanciato una proposta a tutti i Comuni calabresi per celebrare, concordemente e senza particolari oneri per gli Enti locali, il 600° anniversario della nascita di un grande Uomo della Calabria, Francesco di Paola: intitolare a Lui una via o una piazza o una strada. Una forma di omaggio “laico” che si aggiunga ad eventuali altre onoranze già esistenti nel territorio (chiese, cappelle, icone, statue, confraternite, terziari, scuole, edifici già intitolati al Santo Paolano).
Alla fine della presentazione dell’opera l’ing. Davoli ha donato, a persone e Ditte che hanno offerto il loro contributo per la pubblicazione del volume, un attestato personalizzato di riconoscenza e qualche copia del libro. Hanno ritirato l’attestato: - il geom. Domenico Anello dell’Anello-Costruzioni di Francavilla A.; - “I Sapori del Grano” di Carmela Galati, di Francavilla A.; - l’avvocato Giuseppe Pizzonia di Francavilla; - Tomas Mazzotta, figlioletto di Pasquale Mazzotta dell’EURO TECNO srl di Cannalia, Francavilla A.; - Giorgio Ranieli per la famiglia di Pasqualino Ranieli, di Pizzo; - l’ing. Amerigo Fiumara di Francavilla/Vibo Valentia.
Nel ritirare l’attestato l’ing. Fiumara, spirito profondamente laico, ha dichiarato come leggendo il libro “Navigando con San Francesco di Paola” gli siano venuti in mente con molta emozione certi episodi della sua adolescenza, quasi completamente dimenticati: - suo papà Antonio, titolare di frantoio oleario, che riempiva generosamente i bidoni d’olio della questua portati da un fraticello di San Francesco; - la consueta gita di pellegrinaggio a Paola, ai primi di maggio di ogni anno, insieme a papà Antonio e mamma Vittoria, per la solenne festa del Santo.
Le persone presenti hanno ammirato la mostra fotografica; a tutte le famiglie è stata donata una copia del libro; a tutti i presenti è stato offerto un gustoso rinfresco.
Per il 600° centenario della nascita di San Francesco di Paola, Patrono della Calabria, ed in concomitanza con la 23ª Festa della Gente di Mare in Suo onore, nella sala del Consiglio comunale di Francavilla Angitola è stata allestita una mostra di fotografie, stampe, manifesti e articoli di stampa, in onore del Santo Taumaturgo e a ricordo delle passate edizioni della stessa Festa. La mostra sarà aperta dal 15 luglio e per tutto il mese di agosto.
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LE GIORNATE DELLA 23ª FESTA DELLA GENTE DI MARE
Giovedì 14 luglio 2016
Quest’anno ricorrendo il 600° anniversario della nascita di San Francesco di Paola (27 marzo 1416), la 23ª edizione della Festa della Gente di Mare, in onore del medesimo Santo, si è protratta per quattro giorni. Nel pomeriggio del 14 luglio le manifestazioni sono iniziate a Francavilla Angitola con una bella cerimonia, svolta in contrada Campo, nella sede dell’azienda “PALERMO FERRO BATTUTO”.
La titolare della Ditta, Signora Maria Raffaela Palermo con tutti i suoi familiari, ed in primis il marito Nicola Caruso, memori della speciale devozione professata da tanti anni verso il Santo Paolano dalla famiglia Caruso, hanno voluto celebrare il 600° anniversario della Sua nascita realizzando un artistico Portareliquia in ferro battuto e rame, creato appositamente per custodire la sacra Reliquia “Pezzo del Mantello di San Francesco”, da tempo immemorabile conservata nel convento ed ora Parrocchia-Santuario di Catona di Reggio Calabria. L’artistico manufatto è stato creato dalle abili e capaci maestranze della ditta Palermo, in base ai disegni preparatori redatti dall’ufficio tecnico della ditta e alle direttive impartite da Nicola Caruso per realizzare concretamente un sogno che stava tanto a cuore a Padre Giovanni Cozzolino, primo ideatore dell’artistica opera. Nel Portareliquia si ritrovano diversi elementi tipici dell’iconografia classica di San Francesco di Paola: nel basamento si ravvisa la sagoma del “braciere” da cui si sprigionano come fiammelle le parole del Taumaturgo “A chi ama Dio tutto è possibile”. Continuando verso l’alto si trova una “bussola”, strumento essenziale per i naviganti, perché possano procedere lungo la rotta giusta. Poi risalendo dalla bussola tramite la parola emblematica, del Vangelo e dei Minimi, “CHARITAS”, collocata in verticale, si arriva al nucleo centrale del pregevole manufatto, la teca circolare contenitrice della Reliquia, circondata da tre cerchi, simbolo della Trinità. Rispetto al disegno armonico e simmetrico dell’opera intera si distingue, poiché collocato in posizione inclinata, un altro elemento caratteristico dell’iconografia del Fondatore dei Minimi, il “bastone”, ma qui rappresentato nella versione benevola di “canna”, cioè strumento non di punizione, ma di stimolo per indurre gli uomini a vivere la propria esistenza nel segno dell’umiltà, della fratellanza, della libertà e della pace.
Una descrizione più particolareggiata del Portareliquia si trova all’interno della rubrica “Prima Pagina.com – Notizie anno 2016” del sito www.francavillaangitola.com .
L’artistica opera, completata e rifinita giusto in tempo per essere esposta all’ammirazione dei fedeli già nel primo giorno della 23ª Festa della Gente di Mare, è stata benedetta da Don Giovanni Battista Tozzo, Parroco di Francavilla, accompagnato nell’occasione da Padre Giovanni Cozzolino e da P. Alfonso Longobardi, proveniente dalla chiesa di Sant’Andrea delle Fratte, retta dai Minimi presenti a Roma. Alla festosa cerimonia erano presenti anzitutto familiari, parenti ed amici dei coniugi M. Raffaela Palermo e Nicola Caruso, donatori dell’opera; tutti i dipendenti della PALERMO FERRO BATTUTO ed in particolare le maestranze che hanno realizzato l’artistico manufatto; l’ing. Vincenzo Davoli, Gianfranco Schiavone e Giuseppe Pungitore del Comitato organizzatore della Festa della Gente di Mare; fedeli francavillesi e vibonesi, di Filadelfia (tra cui Francesco Mesiano, priore della locale Confraternita di S. Francesco di Paola), di Pizzo (tra cui lo storico prof. Franco Cortese, gran devoto del Santo); il gruppo della Consulta Generale di Pastorale Giovanile Minima proveniente da Catona, al seguito di Padre Cozzolino.
Dopo la benedizione impartita da Don G.B. Tozzo, Padre Cozzolino ha illustrato alle persone convenute le caratteristiche peculiari dell’artistico Portareliquia ed il significato
delle varie parti che compongono l’artistico manufatto. Tutte le persone presenti, visibilmente ammirate per la pregevole opera creata e generosamente donata dalla Ditta Palermo Ferro Battuto, hanno espresso le loro felicitazioni e apprezzamenti ai titolari e donatori, nonché alle maestranze che concretamente hanno realizzato il Portareliquia.
Finalmente i coniugi Maria Raffaela Palermo e Nicola Caruso hanno consegnato l’opera nelle mani di P. Giovanni Cozzolino, rettore della Parrocchia-Santuario di San Francesco di Paola a Catona (RC), affinché le dia la più opportuna e decorosa collocazione all’interno dello stesso Santuario reggino, a ricordo del 600° anniversario della nascita del Fondatore dei Minimi, Patrono della Calabria e della Gente di Mare.
Quindi l’artistico Portareliquia è stato momentaneamente trasferito nella chiesa del Carmine a Soriano Calabro (VV), dove nella terza settimana del corrente luglio 2016 la novena, la festa e la processione della Madonna del Carmine s’intrecciano con quelle manifestazioni della 23ª Festa della Gente di Mare in onore di San Francesco di Paola, appositamente programmate per svolgersi nella suddetta città delle Serre vibonesi.
Semplicemente da ammirare: prima alla Festa del Mare e poi a Catona!
In occasione 23^ Festa della Gente di Mare che si svolge a Francavilla Angitola il 14-15-16-17 luglio 2016 e del Sesto Centenario della Nascita del nostro Santo Fondatore San Francesco di Paola, in contrada Sordo alle ore 17.00 del 14 luglio 2016 verrà presentata e benedetta dal Parroco Don Giovanni Tozzo, e da P. Giovanni Cozzolino nella azienda Ferro Battuto Palermo Maria Raffaela di Francavilla Angitola il porta Reliquia “Pezzo del Mantello di San Francesco”, contenuta in una teca, opera unica e artistica donata a devozione della ditta Ferro Battuto Palermo. L’opera d esposta domenica 17 luglio 2016 dalle ore 19.00 Contrada Olivara di Francavilla Angitola durante la S. Messa concelebrata dal Parroco Don Giovanni Tozzo, con Padre Giovanni Cozzolino e Padre Alfonso Longobardi dei Minimi, accompagnata dal coro della Coop. "La voce del silenzio".
Descrizione dell’ opera artistica realizzata. Il prezioso reliquiario, contenente la reliquia “ex indumentis” del mantello del nostro Santo custodita nel convento di Catona da tempo immemorabile, simboleggia tutta la sua vita:
1)la base inferiore è fatta sullo stile della fiaccola della fede, richiamando anche il braciere nella parte superiore con il motto del nostro Santo “A chi ama Dio tutto è possibile!”;
2) sopra è posta la bussola per indicare che il nostro Santo è patrono della Gente di Mare e che, attraverso di Lui, noi incontriamo più facilmente il timoniere della nostra vita che è Gesù Cristo per non sbagliare la rotta della nostra vita che è la continua conversione, attraverso l’amore alla maggiore penitenza, nel ritornare sempre a Dio che sempre ci “attende braccia aperte”;
3) la parte superiore porta l’occhio ad ammirare la reliquia, contenente un pezzo dell’abito-mantello del nostro Santo, che ha attraversato lo Stretto di Messina abbandonandosi totalmente al Dio Uno e Trino, simboleggiato dalla Charitas e dai tre elementi che ci stimolano a comprendere che per essere felici siamo chiamati tutti ad amare la Santissima Trinità, che per ogni uomo è un mare di amore e misericordia senza fine;
4) emerge, poi, il bastone che usava il nostro Santo, che a 48 anni si era rotto il femore; bastone realizzato con grande abilità ed estro a forma di canna per indicare che da quando i musulmani non riuscirono ad entrare nel convento di Corigliano Calabro nel 1582 perché fermati da uno strumento davvero molto debole, il bastone-canna è diventato simbolo di libertà, di umiltà, di pace e di fratellanza umana e che bisogna sempre mettere Dio al primo posto nella propria vita e “vedere ogni cosa dal punta di vista di Dio!”;
5) il tutto è realizzato con grande abilità artistica, ma al tempo stesso con uno stile semplice, sobrio ed essenziale per indicare che per vivere bene noi tutti dobbiamo ispirarci alla spiritualità Minima, che ha il suo cuore nel Vangelo, nei suoi elementi di essenzialità e amore donato e consumato per gli altri.
La preziosa reliquia con il bellissimo reliquiario verrà custodita nel convento di Catona di Reggio Calabria, quale segno del Sesto Centenario della Nascita del nostro Santo Fondare San Francesco di Paola, patrono della Calabria e protettore della Gente di Mare (PG).
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- Comune di Soriano Calabro-Comune di Francavilla Angitola - Comune di Pizzo Calabro
-Capitaneria di Porto di Messina – Padri Minimi di Catona di Reggio Calabria
- Apostolato del Mare
23° Festa della Gente di Mare
Pellegrinaggio Marittimo con San Francesco di Paola
14-15-16-17 luglio 2016
Carissimi,
mentre stiamo celebrando il Giubileo della Misericordia e il Sesto Centenario della Nascita di San Francesco di Paola, il presente pellegrinaggio marittimo vuole infondere speranza in questo momento difficile della nostra società per comprendere che con Dio Padre dobbiamo sempre camminare nel mare della vita, che il capitano della nostra vita è il Signore Risorto che è sempre accanto a noi e che la bussola della nostra esistenza è il vento impetuoso dello Spirito Santo che ci fa vincere ogni paura, facendo navigare verso la santità.
PROGRAMMA
GIOVEDÌ 14 LUGLIO A SORIANO CALABRO
Ore 19,00: Inaugurazione da parte del Sindaco di Soriano Calabro Architetto Francesco Bartone e Benedizione da parte di P. Giovanni Cozzolino del Museo allestito nel complesso monastico di S. Domenico in occasione del Sesto Centenario della Nascita di San Francesco di Paola, con libri antichi e rari ecc.
Ore 19.30: Presentazione del nuovo libro di P. Alfonso Longobardi con P. Giovanni Cozzolino, l’ editore Demetrio Guzzardi: il ricavato della vendita o offerte va per le Missioni dell’ Ordine dei Minimi in Cameroun.
VENERDÌ 15 LUGLIO A FRANCAVILLA ANGITOLA
Ore 18,30: Presentazione nella sala Consiliare in Piazza Solari del Libro “Navigando con San Francesco di Paola” dell’Ingegnere Vincenzo Davoli e di Giuseppe Pungitore, con saluti del Sindaco Avv. Antonella Bartucca e di Don Giovanni Tozzo, , interventi di P. Giovanni Cozzolino, del prof. Franco Cortese, di P. Alfonso Longobardi e l’ editore Demetrio Guzzardi, moderatore Dott. Giovanni Bianco Console del Touring Club Italiano - Mostra fotografica Festa della Gente di Mare
SABATO 16 LUGLIO A SORIANO CALABRO
Ore 15,00: Dalla chiesa di S. Barbara sita nell’Arsenale Militare di Messina, il comandante Paolo Zumbo della VI Squadriglia della Capitaneria di Porto accompagnerà “l’Emblema itinerante” della Gente di Mare che verrà custodito per il 2016-2017 a Soriano Calabro.
Ore 19,00: Accoglienza della “Fiaccola della fede” proveniente, a piedi, da Paola a cura dell’Associazione “A piedi come gli Apostoli” coordinata dal geometra Antonio Lo Gullo.
Ore 18,45: S. Messa concelebrata dal Parroco don Pino Sergio, con P. Giovanni Cozzolino e P. Alfonso Longobardi dei Minimi nella chiesa della Madonna del Carmine, in occasione del Primo Centenario dell’Immagine della Madonna del Carmine. Processione per le vie del paese.
DOMENICA 17 LUGLIO A PIZZO CALABRO - FRANCAVILLA ANGITOLA
Ore 17,00: Esposizione della Reliquia “Pezzo del Mantello di San Francesco”, contenuta in una teca, opera unica e artistica donata a devozione della ditta Ferro Battuto Palermo Maria Raffaela di Francavilla Angitola,
nel Santuario -Parrocchia San Francesco di Paola e San Rocco in Pizzo Calabro per la venerazione dei fedeli.
Ore 17,30: Imbarco sulla vedetta della Guardia Costiera e sui barconi e gommoni dei pescatori . Traversata da Marina di Pizzo al Lido Colamaio 1. Durante la traversata sosta in ricordo del subacqueo napitino Giorgio Stingi, con proseguimento per contrada Olivara presso l’imponente Viadotto ferroviario intitolato nel 2007 a San Francesco di Paola.
Ore 19,30: S. Messa concelebrata dal Parroco Don Giovanni Tozzo, con Padre Giovanni Cozzolino e Padre Alfonso Longobardi dei Minimi, accompagnata dal coro della Coop. "La voce del silenzio".
Ore 20,00: : Consegna della scultura dell’orafo Miche Affidato per la santificazione di Mamma Natuzza alla Fondazione Cuore Immacolato di Maria : ritira il premio Don Pasquale Barone.
Premiazioni varie alle Autorità civili e marittime
Ore 21,00: Spettacolo Musicale
Comitato della Festa della Gente di Mare
info -- clicca quì - FESTA DELLA GENTE DI MARE
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MESSAGGI al nostro sito “www.francavillaangitola.com. Orgogliosi di aver pubblicato nel corso del 2015-2016 più di 100 articoli, molti dei quali accompagnati da filmati, diffusi sul nostro canale FRANCAVILLATV LIVESTREAM, siamo lieti di annunciare che il 19 giugno 2016 abbiamo raggiunto un traguardo prestigioso festeggiando il 11° anno di attività del sito. Quì di seguito diffondiamo, due dei tantissimi messaggi che ci avete mandato, rigraziandovi affettuosamente .
Grazie a voi x l'ottimo lavoro svolto e che ci rende consapevoli ed orgogliosi di appartenere ad una comunità che annovera, tra gli abitanti, persone ricche di idee, iniziative, passione x il proprio paese che spesso disprezziamo anziché lodare. Consentimi, Pino, senza assolutamente voler sminuire il tuo impegno che è davvero ammirevole, di rivolgere un saluto particolare all'ingegnere Davoli che io considero un GRANDE e che, amichevolmente ( lui lo sa), ho denominato ing. "TRECCANI" perché è veramente un'enciclopedia vivente! Un saluto a voi tutti e continuate cosi! A presto
Emilia Servello
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Sono passati undici anni dalla fondazione del più importante sito di cultura che abbia avuto Francavilla, ha saputo far conoscere e diffondere le tradizioni religiose e laiche suscitando ammirazione e consensi anche al di fuori dell'ambito paesano. E' stato come un piccolo ruscello sorto dalla sorgente cranica di alcuni amici, ruscello che man mano scorreva si è ingrossato per l'afflusso di rigagnoli, affluenti e piogge varie di sapere. Vero scrigno delle memorie storiche del nostro paese. Auguri, auguri...e sempre più avanti!
Vincenzo Adolfo Ruperto
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CORPUS DOMINI 2016 - INFIORATA A FRANCAVILLA ANGITOLA
La solennità del Corpus Domini quasi sempre si celebra nel mese di giugno, ma la data cambia di anno in anno, essendo correlata alla domenica di Pasqua. Nel corrente anno 2016 la Pasqua si è celebrata a fine marzo, e di conseguenza la festa con processione del Corpus Domini, nei piccoli Comuni era in calendario nella seconda domenica dopo Pentecoste, ossia il 29 maggio; mentre nelle città sedi diocesane si è svolta giovedì 26 maggio u. s.. Per la solenne ricorrenza a Francavilla sono stati montati in alcuni punti del paese i tradizionali “altarini” variamente addobbati; ed inoltre, con il pieno consenso del Parroco, don Giovanni Tozzo, per il secondo anno consecutivo è stata allestita una nuova, più ampia e pregevole Infiorata del Corpus Domini. Nella mattinata e nel primo pomeriggio di domenica, persone attive e volenterose (donne e ragazzi) si sono impegnate ad adornare il percorso dove doveva passare la processione del Santissimo realizzando magnifici tappeti, quadri e simboli vari con petali di fiori. Questi sono stati collocati all’interno della chiesa di San Foca lungo la corsia della navata centrale; sul sagrato della chiesa delle Grazie; a piazza Solari, davanti la chiesa del Rosario; lungo tutto il corso Mannacio e in piazza Santa Maria degli Angeli. Gli artistici quadri dell’Infiorata sono stati realizzati da Lina Ruperto, Ida De Caria, Francesca De Liguori Cimino, Concetta Ciliberti, Amelia Fiorito, e Marco Aracri; a loro va tributato l’elogio dell’intera comunità francavillese. Un grazie doveroso e speciale va rivolto alla ditta di floricoltura dei fratelli Santacroce (opportunamente interpellata tramite il consigliere comunale Angelo Curcio), nonché al fioraio Roberto Bonelli, che generosamente hanno fornito un notevole quantitativo di fiori. Ancora grazie cordiali ai tanti francavillesi che hanno collaborato alla raccolta di fiori nelle giornate di venerdì e sabato. Seppur disturbata da un forte vento, che nel primo pomeriggio di domenica ha distrutto i quadri collocati nei due spazi più esposti alle intemperie (piazza Solari e piazza Santa Maria degli Angeli) l’iniziativa dell’Infiorata è stata molto apprezzata dalla gente del paese, e in modo particolare dai francavillesi emigrati, che già hanno inviato al nostro sito centinaia di messaggi di plauso e compiacimento.
Nel tardo pomeriggio, dopo l’adorazione del Santissimo Sacramento nella chiesa di San Foca , Don Giovanni Tozzo ha impartito la rituale benedizione. quindi alle ore 18.30 ha dato inizio alla processione del Santissimo, che si è snodata lungo le vie principali del paese, fermandosi in 5 altarini realizzati dai fedeli, rispettivamente in via Livorno, in viale Kennedy, via Tenente Limardi, corso Mannacio e presso la Croce dei Passionisti. L’Amministrazione Comunale ha partecipato ufficialmente alla processione con il Sindaco Avv. Antonella Bartucca, il vice Sindaco Dott. Carmelo Nobile, il Consigliere comunale Angelo Curcio, il Comandante dei Vigili Urbani Giulio Dastoli. Come è consuetudine il gonfalone del Comune è stato portato dal dipendente comunale Maurizio Serrao. La processione è stata accompagnata dalle preghiere e dai canti dei numerosi fedeli, ed allietata dalle musiche suonate dalla Banda Musicale A.M.P.A.S. di Filadelfia, offerta dalla Amministrazione.
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" A PIEDI COME GLI APOSTOLI"
LA FIACCOLA DI SAN FRANCESCO DI PAOLA
DA FUSCALDO A PARAVATI
SABATO 28 MAGGIO 2016
Con la benedizione e accensione della fiaccola da parte di padre Gregorio Colatorti, correttore provinciale dell'Ordine dei minimi, e di padre Michele Cordiano, parroco di Paravati, è partito dal Santuario di San Francesco di Paola (CS) il pellegrinaggio "A piedi come gli Apostoli" che portava una fiaccola votiva di San Francesco a Paravati, il paese di Natuzza Evolo. Oltre alla fiaccola i pellegrini, provenienti sia da Fuscaldo che da Paola, portavano la reliquia di un piccolo lembo del Mantello del Santo, conservato nel Santuario di Paola. Quella di Natuzza è una “figura materna che non può essere definita in quanto troppo eccelsa e nello stesso tempo troppo umile, rappresenta il nostro arrivo in tutti i sensi - spiega Antonio Lo Gullo, organizzatore della maratona - Paravati è un luogo che ha dato i natali a una donna che da sempre porta i segni della Misericordia di Dio, quindi un luogo che offre una grande realtà spirituale, meta di quotidiani pellegrinaggi, per il bisogno di ritrovare attraverso la devozione al Cuore Immacolato di Maria Rifugio delle anime, la fiducia e la pace” . Questo pellegrinaggio è nato in seguito a una brutta malattia che colpì nel 1996 il figlio della famiglia di Antonio Lo Gullo da Fuscaldo. La famiglia, molto devota a San Francesco di Paola e alla mistica Natuzza Evolo, mise tutta la sua speranza nelle loro mani. Il ragazzo guarì e dal 2002 la famiglia Lo Gullo in segno di gratitudine per la grazia ricevuta organizza questo pellegrinaggio. Il percorso, totalmente effettuato a piedi, attraversa in tutto 18 paesi delle province di Cosenza, Catanzaro e Vibo per un totale di 120 Km. La fiaccola votiva in particolare ha sostato per la prima tappa alla chiesetta di Porto Ada; quindi in Contrada Olivara di Francavilla Angitola ai piedi del viadotto ferroviario intitolato a San Francesco. Per accogliere la fiaccola erano presenti il parroco di Francavilla don Giovanni Tozzo e il Vicesindaco dott. Carmelo Nobile. La sosta successiva è stata a Pizzo, in diversi punti della cittadina: prima nel Santuario di San Francesco, con la benedizione impartita dai Padri Minimi; poi nella struttura ospedaliera dove si trova la Cooperativa sociale onlus “La Voce del Silenzio” (Direttrice dott/ssa Adriana Maccarrone), dove i pellegrini accolti dal Direttore dott. Francesco La Torre e dai suoi ragazzi. Infine è proseguita per Paravati, entrando nella cappella della Fondazione Cuore Immacolato di Maria Rifugio delle Anime, dove è situata la tomba di Mamma Natuzza. A portare la fiaccola votiva sono stati tutti pellegrini e devoti, soprattutto soccorritori volontari della Croce Blu "San Benedetto" di Cetraro. I fedeli radunati a Paravati hanno accolto con una suggestiva fiaccolata la fiaccola votiva proveniente da Paola.
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REJOICING GOSPEL CHOIR DI ALBA - CUNEO
Pubblichiamo con compiacimento la locandina e l’articolo dei “GOSPELIVE IN ALBA – PRIMAVERA 2016” poiché del coro Rejoicing Gospel Choir fa parte come voce di soprano la carissima Daniela Bonelli nativa di Alba ma orgogliosa delle sue origini francavillesi, essendo figlia di Vincenzo Bonelli e di Maria Pungitore, sorella di Giuseppe Pungitore e Antonio Pungitore
Cantare la gioia dell'anima: questo l'intento di un coro che si propone di far accostare il pubblico ad un genere musicale in grado di coinvolgere ed emozionare con il suo entusiasmo e la sua sonorità travolgente. Il Rejoicing Gospel Choir offre un viaggio nel mondo della musica religiosa afroamericana attraverso concerti che vogliono trasmettere il messaggio di fede e amore che il gospel racchiude, indipendentemente dal fatto che chi lo canta o lo ascolta non abbia la stessa radice linguistica e culturale di colore che, dall'altra parte dell'oceano, quotidianamente la cantano, la ascoltano, la vivono. Il Rejoicing Gospel Choir nasce ad Alba nel 1998, compiendo ben presto la scelta originale di dedicarsi ad un genere musicale diverso da quelli che si ascoltano ed eseguono abitualmente in Europa. Il coro ha infatti rivolto la propria attenzione al di là dell'oceano, affascinato dal ritmo travolgente e dal messaggio profondo che caratterizzano il gospel, musica nata ed evolutasi nelle comunità religiose afroamericane. Un percorso impegnativo quindi, che ha portato il Rejoicing ad accostarsi ad un mondo musicale nuovo, da scoprire poco alla volta e da esplorare piacevolmente in tutte le sue declinazioni.
Oltre ai classici Spirituals, punto di partenza imprescindibile per comprendere appieno il genere ed entrare in sintonia con una musicalità estranea alla cultura bianca, il coro si è orientato sempre più verso il Contemporary Gospel, inserendo nel repertorio alcuni tra i maggiori successi della nuova musica gospel ma anche da pop e rock di ispirazione religiosa. Oltre ai consueti tour natalizi e non, numerose sono state le iniziative di beneficenza e gli artisti internazionali incontrati in tale percorso. Proprio dalla voglia di condividere un'esperienza particolare come questa è stato partorito il progetto del GospeLive, manifestazione che si svolge con cadenza annuale coinvolgendo cori gospel italiani in uno spettacolo volto ad offrire al pubblico un contatto diretto e piacevolissimo con la realtà della musica gospel autoctona.
Il coro, diretto dal M°Carlo Bianco, si presenta attualmente come composto da 25 elementi unite da un'amicizia profonda e dal piacere di cantare insieme per condividere un'esperienza divertente quanto emozionante. Centinaia di concerti, seminari e stage di perfezionamento, un cammino che prosegue sempre con l'entusiasmo con cui è stato avviato e con la voglia di rinnovarsi, perfezionarsi, ma soprattutto di condividere il messaggio di gioia, di speranza e solidarietà che ha scoperto in questo percorso.
DISCOGRAFIA:
Il viaggio intrapreso dal Rejoicing Gospel Choir nel mondo della musica religiosa afroamericana è stato coronato nel 2010 dalla realizzazione del cd "My Soul Is Rejoicing", registrato live in occasione del tour natalizio, che di tale esperienza vuole essere gioiosa testimonianza.
I sedici brani in esso contenuti esplorano il mondo del gospel, in buona parte ancora sconosciuto per la cultura musicale europea, affrontando con lo stesso entusiasmo le più tradizionali Work Songs e Spirituals e le nuove sonorità con cui il genere si è affacciato alla modernità: il Contemporary Gospel e la Worship Music.
Uniti dal medesimo intento di innalzare canti di lode e di gioia sono brani come le immancabili “Oh happy day” e “Total praise”, ma anche pezzi più recenti scritti da musicisti quali John Lennon e gli U2 o dai grandi del gospel contemporaneo come Kirk Franklin e Israel Houghton.
Lo spirito con cui questo lavoro è stato concepito è quello suggerito nel titolo “My soul is rejoicing”: cantare la gioia della nostra anima ossia trasmettere l'entusiasmo che ci pervade sul palco a chiunque scelga di ascoltare questo genere musicale davvero speciale.
Membri: Il Rejoicing Gospel Choir ha fatto sua la caratteristica di essere composto unicamente da voci femminili, ripartite nelle sezioni di soprani, mezzosoprani e contralti. Soprani, Anna Tibaldi, Carolina Testa, Clelia Cavallotto, Daniela Bonelli, Lorenza Tibaldi, Romana Berton. Mezzosoprani Antonella, Rocca Barbara, Sacco Deborah, Masoero Denise, Cacciatore Federica, Currado Monica, Bosticco Monica, Cogno Noemi, Alessandria Roberta, Rossi Rosy, Mancaruso Sandra, Sugliano Contralti, Sabina Carbone, Donatella Murtas, Heidi Passalacqua, Patrizia Sugliano, Laura Torchio, Gema Zancu, Direzione Coro Carlo Bianco
Genere: Contemporary Gospel, Praise & Worship Music, Pop ecc...
Città natale: Alba - Cuneo - IT
http://www.rejoicingospel.org
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“In un punto imprecisato oltre il silenzio”di Romeo Aracri
Pochi giorni fa la casa editrice Thoth di Capo Vaticano ha pubblicato la raccolta di poesie di Romeo Aracri, intitolata: “In un punto imprecisato oltre il silenzio”.
Romeo Aracri è un medico di famiglia che svolge da moltissimi anni la professione in un paesino del profondo sud dove ritrova i suoi elementi naturali che costituiscono il suo mondo reale-fantastico.
Dopo un lungo impegno in politica e nel sindacato dei medici, dove ha ricoperto incarichi istituzionali di un certo rilievo, ha abbandonato l’impegno sociale per dedicarsi completamente alla professione che non aveva mai abbandonato.
La sua dedizione al lavoro gli ha permesso di scoprire lati umani che hanno costituito il nerbo di alcuni racconti pubblicati su alcune riviste specializzate.
Ha svolto anche il lavoro di corrispondente locale di un giornale meridionale, ha collaborato a riviste di cultura generale dove ha riscoperto il gusto per la scrittura e soprattutto per la poesia.
Le sue poesie sono solo le sue emozioni vissute e non seguono una corrente o uno stile lirico particolare, ma solo e soltanto la sua intima sensibilità.
“Conosco Romeo da molto tempo – scrive Lorenzo Malta nella presentazione del libro - e scoprirlo oggi nell’inedita veste di poeta non mi sorprende perché le persone sensibili spesso ospitano dentro uno spirito inquieto che li agita e questo intimo turbamento genera la forza creativa del pensiero: la poesia, voce e sfogo dell’anima difficile da reprimere o trattenere. Romeo mi ha sempre colpito per la sua vivacità e raffinatezza culturale, caratteristica questa che lo ha agevolato nella ricerca del logos più efficace per vestire le sue emozioni ed i suoi sentimenti”.
“Il lungo e, per certi aspetti, controverso iter che ha condotto alla pubblicazione della corposa silloge - scrive Davide Piserà nella prefazione dell’opera - è frutto di decenni di emozioni vissute, di esperienze ricercate, di sentimenti tumultuosi e di malinconie taciute.”
Soddisfazione per la pubblicazione del libro è stata espressa da Mario Vallone, amministratore della casa editrice Thoth. “E’ un libro di qualità – ha spiegato Vallone- . Una raccolta di versi toccante – ha aggiunto – che ci permette di migliorare, ulteriormente, il nostro catalogo e puntare sempre più in alto.”
“La pubblicazione di questa silloge – ha spiegato Romeo Aracri - completa un percorso che attraversa un periodo lunghissimo di maturazione intima. Chi scrive di poesia – ha aggiunto - lo fa soprattutto per liberare le sue emozioni e se poi riesce a smuovere quelle stesse emozioni nell’animo di chi le legge allora ha raggiunto il punto più alto del suo vissuto. Le mie poesie sono appunto il mio vissuto e non seguono alcuna corrente o stile lirico ma solo e soltanto la mia sensibilità che non è diversa da quella di chiunque altro. Aver deciso di pubblicarle – ha continuato Aracri - non è stato facile per l’innata ritrosia a mettere a nudo le proprie debolezze o probabilmente le proprie convinzioni che costituiscono le regole che ognuno si impone nel condurre la propria esistenza e a cui tenta di dare ogni giorno concretezza in tutti i campi del suo impegno cosi nel sociale come nel privato. Spero solo che queste mie “esternazioni” – ha concluso - che certamente meraviglieranno chi mi conosce per altri aspetti del mio impegno politico e sindacale, diano ancora sostanza a riprova di quello che ho sempre cercato di essere spendendomi senza risparmio in tutto quello che ho intrapreso. Se un messaggio c’è fra quelle righe io lo colgo nella fiducia estrema nel genere umano che mai come oggi ha bisogno di “poesia” per superare le crisi che questo nostro tempo attraversa e che solo nell’arte in tutte le sue espressioni può trovare le sue soluzioni.”
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INFIORATA DEL CORPUS DOMINI 29-05-2016 ORE 18.30
FRANCAVILLA ANGITOLA
AVVISO
E’ gradita la partecipazione di tutti.
Chiunque può partecipare sia per la raccolta dei fiori che per la realizzazione dei quadri dell’infiorata, per adornare i punti principali del percorso dove passa la processione del Santissimo con magnifici tappeti di petali di fiori, così da realizzare una infiorata nelle piazze e nei larghi di Francavilla.
Si possono portare fiori, petali, foglie presso il fioraio Roberto Bonelli il 27 e il 28 corrente mese.
E’ IMPORTANTE SEPARARE I FIORI PER COLORI
PER INFORMAZIONI RIVOLGERSI AL PARROCO DON GIOVANNI TOZZO
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LA FIACCOLA DI SAN FRANCESCO DI PAOLA
DA FUSCALDO A PARAVATI
"A PIEDI COME GLI APOSTOLI"
Mattina di sabato 28 maggio 2016 partirà dal Santuario di San Francesco di Paola (CS) il pellegrinaggio "A piedi come gli Apostoli" portando una fiaccola votiva di San Francesco a Paravati dalla mistica Natuzza Evolo. Questo pellegrinaggio è nato in seguito a una brutta malattia che colpì nel 1996 il figlio della famiglia Antonio Lo Gullo da Fuscaldo. La famiglia molto devota a San Francesco di Paola e alla mistica Natuzza Evolo mise tutta la sua speranza nelle loro mani . II ragazzo guarì e dal 2002 la famiglia Gullo in segno di gratitudine per la grazia ricevuta organizza questo pellegrinaggio. Il percorso totalmente effettuato a piedi attraversa in tutto 18 paesi delle province di Cosenza, Catanzaro e Vibo per un totale di 120 Km. La fiaccola votiva in particolare ha sosterà in Contrada Olivara di Francavilla Angitola ai piedi del viadotto ferroviario intitolato a San Francesco. La sosta successiva sarà a Pizzo nella chiesa di San Francesco; con la benedizione impartita dai Padri Minimi, Infine proseguirà per Paravati presso Natuzza Evolo per concludere le tradizionali manifestazioni dell’ ultimo giorno dei mese Mariano. A portare la fiaccola votiva sono sopratutto i volontari del soccorso della CRI , devoti, e numerosi atleti. La grande fiaccolata finale in onore della Madonna ci ricorda come, la luce della fiaccola votiva che arde viva, sia un simbolo di fede, di amore e di speranza.
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UNA STORIA CHE NON SI FERMA AD EBOLI.
ANNA MENDOZA- DE SYLVA
Principessa di Eboli e Mileto, Duchessa di Francavilla
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di Vincenzo Ruperto
Questa è una dell’immagine d’Anna Mendoza- De Sylva tramandataci dal grande pittore spagnolo Sanchez Coello, duchessa di Francavilla.
Anna era nata il 29 giugno 1540 a Cifuentes-Guadalajara e morì a Pastrana, sempre nella Spagna, il 2 febbraio 1592.
Fu una delle donne, nel 1500, più affascinante dell’aristocrazia europea. La sua vita fu molto travagliata da vicende familiari e politiche. Nel 1505 suo nonno Diego Hurtado de Mendozza, appartenente alla nobilissima famiglia spagnola dell’Infantado, Grande Ammiraglio della flotta spagnola, ebbe in concessione da re Ferdinando I il Cattolico il contado, confiscato ai Sanseverino per l’adesione alla congiura dei baroni, di Mileto con i titoli di Principe e di Duca di Francavilla. Dopo la sua morte il feudo passò al figlio Diego (1503-1576), il quale, nonostante i quattro matrimoni, ebbe, come erede universale, l’unica figlia Anna, che nel 1553, all’età di 13 anni, si unì in matrimonio con Rodrigo (diminuitivo Ruy) Gomez de Sylva, segretario del Consiglio di Stato alla Corte di Filippo II di Spagna.
La famiglia Gomez de Silva, appartenente alla media aristocrazia portoghese, era giunta nella Spagna al seguito della Principessa Isabella sposa di Carlo V. Ruy fu amico d’infanzia del Principe Filippo( futuro re Filippo II). L’amicizia fu ripagata generosamente. Infatti, come reggente di Spagna, il Principe gli aveva affidato vari compiti diplomatici, facendolo così conoscere nelle corti europee. Accompagnò lo stesso Filippo nel suo gran giro nel centro Europa e nei Paesi Bassi tra il 1548 e il 1551, meritandosi, per la sua bravura, la ‘Encomienda’ dell’Ordine Militare di Calatrava. Fu lo stesso Filippo a propiziare il matrimonio con Donna Anna de Mendozza - de la Cerda. Nel 1554 accompagnò Filippo in Inghilterra per il suo matrimonio con Maria Tudor. In quell’occasione strinse grande amicizia con Eraso, segretario particolare di Carlo V. Nel 1556 Filippo divenne re e nominò Ruy ed Eraso come suoi segretari particolari. Dopo la pace di Cateau- Cambresis, per i servizi resi come uomo di sua fiducia, re Filippo gli concesse il feudo di Eboli, nel Regno di Napoli, con il titolo di Principe. Dal matrimonio con Anna Mendozza nacquero due figli, Rodrigo e Diego. Con la nomina di Ruy a Principe di Eboli, Anna de Mendozza , per quanto concerne il Regno di Napoli, aggiunse ai suoi già posseduti titoli di Principessa di Mileto e Duchessa di Francavilla anche quello di Principessa di Eboli. Intanto la vita di Corte divenne più frenetica ed intrigante. L’ascesa di Ruj Gomez de Sylva alle alte cariche del Regno suscitò la rivalità di altri aristocratici come il Duca d’Alba. La famiglia Gomez De Silva-Mendozza venne considerata tra le più influenti tra quelle aristocratiche del tempo. Una famiglia appartenente sempre alla Casa dell’Infantado, con diramazioni familiari molto potenti in Europa e nei nuovi stati dell’America. Il re Filippo fu sempre attratto dal fascino della Principessa Anna, anzi, secondo alcuni protagonisti del tempo ebbe, rapporti intensi rapporti amorosi. Nella corte contava molto e non si fece scrupoli a sprigionare la sua irresistibile femminilità per accrescere più amicizie possibili, ma influenti. Aveva uno scopo ben preciso ed ambizioso: arrivare a procurare un trono al figlio secondogenito Diego, da lui preferito al primogenito Rodrigo. Gli eventi storici andarono in direzione diversa dai suoi desideri. Il figlio prediletto moriva nel 1598 senza alcuna conquista di regni, nemmeno di feudi o cariche politiche importanti, mentre il primogenito Rodrigo fu molto attivo e uomo di grande elevatura politica, diventando Vicerè di Portogallo. Quel volto, magistralmente ritratto dai maggiori pittori dell’epoca, con quella elegante benda sull’occhio destro mancante sprigionava fascino ed un alone di mistero e dolcezza amorevole. Alcuni sostenevano che l’occhio fu perso nell’età infantile per malattia o infortunio, altri sostenevano che l’occhio fu perso in seguito ad una caduta da cavallo. Alcuni storici non escludono che l’occhio sia stato perso per un gioco sadico fatto dal figlio primogenito del re, quasi coetaneo di Anna. Questi si divertiva ad arrecare sevizie ai bambini e alle bambine, un vero folle maniaco, fatto incarcerare dal genitore e morto all’età di 22 anni.
Intanto il figlio Rodrigo rivendicò il diritto di primogenitura per il possesso dei titoli nobiliari e del feudo di Mileto in Calabria. Ottenne il diritto di fregiarsi del titolo di Duca di Francavilla, unico titolo nobiliare che poteva vantare in quel momento, essendo stato concesso detto titolo, con ‘amplissimo Privilegio’, dal re Carlo V a D. Diego Hutado de Mendozza(I Duca di Francavilla) e suoi eredi primogeniti. La Principessa Anna ebbe , pertanto, riconosciuto il titolo di Duchessa di Francavilla( come suo padre ed eredi primogeniti, anche se in seguito re Filippo II estese la concessione di tale titolo nobiliare agli eredi non consanguinei).La Principessa e Duchessa Anna Mendozza- de Silva- de la Cerda, divenuta vedova, si innamorò seriamente di Antonio Pèrez, consigliere del re, e lo difese con tutte le sue forze quando venne accusato di aver ucciso Matteo Vasquez, suo avversario politico. Il re Filippo , forse spinto da un raptus di gelosia, la fece imprigionare, ma in seguito alle varie lagnanze provenienti da influenti aristocratici spagnoli, portoghesi, napoletani e di altre nazioni europee la fece liberare con un falso atto di clemenza. Fu confinata , come sua prigioniera, nel suo feudo di Pastrana, dove esisteva il Convento di Santa Teresa d’Avila. Decise di farsi monaca (Coello la ritrasse anche nelle vesti di suora). Ben presto però si accorse che la vita di clausura non era fatta per lei e, coerente con la sua coscienza, lasciò il Convento isolandosi tra le mura del suo castello. Donna Anna si sentì sola ed i ricordi della sua vita nella corte reale, con i sui amori e le sue amicizie, la portarono in uno stato di prostrazione tanto grave da farla morire all’età di 52 anni. Anna Mendoza non è accertato, storicamente, che sia venuta di persona a visitare i suoi possedimenti nel Regno di Napoli (Principato di Eboli, Mileto e Ducato di Francavilla), ma ebbe contatti epistolari con autorità cittadine e religiose, attraverso i suoi governatori. Personalmente presenti furono invece il nonno, il padre, il figlio Rodrigo ed altri eredi sino alla fine 1700. Il fascino di questa nobildonna fu attrazione di artisti ed intellettuali anche moderni. Federico Schiller e Giuseppe Verdi la tennero ben presente nel loro Don Carlos. La cinematografia le dedicò un Kolossal girato nel 1554. La scheda del film si può così riassumere: Titolo: La Principessa di Mendoza, titolo originale That Lady, altri titoli Esa Senora/ La Princesa de Eboli/ . Durata 100 minuti. Origine Gran Bretagna/ Spagna. Formato colore cinemascope/ Deluxe 35 mm. Genere drammatico/sociale, tratto dal testo teatrale e romanzo ‘For one sweet grape’ di Kate O’Brien. Produzione Sy Bartlett per Atlanta Film. Distribuzione Fox. Regia Terence Young. Attori: Olivia de Hallivand: Anna de Mendoza. Gilbert Roland : Antonio Perez. Paul Scofield: Re Filippo. Fancoise Rosay: Bernardine. Dennis Price: Matteo Vasquez. Anthony Dawson: Don Inigo. Christofer Lee: Capitano. Fernando Sancho e Josè Nieto: Don Escovado. Peter Illing: Diego. Robert Harris: Cardinale. Soggetto: Kate O’ Brien. Sceneggiatura: Anthony Veiller e Sy Bartlett. Fotografia Robert Krascker. Musiche John Addison. Trama: Anna de Mendozza è andata in sposa a Rodrigo Gomez de Sylva, principe di Eboli e primo ministro del re di Spagna Filippo II, il quale segretamente è innamorato dalla donna che lo attrae con la sua irresistibile femminilità. Anna rimane presto vedova e perde l’occhio destro in seguito ad un incidente di caccia. La donna di innamora di Antonio Perez, consigliere del re, e lo difende strenuamente quando viene accusato dell’assassinio di Matteo Vasquez suo avversario politico. Il re, spinto dalla gelosia, la fa imprigionare e poi la rinchiude in convento. Anna si sente una donna ormai perduta e cerca di salvare suo figlio Diego dall’ira del re.
La storia documentata proseguirà prossimamente con la pubblicazione di
FRANCAVILLA- BORGO DUCALE- Dalla congiura dei baroni all’ira funesta del 1783-
Di Vincenzo Ruperto.
Francavilla Angitola -Dopo il terremoto del 1783 la Famiglia de Mendoza-De Sylva donò alla comunità i ruderi rimasti del prestigioso castello perché venisse edificata la nuova Chiesa di San Foca Martire.
Veduta della parte orientale. Si nota l’originaria struttura non distrutta dai terremoti che colpirono duramente la Calabria tra il 1638 e il 1783. Il Castello più antico sembra sia stato edificato su una esistente rocca difensiva normanna ( Fortezza o Castello ‘a getto’). In seguito fu dotato di fossi, di cinta muraria e di torri distanti tra di loro circa trenta metri. Il borgo prossimo al Castello ebbe le sue mura di cinta simili a quelle del Castello, alte non meno di cinque metri . Il Castello di Francavilla fu ritoccato sotto il Ducato di Diego Mendoza, adeguandolo alle esigenze della sua utilità ed al ruolo sociale del suo possessore. Fu ampliata la sala per le attività amministrative e giudiziarie, furono realizzare celle carcerarie, e più ampi locali per i depositi delle derrate alimentari. Fu la sede della Camera Ducale, dei suoi governatori, dei giudici, degli erari e delle guarnigioni militari. A piano terra si notano ancora gli archi a forma di semiluna delle porte, ora murate, dei locali adibiti a stalle o a ‘magazzèni’ per le vettovaglie. C’ è da notare che i Castelli e le Torri, dopo la scoperta della polvere da sparo, furono edificati rendendo agibili ed abitabili le parti poste a livello del terreno circostante, dotandole di numerose feritoie , ancora visibili, che rappresentavano un valido strumento di difesa ed offesa.
Francavilla- Veduta del Borgo Medievale e del Castello da sud
Panorama di Pastrana/ Spagna. Città dove morì Anna Mendoza- De Sylva
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IN OCCASIONE DEL LIBRO DI FOCA ACCETTA
IL SERPENTE E IL DRAGO-RESOCONTI 1904-1927-
di Vincenzo Ruperto
Ho letto con piacere l’ultimo lavoro di Foca Accetta‘ Il serpente e il Drago, Resoconto 1904-1927’, con piacere e ammirazione per la narrazione scorrevole ma densa di apprendimenti da lui prodotti su una raccolta di fonti storiche, all’apparenza non troppo importanti se non prive d’interesse, che riguardano la comunità francavillese. Reputo invece che queste fonti sono di grande interesse per chi vuole realmente conoscere la storia di un paese, sia recente sia enormemente passata, e sarebbe pretestuoso, se non ipocrita, disconoscere la loro grande importanza. Foca Accetta ha prodotto un lavoro encomiabile, da vero ricercatore storico e non da dilettante bramoso di farsi notare nel firmamento dei tanti “scrittori” di storia locale.
Foca Accetta ha prodotto numerosi libri che, partendo dalla storia locale, hanno profuso l’odore della storia calabrese con proiezione anche a livello nazionale. La crisi del mondo d’oggi non risparmia la cultura nelle sue varie diramazioni, è una crisi profonda, dove meritevoli scritti cadono nell’oblio perché la società è proiettata verso l’effimero, l’ignoranza di andata e ritorno dilagante in questo mondo di ‘pseudo acculturati’, ma titolati- è ciò che maggiormente conta-. Sono d’accordo con lo incipit del libro:’profumo del tempo intriso di…’, il mio commento è tutto in quei fiori che sbocciavano sui campi della nostra comunità all’inizio del 1900, quando gli eventi storici nazionali, le epidemie endemiche, le crisi economiche laceranti avevano prodotto tanti lutti e desolazione nelle famiglie, causando un vivere doloroso come se fosse una fatalità dalla quale non si poteva uscire, non è stato così perché la comunità ha saputo creare occasioni e momenti per uscire dall’oscurità, Ed ecco i festeggiamenti in onore del santo Patrono, ecco la breve e intensa parentesi che univa la comunità in tutti i suoi ceti, cosa che si risconta anche oggi secondo l’usuale e feconda tradizione con i pochi abitanti residenti e i tanti emigrati per le vie del mondo, solo che allora vi era una fiorente economia agricola che produceva lavoro favorendo un circuito positivo con il mondo delle arti e professioni, oggi invece si vive in un mondo sconvolto dove quasi si viene a perdere quell’identità francavillese (riscontrabile forse in qualche sala museale. Meglio di niente.) Non sono uno storico e non voglio minimamente essere sfiorato dal pensiero di indorarmi con le penne…di qualche pavone. Sono un semplice lettore, ma un grande amante della cultura con tutte le strade, viuzze, rughe e ‘rughine’, un raccoglitore di memorie e fonti storiche che non vuole nascondere nei cassetti di qualche buia stanza…quello che ho lo do volentieri a chi meglio di me può trasmetterlo ad altri.
Non voglio farla lunga, segnando con l’evidenziatore ciò che mi piace o non mi piace, …il mio commento è solo…. totale e piena condivisione.
Il libro di Foca Accetta si ferma, con i resoconti della festa di San Foca, all’anno 1927. A tal riguardo mi corre l’obbligo di proseguire, con la documentazione scritta e orale, oltre il detto anno.
Il 16 marzo del 1929 si esibì per la prima volta, a un funerale, la banda municipale di Francavilla diretta dal maestro Majolo di Filadelfia. Evento culturale indubbiamente tra i più importante di allora e di oggi.
Il maestro Majolo, oltre che valente conoscitore dell’arte musicale, era anche un rimatore ‘spietato’ di composizioni poetiche ben fatte per colpire i suoi avversari.
Ecco come annunziò l’esordio della banda:
‘Lu sìdici de Màrzu do 29
nescìu na bànda nòva
a nu mortàggiu,
o làmpu mu li stòcca
chi coràggiu…’
Come il solito, atavico retaggio dei francavillesi, pur essendo in periodo dittatoriale fascista, non mancarono le inimicizie e le lotte tra le varie famiglie camuffate dalla solita irriverente politica paesana. Allora non esistevano elezioni comunali o partiti politici, il partito era uno solo (quello fascista) e le cariche ambire erano quelle del Podestà e del segretario di partito. Il Podestà era chi amministrava il comune, naturalmente coadiuvato da qualche impiegato e principalmente dal segretario comunale, in molti casi più importante dello stesso Podestà. Il segretario del partito era anche molto influente, doveva vigilare sull’attività dei ‘sudditi’, doveva propagandare la politica fascista (in verità a Francavilla non troppo efficace per la bontà nota dei ricoprenti tale carica, figuriamoci il dott. Vincenzo Servelli che non fu mai capace di far del male neanche a una mosca), sull’ordine pubblico (non tanto vigilato per paura di qualche pistola o fucile fumante che non mancarono). La vita comunitaria andava avanti con il lavoro dei campi, con i lutti e le gioie (specialmente amorose, come ricorda Vittorio Torchia nel suo libro ‘Il Paese del Drago’), con l’allevamento nelle pubbliche vie di galline e anche maiali che deliziavano il decoro urbano. Non vi erano allora allacci di acqua potabile nelle singole case, solo pubbliche fontane; qualche famiglia aveva l’allaccio alla fognatura e verso il vespero si vedevano schiere di donne con lo ‘Zipèppe’ sulla testa che andavano a divacare…..le timpe erano le più preferite. L’illuminazione insufficiente addirittura.
Mancante in certe zona rendevano pericolosa l’uscita notturna, solo qualche giovane ardente si avventurava, armato, a osare per qualche incontro galante ora vi sono altre sicurezze… e altre più comode occasioni sia comunicative, tipo FB o altre diavolerie del genere, si di libero movimento, tipo cavalli delle auto e altro…..).
In questo clima anche il maestro Majolo, nonostante fosse ‘ciunco’, non deambulante, si deliziava con ricche ‘tavolate con sazìzzi e supprassàte’ e qualche Maddalena non pentita….
Il ‘de otio’ del maestro non faceva decollare la bravura dei tanti allievi-musicanti. Si pensava di farla esordire in occasione della festa di San Foca, mese di agosto, ma la commissione ad hoc istituita decise di far venire una banda di altro paese, secondo la tradizione. Allora le bande musicali erano ben seguite e il pubblico era un po’ esigente, specialmente il pubblico dei più agiati. Era il comune, come giustamente detto nel libro di Foca Accetta, a tenere i conti per le spese da sostenere e sostenute. Il maestro Majolo e alcuni musicanti locali cominciarono…a battagliare, sostenendo che la banda era preparata per il debutto. Non fu d’accordo con lui uno dei principali artefici della formazione del complesso bandistico, don Vincenzino Grillo. Apriti cielo…cominciarono le roventi invettive del Maestro, gridando al complotto contro la sua persona.
Gli artefici del complotto, a suo parere erano le famiglie di don Francesco Grillo, del dott. Vincenzo Gulli, di don Vincenzino Grillo tra di loro parenti, e il cav. Vincenzo Solari, amico solidale dei Grillo (allora esattori). Il Majolo faceva discendere l’atteggiamento dei Grillo, dei Gulli e del cav. Solari, perche i primi erano in combutta con il farmacista Rondinelli di Filadeflia, cognato del dott. Vincenzo Gulli.
Le armi usare dal Majolo furono le roventi ‘poesie’ d’amore fatte circolare a Francavilla sia Filadelfia.
Ed ecco le armi usate (amorevolmente raccolte dal sottoscritto da fonti orali).
Contro il Cav. Vincenzo Solari:
‘Conosco un barbagianni
in questo letamaio,
che succhia da tanti anni
l’inchiostro al calamaio.
O popolo paziente,
non ti risorgi ancora
l’esoso prepotente
mandarlo alla malora.
Se avesse ancor vissuto
Il nobile Scipione
avrebbe reso muto
questo vile barbettone.
Contro il farmacista Rondinelli cognato del dott. Gulli:
‘Faccia de zìmmaru, stuòrtu ‘e natùra,
sì pe’ li gràvidi brùtta figùra.
Nd’avìmu vìstu ‘e sì tìpi fìni
sùpa li scàtuli de li cirìni.
Rachìticu nascìsti e straformàtu,
ripàru non si tròva chiù pe’ ttìa
Quant’èra miègghiu ‘u mi dàssai stàra,
io era cuòmu nu càna chi dormìa
e s’avìa ncun’àtra còsa de pensàra
‘u sàpa sùlu ‘a crìsi da càsa mìa
Ma mò chi mi jettàsti sa virgàta
ca de bòtta mi fìcia rivigghiàra,
io pròntu ti jettài na muzzicàta
‘u vìju si ti puòzzu avvelenàra.
Pungente e spietàto nei suoi versi non tanto però diffusi tra la gente. (Parte prima)
Vincenzo Ruperto
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“Quando c’era il Pci”
Convegno a più voci al Sistema bibliotecario vibonese – 28 aprile 2006
Presso il Sistema bibliotecario vibonese, ubicato a Palazzo Santa Chiara a Vibo Valentia, il pomeriggio del 28 aprile si è tenuto il Convegno “Quando c’era il Pci - Protagonisti raccontano, dalla fondazione allo scioglimento”.
Il convegno è stato promosso ed organizzato da Amerigo Fiumara, con l’adesione del Comune di Francavilla Angitola, dell’Anpi, della Cgil, della Fondazione Gramsci Emilia-Romagna, della Fondazione Lelio e Lisli Basso Issoco, della Fondazione Berlinguer di Crotone e dell’Associazione Intersezioni Culturali di Vibo Valentia.
«L’assise – secondo il suo principale promotore Amerigo Fiumara - vuole essere una riflessione a più voci, nonché un’occasione di dibattito, sulla storia del Pci e del suo posizionamento — ideologico e culturale a livello nazionale ed internazionale, sui suoi rapporti col mondo cattolico e con la sinistra extraparlamentare, sulle sue idee rispetto ai temi del lavoro e della democrazia, sul suo rapporto con la Calabria».
I lavori sono stati coordinati da Gilberto Floriani, direttore del S.B.V. Dopo l’introduzione dell’ Ing. Amerigo Fiumara, e i saluti del sindaco di Francavilla Angitola, Antonella Bartucca, il convegno si è aperto con la relazione di Aldo Agosti, professore emerito di Storia contemporanea presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Torino, dal titolo “Dieci tesi sul Pci: un’interpretazione storica”. Il PCI nacque per promuovere in Italia una rivoluzione analoga a quella avviata in Russia nell’ottobre 1917, ma il 1921 in Italia non era assolutamente il momento propizio per realizzarla. Rispetto agli altri partiti di opposizione al fascismo il PCI si distinse per il suo forte legame ad una organizzazione sovranazionale come l’Internazionale comunista. Con l’avvento della repubblica nel 1946 il processo di emancipazione e di legittimazione del PCI come movimento autenticamente democratico fu assai rallentato per i suoi forti legami con il PCUS. La svolta democratica, con il cosiddetto “eurocomunismo”, si realizzò quando Enrico Berlinguer divenne segretario del PCI.
La seconda relazione “Pci e Urss: spunti di storia globale del comunismo” è stata svolta da Andrea Borelli, giovane ricercatore e storico del socialismo.
Il prof. Michele De Luca, ricercatore, scrittore e saggista ha svolto la terza relazione “Pci sinistra extraparlamentare”.
Esaurite le tre relazioni principali del convegno, sono iniziati gli interventi di testimonianza sviluppati specialmente sulle caratteristiche specifiche che il partito comunista ha avuto in Calabria nel secondo dopoguerra, dopo l’avvento della repubblica e la promulgazione della Carta costituzionale, promuovendo con il Ministro calabrese Fausto Gullo la riforma agraria, seguita dalle lotte contadine contro i latifondi (fatti di Melissa) e dal contrasto alle mafie e alla ndrangheta in tanti paesi della Calabria.
Learco Andalò, già segretario del PSIUP a Bologna ha sviluppato il tema “ Dal PSIUP al PCI, (Atti del convegno nel 50° del PSIUP)”.
Giuseppe Corigliano, già sindaco di Rocca di Neto e presidente Fondazione “ E. Berlinguer” ha trattato “Il PCI nel Crotonese”.
Giuseppe Cristofaro, presidente della Fondazione “Vincenzo Padula” di Acri ha svolto l’argomento “Il PCI ed il mondo cattolico”.
Franco Daniele di Dinami ha sviluppato il tema “Dal PCI a Rifondazione Comunista – Il compagno Cossutta”.
Costantino Fittante, già Sindaco di Sant’ Eufemia Lamezia e deputato del PCI ha raccontato la sua personale testimonianza sulla nascita della nuova Città calabrese: “Il PCI e la fusione di Lamezia Terme”.
Franca Fortunato, un tempo Segretaria Federbraccianti e Segretaria Provinciale CGIL di Catanzaro, nonché madre del relatore Andrea Borelli, ha ricordato con particolare passione la sua personale esperienza di “Donna nel PCI”.
L’ on. Giuseppe Lavorato, deputato del PCI e già Sindaco di Rosarno, ha sviluppato il tema “Il PCI per il lavoro e la democrazia contro le mafie” .
Mario Paraboschi ha focalizzato il suo intervento sul tema: “La struttura del PCI”
Il dott. Gino Ruperto, di Francavilla Angitola, da giovane studente nel Liceo “Fiorentino” di Nicastro aderì con entusiasmo al movimento comunista, che nel Lametino contava su esponenti molto qualificati, come il senatore Scarpino, i professori Francesco e Italo Reale, e Graziella Riga, futura deputata al Parlamento. Trasferitosi successivamente a Roma, Gino Ruperto ebbe modo di incontrare e di conoscere nella capitale tanti calabresi militanti nel PCI, che ha voluto ricordare nel suo intervento, giustamente intitolato “Comunisti calabresi a Roma”.
Gianni Speranza, già Sindaco di Lamezia Terme, nel suo intervento a braccio ha voluto ricordare un momento esaltante della sua militanza giovanile nel PCI, parlando di “ Ingrao ed il suo rapporto con la Calabria”.
Pasquale Zanfino, già Sindaco di Acri (1992-1998), ha rievocato le lotte politiche e sociali combattute ad Acri, il “cuore rosso” della Calabria, al seguito di colui di cui è considerato erede, cioè del Sindaco Angelo ROCCO, e perciò il suo intervento ha avuto per titolo “Il PCI ad Acri – il Sindaco Rocco”.
Il convegno è stato trasmesso in diretta streaming a cura del sito www.francavillaangitola.com. di Giuseppe Pungitore.
Una breve prolusione riassuntiva del prof. Aldo Agosti ha concluso i lavori.
La mattina del 29 aprile gli ospiti, prof. Aldo Agosti e Dott.re Learco Andalò, hanno visitato la costa degli Dei è nel pomeriggio presi dalla curiosità suscitata loro dal libro di Amerigo Fiumara, hanno voluto visitare la nostra Francavilla rimanendo affascinati del paese in genere ed in particolare della zona dei “ruderi” medievali. Dove hanno voluto farsi una foto a ricordo di questa visita, era presente la Dot./ssa Rosaria Campioni sovraintendente a i beni culturali oggi in pensione.
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QUANDO C'ERA IL PCI
Protagonisti raccontano dalla fondazione (95°) allo scioglimento (25°)
Giovedì 28 Aprile 2016, Palazzo Santa Chiara, VIBO VALENTIA, ore 15.30
A Livorno la parte migliore, più combattiva della classe operaia e delle masse popolari del nostro paese, sull’onda della prima rivoluzione socialista della storia, nel clima generale di grandi cambiamenti, con slancio e determinazione, il 21 gennaio 1921 dava vita al Partito Comunista d’Italia e rompeva con il vecchio riformismo e con il massimalismo. Oggi ricordare il Pci non è nostalgia, ma un riconoscimento della parte migliore della Storia del nostro paese; la storia del Partito comunista in Italia è, infatti, la storia della Resistenza, delle lotte contadine e operaie, delle lotte studentesche. E’ la storia di tanti diritti conquistati e di grandi progressi compiuti per l’emancipazione e il riscatto delle masse popolari. In quella storia sono presenti insegnamenti fondamentali per l’oggi e per il domani. La fase che il Paese sta attraversando è tra le più drammatiche, il lavoro ed i saperi sono attaccati duramente ogni giorno e la democrazia vive un restringimento oggettivo. Per questo nel ricordare QUANDO C'ERA IL PCI, proponiamo un impegno e un’iniziativa che vale per l’attualità ma soprattutto per il futuro di questa società in particolare per Calabria. In questo quadro "L'evento, ideato e promosso dal compaesano Amerigo Fiumara, che si svolgerà il 28 Aprile 2016 alle 15.30 nei locali del Sistema Bibliotecario Vibonese, sarà l' occasione per una seria riflessione in chiave storica su: QUANDO C'ERA IL PCI.
La statura degli studiosi che interverranno, venendo da Torino (Aldo Agosti), Roma (Michele De Luca), Firenze (Andrea Borelli), Bologna (Learco Andalò), e le testimonianze di numerosi protagonisti calabresi che hanno avuto ruoli di grande rilievo, anche a livello nazionale, sono garanzia per la riuscita dell'iniziativa che è finalizzata a lasciare una traccia di certezze su quanto il PCI ha rappresentato, in Italia ed in Calabria, nei suoi 70 anni di storia.
Rivolgiamo gli auguri di buon lavoro agli amici francavillesi : Gino Ruperto ed Amerigo Fiumara che parteciperanno al convegno quali protagonisti, al Direttore del Sistema Bibliotecario Vibonese Dott. Gilberto Floriani per il sostegno della sua struttura culturale all'iniziativa e al Sindaco di Francavilla Angitola Avv. Antonella Bartucca .
Noi del Sito www.francavillaangitola.com garantiremo la diretta streaming per consentire, a chi non potrà essere fisicamente presente, di seguire i lavori da ogni dove.
18-4-2016
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Il Serpente e il Drago, resoconti di una festa agli inizi del '900
Il nuovo libro di Foca Accetta
- Ottantasei pagine che sono uno scrigno, un vero e proprio tesoro utilissimo nella ricerca antropologica culturale, un elemento prezioso per farci comprendere il "necessario", il cosa serviva, agli inizi del secolo scorso, per preparare una festa di paese in onore del santo patrono. Autore del volume "Il serpente e il drago, resoconti 1904 -1927 Festeggiamenti in onore di San Foca Martire, Patrono di Francavilla Angitola" è il ricercatore Foca Accetta, pubblicato per i tipi di Paprint - Libritalia.net di Jonadi. Nelle pagine del libro, riccamente illustrate, una serie di liste, suddivise per anno, conti delle entrate e delle uscite, rendiconti e resoconti minuziosi delle spese effettuate, delle uscite che specificano voci di ogni tipo, vere curiosità che oggi diventano preziosi spunti per capire, in modo più profondo, la realtà del tempo. Il volume di Foca Accetta è un utile strumento per chi si occupa di antropologia culturale e tradizioni popolari, l'autore, attraverso la presentazione di inediti documenti, analizza il rapporto fiduciario instaurato ab immemorabili tempore tra la comunità di Francavilla Angitola e San Foca Martire. Dagli scritti si desume che in quel tempo in chiesa si vendevano "paste, figure e voti", oltre le classiche immaginette di San Foca vi era la vendita di ex voto, dolci rituali e votivi. Le spese più notevoli riguardavano il compenso per l'allora innovativo "Cinematografo", per i fuochi artificiali e per le bande musicali. Tra il 1904 ed il 1927 a Francavilla Angitola suonarono sul palco allestito in piazza, e lungo le strade del paese, la banda di Nicastro, il concerto musicale di Villa San Giovanni, Paola, Tropea, Serra San Bruno, poi ancora Nicastro, Platania, Curinga, Marcellinara, Galatro, San Nicola da Crissa, San Pietro a Maida, Filadelfia, Cortale, la fanfara di Monterosso, la musica di Soriano Calabro ed i musicanti di Bagnara Calabra. Un trattamento particolare veniva dato al maestro o capobanda che riceveva anche un regalo in danaro definito "complimento". La banda oltre al compenso aveva diritto anche ai letti o pagliericci per i musicanti, il trasporto degli strumenti e del vestiario, alla corriera per il maestro e sottomaestro, i complimenti alla musica, il vitto e liquori. Le voci riguardanti la musica evidenziano anche zampognari, pifferai e tamburinari. Nel 1905 arrivano in paese tre zampognari di Monterosso, tre tamburi di Longobardi ed altri due tamburi locali di Francavilla. L'anno successivo ritroviamo una zampogna e acciarino di Maierato e quattro tamburinari. Nell'inedita lista ci sono poi i compensi per i fochisti e suoi discepoli, per fuochi artificiali, bombe, bajocchi e mortaretti per la festa, furguli e razzi per la novena, per il paratore e per gli apparati scenografici in chiesa. In quegli anni a Francavilla sono presenti famiglie storiche di fuochisti come gli Arena di San Pietro a Maida ed i Caracciolo di Cessaniti, più di 2200 i colpi esplosi per ogni festa. L'alto albero della cuccagna veniva allestito ogni anno, vi era poi l'illuminazione con le centinaia di lampade colorate a gas acetilene e le ville con i lumaricchi ad olio. Dagli scritti risultano anche tutte le minuterie che servivano per gli allestimenti in paese, il ferro filato, le canne, la corda, la canapa e lo spago, i punti di Parigi ed i puntini, le travi per i palchi ed i pali per i fochisti, mani di caciocavallo per la riffa (1913), la cera a chili e l'incenso, e poi marsala, anissetto, vermout ed altri liquori, vino, caffè e granite per la banda, per clero, paratori, fochisti ed altri ospiti arrivati a Francavilla. Per la stampa delle immaginette religiose si contano 3000 figure grandi ed 800 piccole nel 1904 in totale fino al 1927 vengono stampate circa 40.000 figuri, immaginette molte volte stampate presso la tipografia Apicella di Napoli, distribuite o vendute in chiesa, inviate all'estero ai francavillesi emigrati oltreoceano... Tirature di stampa davvero importanti per quell'epoca che testimoniano una devozione popolare forte presente a Francavilla Angitola, una venerazione grande per il loro grande santo, per il loro San Foca Martire patrono di Francavilla Angitola e di tutte le Francavilla Angitola sparse per il mondo.
Franco Vallone
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IL SERPENTE E IL DRAGO NUOVO LIBRO DI FOCA ACCETTA
Resoconti 1904-1927. Festeggiamenti in onore di San Foca Martire Patrono di Francavilla Angitola (Paprint,Libritalia.net, Ionadi 2016) è il titolo del nuovo libro di Foca Accetta, autore di numerose pubblicazioni di storia socio-religiosa della Calabria, pubblicato grazie sostegno finanziario dell’ingegnere Amerigo Fiumara.
In questo volume, avvolto in una elegante veste tipografica – il frontespizio ripropone un dipinto di autore ignoto del secolo XVIII, sistemato sul soffitto della navata centrale della chiesa, raffigurante il Martirio di San Foca – l’autore analizza e documenta il rapporto fiduciario instaurato ab immemorabili tempore tra la comunità di Francavilla Angitola, conosciuta come il Paese del Drago, e il suo patrono San Foca Martire, invocato contro i morsi venefici dei Serpenti.
L’analisi si basa su una serie di documenti inediti conservati nel Museo dell’Identità, ospitato nei locali di palazzo Mannacio in Francavilla.
In particolare sono esaminati e pubblicati una delibera del 17 aprile 1881, con la quale l’Amministrazione Comunale confermava San Foca Martire protettore di Francavilla, istituiva in suo onore la festa patronale nella seconda domenica d’agosto e nominava i componenti della “procura”, cioè i soggetti che si adoperavano ad organizzare i festeggiamenti, e i resoconti della festa agostana, redatti dai “procuratori”, relativi agli anni compresi tra il 1904 e il 1927.
Come sottolinea l’autore, tali documenti sono «unici nel loro genere e utili per un’analisi storica e antropologica delle feste religiose popolari», perché «sottolineano il lavoro svolto dei procuratori, il contributo dei devoti e la partecipazione del clero; evidenziano le sinergie messe in campo che, superate le teoriche e concentriche divisioni esistenti nella comunità (la famiglia, la parentela, la “ruga” e i quartieri dell’abitato), trovavano un punto d’incontro, la coesione identitaria all’interno e all’esterno dei confini del paese, nella figura Santo Patrono, venerato con tutta la solennità che l’occasione richiedeva nel giorno della festa».
L’azione di recupero e di valorizzazione della «identità religiosa» di Francavilla, promossa alla fine dell’800 dall’amministrazione comunale in sintonia con le autorità ecclesiastiche, non si concluse con l’approvazione della delibera del 1881, ma continuò attraverso la realizzazione di altre iniziative volte ad incrementare il culto e la devozione, cioè la pubblicazione di un volume postumo di Onofrio Simonetti (1794-1864) intitolato Cenno biografico sovra l’antiocheno Martire S. Foca, tipografia Raho, Monteleone 1892; la richiesta alla Congregazione dei Riti di una messa particolare, concessa nel 1884; la riproduzione dell’immagine di San Foca presso la tipografia Apicella in Napoli e la litografia Sauer-Barigazzi di Bologna; la realizzazione di quadri e statuette votive. Conseguentemente il culto di San Foca si radicò ulteriormente anche paesi limitrofi, e influì positivamente sull’economia locale, per l’afflusso di fedeli e l’istituzione di una fiera d’animali e merce varie.
In conclusione il lavoro di Foca Accetta, corredato da una appropriata appendice fotografica, costituisce non solo un ulteriore tassello nella ricostruzione della storia di Francavilla e dei lineamenti della sua identità religiosa e comunitaria, ma anche un serio contributo storiografico a beneficio di chi si occupa di antropologia e di feste popolari.
Marzo 2016
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"I SAPONI DI ZIA AMELIA"
Il progresso e la modernità vanno avanti, ma ecco che per motivi diversi a volte si ritorna al passato.
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SOLENNE TRASLAZIONE DELLA SACRA EFFIGIE DI SAN FRANCESCO DI PAOLA
NELLA CHIESA DI SANTA BARBARA SITA NELLA BASE NAVALE DI MESSINA
Venerdì 1° aprile 2016 nella base navale della “Falce” di Messina si è svolta una suggestiva cerimonia in onore di San Francesco di Paola; questa è stata la prima, in ordine cronologico, solenne manifestazione religiosa, militare e civile celebrata per il 600° anniversario (27-3-1416) della nascita di Colui che per santità e carità sarebbe poi stato proclamato Patrono della Gente di Mare, Patrono della Calabria e Compatrono della Sicilia. L’evento religioso ha avuto degna cornice nella chiesa della Base di Messina, intitolata a Santa Barbara, e affidata alle cure del Cappellano Tenente di Vascello Don Andrea Di Paola. Pertanto il Comandante della VI Squadriglia Guardia Costiera, Capitano di Vascello Paolo Zumbo, e il Rettore Cappellano A. Di Paola han voluto effettuare la solenne traslazione, all’interno della chiesa restaurata, dell’effigie di San Francesco, che costituisce l’emblema itinerante della Festa della Gente di Mare. Il sacro emblema è stato affidato il 18-07-2015 alla VI Squadriglia perché lo tenga in custodia fino al luglio 2016, quando verrà consegnato al Sindaco di Soriano Calabro, Comune scelto per custodirlo per il periodo 2016-17. Svolgendosi la manifestazione all’interno di un’area militare, il numero di persone convenute da fuori è stato necessariamente limitato; quasi tutti erano simpatizzanti o amici della Festa della Gente di Mare, il cui emblema veniva intronizzato nella chiesa di Santa Barbara. Al loro arrivo alla sede della VI Squadriglia gli invitati sono stati gentilmente accolti dal Com.te Paolo Zumbo e dal cerimoniere Capitano di corvetta Michele Niosi. E’ intervenuta alla manifestazione una delegazione ufficiale del Comune di Francavilla Angitola guidata dal Sindaco, Avv. Antonella Bartucca (con indosso la fascia tricolore), accompagnata dall’Assessore Angelo Curcio, dal Com.te Vigili Urbani Giulio Dastoli, da Maurizio Serrao che reggeva il gonfalone comunale. Era presente il Comitato organizzatore della Festa della Gente di Mare, con il presidente ing. Vincenzo Davoli, con Giuseppe Pungitore (fotografo e cameraman della cerimonia) accompagnato dalla moglie Concetta Ciliberti, e con Gianfranco Schiavone. Insieme ad essi, alcuni amici e grandi sostenitori della Festa della Gente di Mare: l’ artista ucraino Yuri Kuku, autore di un pregevole quadro raffigurante San Francesco intento ad attraversare lo Stretto, che il Comitato ha voluto offrire alla chiesa di Santa Barbara, a ricordo dell’odierna traslazione e del 6° centenario della nascita del Santo Paolano; il dott Giovanni Bianco di Lamezia Terme, Console del Touring Club Italiano per i Territori di Vibo Valentia e Lamezia Terme; l’avv. Giuseppe Pizzonia, Consigliere comunale a FrancaviilaAngitola; Maria Fiumara, laureanda francavillese con il fidanzato Eugenio Attisani di Roma, ma originario di Francavilla; da Pizzo, antico centro marinaro, i marittimi Giampaolo Villelli e Felice Monteleone. Sono appositamente venuti da Amantea e dintorni, in quanto fraternamente legati da un patto di gemellaggio con il Comitato Festa della Gente di Mare, i soci della locale Sezione A.N.M.I: Rocco Ragadale (padre del Ten. Vascello Antonello Ragadale, anch’egli presente come Com.te del pattugliatore “Fiorillo” e grande amico del Comitato), Maurizio De Carlo, Francesco Fiorino Cupolillo, guidati dal Cav. Giuseppe Cima, benemerito e attivo presidente della Sezione A,N.M.I. di Amantea. Alla suggestiva cerimonia di Messina non poteva mancare una scelta rappresentanza proveniente da Reggio Calabria e Catona: Il Padre Minimo Giovanni Cozzolino, Rettore del Santuario di San Francesco in Catona, e da molti anni operante di fatto come Assistente spirituale del Comitato che organizza la Festa della Gente di Mare, due rappresentanti della Consulta di Pastorale Giovanile Minima, la signora Carmen Marino e la segretaria Francesca Ranieri; il carissimo Luogotenente Matteo Donato, nato a Messina ma divenuto reggino jureuxoris; dulcis in fundo, l’Ammiraglio Francesco Ciprioti di Catona, autorevole rappresentante degli Ufficiali devoti a San Francesco di Paola sia nei ruoli della Guardia Costiera che in quelli della Marina Militare. Tra gli Alti Ufficiali presenti alla solenne cerimonia spiccava l’Ammiraglio Nunzio Martello, Direttore Marittimo della Sicilia Orientale nonché Comandante del porto di Catania; l’Amm. Martello, venuto appositamente dalla città etnea, e memore della sua personale attività svolta anche a Milazzo (sede dell’unico convento della Sicilia costruito proprio dal Santo Paolano) e nella città calabra di Crotone (Comandante della locale Capitaneria di Porto) era visibilmente compiaciuto di presenziare nella base navale della sua città natale ad una manifestazione in onore di San Francesco di Paola, organizzata per ribadire ed esaltare la fraterna amicizia fra la Gente di Mare di Sicilia e di Calabria, nella fausta ricorrenza del 6° centenario della nascita del Santo (1416-2016). Nell’organizzare l’evento il Com.te Paolo Zumbo non solo si è avvalso della collaborazione offertagli dai graduati, sottufficiali e Ufficiali della VI Squadriglia navale, ma è stato anche autorevolmente fiancheggiato dal Com.te Santo Giacomo Legrottaglie, capo del Nucleo Supporto Logistico della Marina Militare a Messina.
Radunati gli invitati nel piazzale antistante la sede della VI Squadriglia, dietro all’emblema di San Francesco (finora custodito nell’ufficio del Com.te Zumbo) e al nuovo quadro di Y. Kuku, appositamente dipinto per la festosa occasione, si è formato un corteo diretto alla chiesa di Santa Barbara. Il Cappellano Don Andrea ha rivolto cordiali parole di benvenuto agli ospiti provenienti dalla Calabria, ai vari esponenti delle altre Forze Armate di Messina intervenuti alla cerimonia (Marina Militare, Carabinieri, Guardia di Finanza), a tutti i presenti e ai familiari di quanti svolgono quotidianamente i loro uffici e servizi nella grande base navale di Messina. Quindi, benedicendo il quadro di Y. Kuku, consegnato dall’artista stesso e da Gianfranco Schiavone. ha impetrato la celeste protezione del Taumaturgo Paolano per chi lavora nella base navale e per quanti partono da lì per missioni marine di soccorso e salvamento. È stata anche accesa una lampada ardente ai piedi dell’Emblema di San Francesco di Paola, che, essendo un’icona itinerante, vi resterà fino al 16 luglio 2016, quando sarà trasferita a Soriano Calabro. Quindi Mons. Di Paola, coadiuvato da P. Giovanni Cozzolino, ha officiato la Santa Messa; nell’omelia Don Andrea ha rimarcato che la funzione si celebrava in un momento importante per i devoti al Santo Patrono della Gente di Mare, il 6° centenario della nascita (27 marzo 1416) e la vigilia della sua festa liturgica e del suo transito al cielo (2 aprile 1507). Come è uso nelle Messe celebrate dai Cappellani italiani, Don Andrea ha invitato i fedeli a pregare sia per Papa Francesco sia per l’Arcivescovo, Mons. Santo Marcianò, Ordinario militare italiano nato in Calabria e perciò devotissimo al Santo Paolano. Quindi P. Giovanni Cozzolino, accompagnato dalla segretaria della Consulta di Pastorale Giovanile Minima, Francesca Ranieri, ha donato al Comandante Paolo Zumbo, promotore della solenne cerimonia, un esemplare della medaglia commemorativa appositamente coniata dall’Ordine dei Minimi per il 6° centenario della nascita di San Francesco di Paola. Alla fine della sacra funzione il Sindaco di Francavilla Angitola, avv. Antonella Bartucca, ed il Com. te Zumbo, principale organizzatore della manifestazione nel suo ruolo di Comandante della VI Squadriglia navale, hanno rivolto ai presenti brevi messaggi di saluto e ringraziamento. Successivamente, nel salone d’ingresso del centro di Formazione VTMIS e Attività Specialistiche della Guardia Costiera è stato offerto ai partecipanti un distinto rinfresco, nel segno della sobrietà predicata dal Santo Paolano ai Minimi, ai frati e a tutti i devoti.
Post Scriptum. Alla solenne cerimonia nella base navale di Messina era presente un nome glorioso della Guardia Costiera italiana: Gianluca PISCARDI, decorato con medaglia d’oro al merito di marina. Nell’anno 2000 l’allora giovanissimo Sottocapo di 3^ classe NP, imbarcato sulla motovedetta CP 2049 del Locamare di Leuca (Lecce)fu protagonista di due sensazionali operazioni di assistenza e salvamento nel Canale d’Otranto. Nella prima operazione, agendo da solo nel mare in tempesta, salì a bordo della motonave “Diler”, abbandonata dall’equipaggio, e messosi al timone della motonave riuscì, superando mille rischi, a condurla in porto mettendo in salvo i 460 profughi che vi erano imbarcati. Nella seconda operazione il Sottocapo Piscardi e l’equipaggio della CP 2049 andarono in soccorso della motonave “Professor Kolesnikov” e, salvandola dal pericolo di naufragio, l’accompagnarono ad un porto sicuro, mettendo in salvo l’equipaggio e gli 877 profughi di etnia curda che erano stivati a bordo. Nel ricordare queste imprese di coraggio ed eroismo compiute dalla Med. d’Oro Gianluca PISCARDI, l’autore del presente articolo, Vincenzo Davoli, si rammarica, essendo quella mattina disturbato da un forte e fastidiosissimo raffreddore, di non aver potuto convenientemente avvicinare e salutare il decorato Piscardi, esprimendogli i doverosi elogi e congratulazioni a nome suo personale, del Comitato della Festa della Gente di Mare, e degli amici venuti nella base navale di Messina per assistere alla cerimonia fortemente voluta dalla benemerita Guardia Costiera.
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SETTIMANA SANTA
DOMENICA DI PASQUA RINNOVATO L’ APPUNTAMENTO CON LA “CUMPRUNTA” - Quest’ anno si è ripetuto l’evento della “Cumprunta”, tanto atteso da tutti i francavillesi, sia abitanti in paese che residenti nei centri vicini, sia emigrati in Italia o all’estero. L'attesa è finita, il tempo del dolore e dello sconforto è lontano. Cristo è risorto e ancora una volta ci offre il dono della speranza, della vita, del riscatto. I riti della Settimana si sono conclusi domenica mattina con quello antichissimo dell'Affruntata, o Cumprunta, o Svelata, la rappresentazione drammatica dell'incontro tra il Cristo risorto e La Madonna Addolorata che segna la Pasqua cristiana. Sotto un timido sole e in mezzo a moltissima gente in pazza Solari , ha avuto luogo l'incontro tra la Madre celeste e il Figlio Risorto. Il rito, come da tradizione, si è svolto rispettando i momenti che scandiscono e segnano una storia che da più dì duemila anni commuove e affascina il mondo. S. Giovanni fa la spola tra Maria Addolorata e il Cristo Risorto. La statua di S. Giovanni viene trasportata dai portantini per tre volte con passo svelto, quasi di corsa, in un'atmosfera gioiosa e di attesa. La Madonna si mostra incredula. San Giovanni si affretta a comunicare a Cristo l'atteggiamento della Madre e la necessita che Le vada incontro. A1 terzo viaggio San Giovanni si dirige verso la Madonna insieme a Cristo risorto. La Madre finalmente sì convince dell'avvenuta Resurrezione e incomincia a correre verso il Figlio. Quando le statue sono ormai vicine, Maria è ancora incredula: non sa se avvicinarsi o allontanarsi. Il portantino tira i1 drappo nero della Madonna, che appare vestita a festa, d'azzurro. Attimi carichi di attenzione, tensione, emozione, si sciolgono in un ininterrotto suono di campane e della sirena. Quindi subito dopo l’incontro ha avuto luogo la processione per le vie del paese. Cristo è portato davanti alla non più Mater Dolorosa, ma Gloriosa e a S. Giovanni. Un momento molto importante per la comunità tutta che, intorno ad un evento religioso e storico insieme si ritrova e si riconosce in un' identità d'appartenenza, unita dallo stesso desiderio di rinascita spirituale e sociale. Dopo la processione, il parroco Don Giovanni Battista Tozzo ha celebrato la Santa Messa solenne. Anche quest'anno per le festività pasquali sono rientrati decine di emigrati i quali sono molto legati ai riti religiosi della Settimana Santa e di Pasqua.
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VENERDI’ SANTO -AZIONE LITURGICA CON PREDICA DELLA PASSIONE - PROCESSIONE DEL CRISTO MORTO.
Alle ore 21.00 nella chiesa affollata di fedeli ha avuto inizio l’azione liturgica commemorante la passione e morte di Gesù Cristo. Il momento focale della cerimonia è stata la “Predica della Passione” con il commovente rituale della "chiamata"; il sacerdote "chiama" la Vergine Addolorata e consegna alle sue braccia il Figlio morto . A1 termine della funzione religiosa è iniziata la lunga processione penitenziale del Cristo morto , accompagnato dalle statue di San Giovanni, della Madonna Addolorata e dell’ Ecce Homo, e dal personaggio vivente rappresentante il Cireneo che si sostituisce a Gesù nel portare la pesante Croce. La processione si è snodata nelle vie di Francavilla arrivando fino al Calvario (Viale del Drago), dove è stato acceso un grosso falò,(che si ricollega a quelli che i servi avevano acceso nell’atrio di Caifa, dove i soldati Romani ed i stessi servi si riscaldavano mentre Gesù, arrestato a seguito del tradimento di Giuda, veniva interrogato) a cura di Domenico Costa e Dino Malta. Un tempo , prima delle modifiche apportate , la processione del Cristo Morto si svolgeva anche alla luce del sole nel mattino del Sabato Santo.
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GIOVEDI’ SANTO - L'ULTIMA CENA - Un Giovedì santo all'insegna della riflessione e della preghiera. Nella parrocchia di Francavilla, si è rivissuto, nel rito della Cena, uno dei più commoventi e toccanti momenti della vita di Cristo in terra, l'immenso amore per l'umanità, l’istituzione del sacramento dell’Eucaristia. Sempre molto suggestivo il rito della lavanda dei piedi dei 12 apostoli posti ai piedi dell'altare. Un rinnovarsi, dunque, di quell’ antica sera di oltre duemila anni fa, nella quale Cristo volle condividere la cena di pane e vino assieme ai suoi, prima dell'abbandono e della solitudine che lo avrebbero portato al monte Calvario. Alla fine della Messa il pane benedetto, sotto forma della tipica ghuccidhata francavillese, è stato donato ai dodici apostoli, ai fedeli sono stati distribuiti i pani benedetti. Il cuore di questa liturgia è come segnato dal desiderio di Gesù di fare la Pasqua con i suoi, quelli di allora e quelli di oggi. Gesù sente il bisogno di averci accanto, di starci vicino. E se noi siamo quì, è perché vogliamo essergli amici, discepoli e testimoni. Stargli accanto è di grande conforto per lui, che di lì a poco sarà tradito, arrestato, malmenato, ucciso. Due gesti sono al centro della Pasqua di Gesù: la lavanda dei piedi e l’istituzione dell’Eucaristia. L’evangelista narra che Gesù, a un certo momento della cena, si alzò da tavola, depose le vesti e, preso un asciugamano, si inginocchiò davanti a ogni discepolo lavandogli i piedi, anche quelli di Giuda. L’imbarazzo fu generale. Quindi Gesù disse loro: “Sapete ciò che vi ho fatto? Voi mi chiamate Maestro e Signore, e dite bene, perché lo sono. Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i vostri piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri. Vi ho dato infatti l’esempio, perché come ho fatto io, facciate anche voi”. Il comando evangelico è rivolto a tutti i discepoli, anche se nel rito liturgico solo il sacerdote si china a lavare i piedi. E’ ovvio che non si tratta di un gesto esteriore; quel che il vangelo chiede è un atteggiamento di vita, è uno stile di servizio e di umiltà. Se c’è gente che si china su chi ha bisogno d’amicizia, d’affetto, di comprensione, d’accoglienza, d’aiuto, la presenza del Signore sarà concreta e visibile in questo nostro mondo. Gesù, quella sera, oltre ad essersi chinato per lavarci i piedi, si è anche fatto cibo per noi. Egli, racconta l’apostolo Paolo nella Lettera ai Corinzi, «nella notte in cui veniva tradito, prese il pane e disse: “Questo è il mio corpo, che è per voi; prese poi il calice dicendo: questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue». Cosa non ha inventato il Signore, per stare per sempre con i suoi discepoli! L’Eucaristia è senza dubbio il miracolo dell’amore, della totalità dell’amore. Ma come Gesù è presente nel pane e nel vino? E’ presente come pane “spezzato” e come sangue “versato”, cioè come uno che dona tutto sé stesso, che si spezza e versa tutto il suo sangue per noi. Egli è presente come l’amico che ama sino alla fine, oltre l’immaginabile. Nell’orto degli ulivi, quando i soldati vanno per catturarlo, egli dice loro: «Se cercate me, lasciate stare loro». Non voleva che i suoi amici corressero alcun pericolo. Quale amore! Con l’eucaristia Gesù non solo si avvicina a noi per starci accanto; entra dentro, diventa carne della nostra carne, come noi siamo carne e sangue della nostra mamma. L’ostia e il calice, presenti su tutti gli altari del mondo, sono il segno visibile di un amore che non ha limiti. L’eucaristia è davvero un sacramento di salvezza: ci salva da una vita ripiegata su noi stessi e ci trasforma in uomini e donne che sanno inginocchiarsi davanti ai deboli e ai poveri, rendendo così vero e reale l’amore del Signore. Accostiamoci dunque al pane della vita e al calice della salvezza e saremo trasformati!
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Domenica Galeano, la signora di Briatico con le stigmate da trentuno anni
BRIATICO (VV) Mancano pochi giorni a Pasqua, domenica scorsa ci siamo recati nella piccola casa di Domenica Galeano nell'antico nucleo abitativo del rione Baracconi, a Briatico. A due passi dalle arcaiche bamboline volanti di Corajisima appese sulle porte di casa di Carmela Galati e Mattea Grillo e a pochi metri dal vecchio calvario bianco a tre croci, ancora allestito con palme e rami d'ulivo benedetti, che proteggeva e segnava il limite abitativo del paese. Tra qualche giorno, il 25 marzo, Venerdì Santo, le porte delle sue stanze si apriranno a tutti, la sua casa si trasformerà in una vera e propria agorà mistica. Oggi sulla signora Domenica Galeano le stigmate stanno velocemente prendendo già la forma definitiva, le spontanee e misteriose tracce cutanee, sul suo corpo, stanno lentamente cambiando di colore, da rosa chiaro diverranno a breve rosso scuro, con sangue coagulato e croste. I segni mistici e sacri, la scrittura misteriosa che annualmente, da ben trentuno anni, vengono accolti dal suo corpo durante i giorni della Settimana Santa, la inseguono e le segnano vistosamente corpo e anima. Qualche anno fa Domenica, nella sua piccola e modesta casa, ha ricevuto anche la visita del vescovo di Mileto, Nicotera e Tropea, mons. Luigi Renzo, accompagnato da Don Salvatore Lavorato, parroco del paese di quel tempo, prima ancora l'avevano osservata Padre Maffeo Pretto, Don Luigi, Padre Gianni, Padre Zefferino Parolin, Padre Giuseppe e tanti altri, la lista è lunga. Oggi lei quest'incontro lo ricorda con viva emozione e ricorda pure di aver promesso al vescovo di non farsi riprendere da telecamere televisive, lei non vuole pubblicità, ne visibilità e clamori mediatici. Le redazioni televisive di Rai ed altre emittenti chiedono continuamente e inutilmente di poter filmare le sue stigmate ed effettuare interviste ma lei, gentilmente, continua a rifiutare da anni. Un regista cinematografico romano aveva anche pensato di poter fare un docufilm sulla sua straordinaria storia. Nulla da fare, nessuna firma liberatoria. La gente qui, alla sua casa, ci arriva lo stesso, ogni Venerdì Santo, sempre più numerosa e poi, ancora, tutti gli altri giorni dell'anno. Le persone che chiedono di incontrarla, di essere ricevute, cercano un consiglio, una parola di conforto, un parere, un contatto con una donna che si ritrova senza volerlo questi segni forti della Passione di Cristo. Lei invece non offre consigli ma accoglienza, chiede con forza fede in Dio, offre conforto, non devozione a se stessa. Umile e discreta testimone della sofferenza cristiana cerca di aiutare, come può, tutti coloro che soffrono. Il suo volto, pur provato recentemente da gravi perdite familiari, è sempre e costantemente roseo, sereno, carico di un misticismo che sa d’accettazione per quel che nella settimana di Passione le accade. Domenica Galeano vive, con suo marito Nicola, a Briatico in una casa dignitosa ed accogliente nella sua modestia, meta silente, ogni anno di tanti fedeli in pellegrinaggio, di tante persone in cerca di aiuto. Ogni Pasqua sempre di più, la voce dilaga, si spande. C'è, da anni, un discreto passaparola, si parla anche di guarigioni, di tanta gente che dalle mani di Domenica sente emanare sensazioni di caldo intenso, ma anche di freddo estremo, di gelo. E chi sa, oggi, bussa alla porta della sua dimora, per vedere e baciare le sue stigmate, per sfiorarle con un fazzoletto bianco. Chiunque viene accolto, purché animato da fede cristiana. In tanti, fotografi, videoamatori, medici, psicologi e sacerdoti, che arrivano fin qui e solcano la soglia della sua casa, diventano testimoni diretti o mediati della sua sofferenza, intima ma visibile, collettiva, tangibile anche attraverso le immagini e i segni che si manifestano ritualmente sul suo corpo. Lei non chiede soldi, non ha mai chiesto nulla a nessuno, la gente le porta lo stesso qualche cosa, un pacco di biscotti, dell'olio, succhi di frutta, altri generi alimentari, piccole cose "per il disturbo", per ringraziare una donna semplice, spontanea e dolce. Abbiamo seguito, anche quest'anno, l'evolversi delle tracce ematiche fin dal loro esordio, sono comparsi segni sulla sua mano, sul braccio, su un dito. Lei, Domenica, oggi ha sessantasei anni ed è dal lontano 1986 che, in silenzio, accoglie questo messaggio che arriva puntualmente ma con tracce annualmente diverse. Ben trentun anni con quella croce sulla mano come elemento costante, con i grani di rosario sul polso, le tracce di spine e di punte di flagelli, le tracce di frustate sulla spalla ed altri segni arcaici di tipo religioso, simbolico, cristiano. Sono, a detta degli esperti che studiano questi fenomeni, i classici elementi iconografici, segni che sembrano essere stati lasciati da una corona di spine, da fruste e flagelli antichi. Domenica Galeano è, prima di tutto, una donna semplice dalla quotidianità normale, madre, moglie e nonna. Domenica, detentrice umana, una volta l’anno, di lacerazioni della cute - allo stato inspiegabili – con segni che si materializzano sulla sua pelle attraverso lesioni e stigmate dal sangue scuro. La sua rituale estasi della passione si manifesta ogni anno il Venerdì Santo dalle ore 15.00 in punto, così come le sacre scritture riportano della morte del Cristo. Dopo lunghi, intensi minuti di uno stato di coscienza simile alla morte, dove si ritrova a condividere, nei territori del Golgota, insieme all'Addolorata e alla Maddalena, la condizione di dolore per il Martirio del Dio umano si rianima molto lentamente e racconta a tutti i presenti, con voce stanca e flebile, del suo breve ma lunghissimo viaggio, delle sue visioni, dei suoi incontri estatici, dei messaggi ricevuti, dei luoghi e dei tempi del sacro visitati. Poi, pian piano, si riprende, il suo viso ritorna roseo, acquista colore e dopo aver consumato un brodino caldo riacquista piano piano le forze. A sera è già in forma e riprende la vita di sempre con i suoi riti della Settimana Santa, i suoi canti nelle processioni dietro le icone di legno e cartapesta, i santi, il Cristo e la Madonna ammantata di nero, le messe e la sua cristianità di sempre. Domenica da sempre è donna semplice, rifugge dall’autoreferenzialità e sceglie la via dell’umiltà. La Chiesa, dal canto suo, ormai da qualche anno sa. In questi anni i parroci che si sono avvicendati in paese sono andati a trovarla a casa proprio in questa particolare occasione. Domenica Galeano forse è una vera e propria nuova mistica, che vive in un territorio impregnato di fede e devozione, nel ricordo imperituro di Natuzza Evolo il cui trascendentale mistero la scienza non è mai riuscita a spiegare. Oggi Domenica, più semplicemente Mimma, ricorda e sottolinea rimarcando la più classica affermazione dell’umile "verme di terra", della mistica di Paravati. Domenica si definisce invece “spazzatura umana”, non è Natuzza, non vuole esserlo, così si chiude nella sua modestia e nel suo umile silenzio facendosi passare addosso tutto quello che le continua ad accadere da anni.
Franco Vallone 23-3-2016
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Benedizione delle Palme 20 marzo 2016 -
I fedeli, recanti palme, rami di ulivo e di alloro, si sono radunati davanti la chiesa del Rosario in Piazza Solari. Qui il Parroco don Giovanni Tozzo ha rievocato l’entrata festosa di Gesù a Gerusalemme ed ha benedetto le palme e i rami portati dai fedeli. Quindi il corteo si è mosso verso la chiesa di San Foca. Sul sagrato della chiesa si è ripetuto il tradizionale rito di apertura del portone . La parte più commovente della Messa è stata, come ogni anno, il racconto evangelico della Passione di Cristo , recitato a più voci. E’ seguita l’omelia del parroco.
“Pasqua di resurrezione all’insegna del valore dalla Misericordia”
“Una Pasqua di resurrezione all’insegna della Misericordia”. Inizia così il messaggio pasquale di don Giovanni Battista Tozzo ai fedeli, parroco di San Foca Martire di questo piccolo centro abitato. L’occasione, inoltre, è stata accolta anche per rendere noto il programma del periodo pasquale dove, anche qui, le celebrazioni della Settimana Santa saranno all’insegna della tradizione. “Nelle vicende che hanno interessato la vita di Gesù e particolarmente l’ultima fase terrena, è evidente come tutto è orientato al fatto che Dio vuole usarci misericordia. Dio rivela la sua onnipotenza soprattutto con la misericordia e il perdono perché vuole tutti gli uomini salvi. Dio vuole che tutti gli uomini vivano e vuole realizzare questo donandoci la vita del Figlio suo stesso”. Il parroco francavillese prosegue, ribadendo che “Gesù patì, mori e risuscitò certamente per salvarci, ma manifestando in questo modo fino a che punto Dio ci ha usato misericordia. Solo attraverso di lui possiamo trovare misericordia. Ma la Santa Pasqua non è un vuoto rito, prestò archiviato e dimenticato, appena celebrato. Ci chiama e ci impegna ad una nuova vita, la Vita nuova in Cristo. Pasqua non può lasciarci come siamo ma ci chiede questo “passaggio” attraverso Cristo vera “Porta Santa”, per lasciarci trasfigurare da lui”.
Don Tozzo conclude, spiegando che “questo significa cambiamento, cioè conversione di vita, passaggio dall’uomo vecchio, l’uomo della menzogna e del peccato, all’uomo nuovo, l’uomo della verità e della misericordia. In quest’ottica assumono grande rilevanza le opere di misericordia corporale e spirituale, espressione visibile del nostro cambiamento e della Vita nuova in Cristo».
Come detto, quest’anno anche in questo piccolo centro abitato le celebrazioni della Settimana Santa (che inizierà con la Domenica delle Palme il 20 marzo) si terranno sempre nel segno della tradizione. Uno dei momenti emotivamente toccante per la piccola comunità, dopo il rito della lavanda dei piedi di giovedì Santo, ci sarà nella serata di venerdì santo, con la sentita e molto partecipata nonché affascinante processione del Cristo morto. Altro momento di intensa spiritualità si vivrà domenica di Resurrezione con la suggestiva “Cumprunta”, ovvero quando, dopo varie fasi, finalmente ci sarà l’incontro dell’Addolorata con Cristo risorto e la relativa “Svelata”, la caduta del mantello nero simbolo di lutto dove spunterà fuori un altro di colore celeste.
15-3-2016
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UNA GRAZIA DI SAN FOCA
Testimonianza di Ida De Caria
Io, Ida De Caria, professoressa in pensione, rendo testimonianza di quanto dettomi da mio padre Vincenzo De Caria (1910-2005) e rievocato anno dopo anno nella mia famiglia. Sabato di San Foca, alla fine degli anni Cinquanta, mio padre dopo aver travasato una botte di vino e raccolto la feccia in un sacco, si recò alla "timpa" sul versante della stradina che scende alla valle dei Luchi per svuotarne il contenuto. Scelse un posto isolato perché non fosse visto da qualche guardia, temendo una eventuale multa, e si apprestava ad aprire il sacco per buttare la feccia, allorquando il terreno sotto i suoi piedi cominciò a franare verso la valle; data la sua posizione protesa in avanti, mio padre percepì subito la gravità del pericolo e la angoscia che non sarebbe stato soccorso da nessuno, dato il posto isolato. Istintivamente invocò San Foca e, mentre già stava precipitando, avverti una forte presa alle ascelle che lo spinse all' insù. Fortemente e comprensibilmente turbato, tornò a casa dove raccontò il fatto e tra le lacrime di mia nonna e lo sconcerto dei familiari che gli erano attorno, aggiunse dei particolari significativi: il terreno era ripido e friabile per l'accumulo di terra dì riporto lì scaricata durante i lavori dì sistemazione della piazza; - quando "sentì" che sarebbe stato ineluttabile il suo precipitare verso il fondo del burrone, il pensiero corse ai familiari che difficilmente avrebbero potuto trovarlo e soccorrerlo, dato il posto impervio ed isolato. In un lampo il suo istinto lo spinse ad invocare San Foca e in quell' attimo di invocazione avvertì "qualcosa" che , sorreggendolo dalle ascelle, lo spingeva verso l'alto, al sicuro. Questo episodio fu vissuto da mio padre con grande devozione e riservatezza; l'unico segno esterno, noto solo a noi familiari, fu l'abitudine di far sparare cinque o dieci "furguli" in gloria di San Foca al passaggio dell' effigie del Santo davanti casa, in via Talagone, quando era permesso eseguire tale operazione lungo il tragitto della processione; poi, con la proibizione di questo rito arcaico da parte delle autorità competenti, mio padre destinò sempre ogni anno una somma di denaro, oltre quella che regolarmente veniva offerta per i festeggiamenti, affinchè venissero sparati i "furguli" durante la novena. Di questo intento fu vigile e attento presso noi familiari o con qualche vicina di casa che si interessava di tale opera, fina all'ultimo anno della sua vita. Alla fine della sua lunga esistenza, con fatica ma con lucidità, mio padre raccontò questo fatto al parroco Don Pasquale Sergi, allorché venne in casa a portargli i Sacramenti.
Festa di San Foca 5 marzo 2016
La festa liturgica del 5 marzo in onore di San Foca Martire si è svolta in un’atmosfera di grande letizia, il Parroco don Giovanni Tozzo , insieme al francavillese don Vincenzo Fiumara, Arciprete ad Agropoli, ha celebrato la solenne funzione in onore del Santo Patrono di Francavilla Angitola. Alla celebrazione della Messa solenne delle 10,30, grazie anche alla bella giornata hanno partecipato molti fedeli e devoti, alcuni dei quali venuti anche dai paesi vicini. In forma ufficiale erano presenti il Sindaco, avv. Antonella Bartucca, e l’intera Giunta.
Dopo la Santa Messa per le vie del paese si è svolta la processione affollata da numerosi fedeli. A conclusione della processione sul sagrato della chiesa la banda musicale ha intonato la litania; infine si è proceduto al bacio della reliquia del Santo.
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UN TRAGICO GIORNO PER I CALABRESI - 29/02/1936 ACAB SAAT
Secondo una diceria popolare molto diffusa un anno bisestile è caratterizzato da sciagure e disgrazie più gravi e frequenti rispetto a quel succede negli anni ordinari. In particolare il 29 febbraio è il giorno in più, la data fatidica, di ogni anno bisestile. Ottanta anni or sono, il 1936 fu anno bisestile; e quasi a conferma della diceria popolare, per i militari calabresi combattenti in Etiopia, il 29 febbraio 1936 fu la giornata più tragica di tutta quanta la campagna di guerra in Africa Orientale (1935-39). Quel giorno ebbe inizio nella regione etiopica dello Sciré un’aspra battaglia combattuta dal II Corpo d’Armata italiano contro l’armata abissina comandata dal ras Immirù; dal nome della regione dove si combatté fu appunto denominata battaglia dello Scirè. Del II Corpo d’Armata faceva parte la Divisione di Camicie Nere della Milizia “21 Aprile”; i combattenti calabresi erano quasi tutti arruolati come volontari in una delle tre legioni che costituivano il nucleo della Div. “21 Aprile”: si trattava della 263^ Legione, denominata a volte
“Aspromonte”, altre volte “Tommaso Gulli”. A mezzogiorno del 29-2-1936 mentre procedeva per le impervie, boscose alture di Acab Saat sul fianco sinistro del II Corpo d’Armata, la 263^ Legione venne assalita da preponderanti forze abissine abilmente acquattate nella fitta boscaglia.
Ebbe inizio un combattimento cruentissimo che si protrasse per quasi 12 ore; fu uno scontro così ravvicinato che le nostre artiglierie furono costrette a sparare con alzo a zero, colpendo a volte i nemici abissini insieme alle nostre truppe.
Nello scontro di Acab Saat (29-2-1936) perirono 30 Legionari calabresi, originari soprattutto delle province di Catanzaro (compresa l’attuale di Vibo Valentia) e di Reggio Calabria; alcuni dei loro cadaveri andarono dispersi; qualcuno di loro, gravemente ferito, morì poi nei primi giorni di marzo; tra i calabresi sopravvissuti allo scontro si contarono diversi feriti. Molti dei calabresi coinvolti nello scontro di Acab Saat – Caduti, feriti, reduci illesi – furono giustamente ricompensati con decorazioni al valor militare – Medaglie d’oro, di argento e di bronzo, Croci al merito di guerra – per la loro eroica o coraggiosa condotta.
In un successivo articolo pubblicheremo l’elenco dei calabresi Caduti ed una congrua lista di reduci che ben si distinsero nel sanguinoso combattimento di quel giorno bisestile sulle alture di Acab Saat (Scirè), il 29 febbraio 1936.
Vincenzo DAVOLI
UNO DEI TRENTA CALABRESI
CADUTI IN ACAB SAAT
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Presentazione del volume ricordo “I nostri 10 anni” pubblicato nell’occasione del decimo anniversario della costruzione del sito Web www.francavillaangitola.com Il Paese del Drago. DOTT. GIOVANNI BIANCO
Partecipare al decennale, al decimo compleanno, di un sito web non è poi cosa da ogni giorno. Web, ragnatela, l’insieme dei siti Internet che tra di loro compongono appunto la ragnatela e dove ogni filo tessuto rappresenta una parte del mondo virtuale che ci avvolge.
Trovarsi a Francavilla Angitola per questo gioioso appuntamento ci consente di partecipare, come uomini inseriti nel contesto evolutivo tecnologico della società, ad avvenimenti che appena dietro l’angolo del tempo terreno non ci saremmo certamente aspettati di vivere.
La velocità delle imprese tecnologiche dei giorni nostri si sviluppa nel futuro che diventa immediato presente e, subito, passato. Basti fare riferimento al modo di adattarsi ai vari mezzi di comunicazione che riguardano la conoscenza dell’uomo tramite Internet, come nel nostro specifico caso.
Dieci anni di sito Web. Non direbbe nulla questa frase se non coniugata con l’opera lungimirante, e di scienza, portata avanti da Vincenzo Davoli e Pino Pungitore, costruttori meticolosi del particolare nella più ampia rete mondiale (World Wide Web). Entrambi appassionati cultori delle vicende umane trasferiscono con certosina pazienza, in un grande contenitore, fatti, storie, vicende umane e religiose di una Comunità, antica e moderna, come quella di Francavilla Angitola. Mattoncino su mattoncino, ed in continuo erigendo, realizzano il luogo virtuale, il sito con lo storico titolo de “Il Paese del Drago”. Agli albori tecnologici, il mondo negli ultimi dieci anni è cambiato con impressionante velocità nei rapporti interpersonali, Vincenzo e Pino hanno intuito, e saputo cogliere, gli effetti di quel processo che bussava con insistenza alle porte dell’homo viator e che si sarebbe tradotto con i contatti sociali affrancati dal mezzo tecnologico del computer che oggi normalmente una grande maggioranza usa per scopi e fini diversi.
La passione per la ricerca e la conservazione delle radici di un popolo li ha portati a rendersi archivisti di un mondo, quello del vissuto a Francavilla Angitola o qui organizzato, tra documenti cartacei, filmati e fotografie di ogni epoca, che non sarebbe stato valorizzato nella più ampia disponibilità trasmissiva, per come ci sono riusciti loro.
«Considerate la vostra semenza: / fatti non foste a viver come bruti, / ma per seguir virtute e canoscenza". » (Dante, Inferno, Canto XXVI)
Mi sembra di vederli nell’elaborazione del costruendo sito del “Paese del Drago” che oggi festeggia, con molta partecipazione della popolazione, alla presenza del Sindaco, e del Rappresentante della Capitaneria di Porto di Vibo Valentia ed altre autorità locali, il decimo anniversario della rete www.francavillaangitola.com. E lo festeggia in questa Piazza Michele Solari, che nel contesto storico richiama l’antica e attuale agorà, luogo di convergenza della polis. Un sito carico di contenuti, di documenti, denso di passione laica e religiosa che fa affiorare nell’internauta (questo novello navigatore nel mare dello scibile) tutte le umane curiosità. Partendo da una “semplice” fotografia, da una lettera inviata dalla Fronte oppure una cartolina di auguri pervenuta da oltreoceano apre alla mente del visitatore nuove conoscenze.
Mi piace marcare, in questa occasione, la terzietà tenuta, sin dall’inizio della costruzione del sito, rispetto alla politica intesa come attività amministrativa locale o nazionale. Rendendosi, invece, partecipe e messaggero della politica culturale.
Con questo “mezzo”, Vincenzo e Pino, senza soluzione di continuità operativa, hanno dato ai Francavillesi sparsi nel mondo, e che non possono di frequente portarsi nel suolo natio, l’occasione di sentirsi rafforzati nel cordone ombelicale che li lega alle loro dirette o indirette radici e vivere il luogo, il territorio, in collegamento virtuale quasi in tempo reale. Sono riusciti a fondere la loro cultura laica e religiosa senza invasione ossessiva delle due sfere, direi, con sobrietà culturale. I parallelismi che qui mi piace accumunare sono riferibili a Cesare Pavese: “ … Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c’è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti. …” (La luna e i falò – 1949). Non è più il Paese che aspetta, molti concittadini sono in terre lontane, ma il Paese va da loro ad inseguire l’antico sogno del continuare a vivere dove si è nati. E ancora la Lettera Enciclica “Vigilanti cura” di Papa Pio XI (29.06.1936) sul cinema; la continua vigilanza della Santa Sede affinché il contesto cinematografico sia produttivo di bene e non di sconfinamenti socialmente non apprezzabili. E nel sito Francavillese si riconoscono le peculiarità della formazione culturale laica e religiosa dei costruttori che mantengono integro il significato di “visitare” Internet con i valori ed i principi di un vivere sano. Intorno al costrutto virtuale però non hanno fatto a meno di pubblicare un volume ricordo – e questo mi piace quale amante del cartaceo – dal titolo “I nostri 10 anni” che racchiude il periodo di sapiente e paziente lavoro, offrendo il loro volontario contributo a Francavilla Angitola, il Paese del Drago. Sì del drago della cultura e dell’amore per il territorio che con la sua sprigionata lingua di fuoco non brucia la conoscenza, anzi, a mio modesto avviso, brucia le insensibilità, le superficialità, le negatività che vorrebbero i nostri territori come luoghi assonnati e non animati da nuovi cantori della solidarietà positiva che ci fanno vedere una nuova alba per la nostra amata Terra.
Auguri ancora e buon lavoro affinché chiunque s’imbatte o vi entra volontariamente nel sito, possa sentirsi, da ogni parte del mondo in cui si trova, cittadino di Francavilla Angitola.
5/8/2015
Giovanni BIANCO
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CATALDI Giuseppe Italo Tripoli Pastorelli
IL 1° CALABRESE MORTO NELLA SPEDIZIONE IN ETIOPIA – 1935
Nel 2015 sono stati ricordati vari anniversari di eventi storici di rilevanza mondiale, tra cui: - il 70° anniversario della conclusione della 2ª guerra mondiale; -il centenario dell’entrata dell’Italia nella 1ª guerra mondiale – 24 maggio 1915; -il bicentenario della definitiva disfatta di Napoleone a Waterloo (giugno 1815).
Rispetto ai tali eventi è stato dimenticato l’80° anniversario dell’inizio (3/10/1935) del conflitto armato che portò l’Italia a conquistare l’impero d’Etiopia. Nondimeno, ad ottanta anni dalla morte, vogliamo ricordare un giovane Ufficiale cosentino, che, quantunque sia deceduto quattro mesi prima dell’inizio delle ostilità, venne ufficialmente annoverato tra i primi italiani Caduti per la fondazione dell’impero.
Il suo nome, indicato in forma abbreviata, era Giuseppe Italo CATALDI, nato a Torano Castello, ma poi vissuto prevalentemente a Trebisacce. Per uno strano gioco del destino la sua breve esistenza fu strettamente legata all’Africa; e questo legame con il continente africano iniziò ancor prima che il bimbo Giuseppe venisse alla luce. Anche il padre si chiamava Giuseppe; era ferroviere e faceva servizio come capostazione a Torano Castello. La prima moglie era morta prematuramente; quindi Giuseppe si era risposato e come seconda consorte aveva preso Marietta Tavolaro, giovane sorella della prima moglie. Dalla seconda moglie il capostazione Cataldi ebbe quattro figli, e Giuseppe Italo fu uno di questi. Essendo capo di una stazione ferroviaria, seppur di provincia, Giuseppe Cataldi aveva facile accesso ai due mezzi di comunicazione più importanti del primo Novecento: il telegrafo e i giornali quotidiani. Grazie all’assidua lettura dei quotidiani Cataldi era aggiornato su fatti ed eventi italiani ed esteri.
Alla fine di settembre 1911, mentre Marietta Tavolaro era incinta ed aveva superato il sesto mese di gravidanza, il marito Giuseppe seguiva con vivo interesse le fasi iniziali della guerra che l’Italia aveva mosso all’Impero turco, con l’intento di occupare la Libia. Il 29-09-1911 l’Italia dichiarò guerra alla Turchia, dopo che la stessa aveva dato una risposta evasiva all’ultimatum italiano del 27-9-1911. La flotta italiana sbarcò ed occupò Tripoli il 5 ottobre 1911; ma l’avanzata delle truppe italiane, per occupare altre località costiere e del primo entroterra, fu molto contrastata dagli indigeni libici e dalle guarnigioni turche. In particolare il 4-12-1911 gli italiani sostennero un cruento combattimento per conquistare il campo trincerato di Ain Zara, sito 8 km a sud di Tripoli; il campo, presidiato da ottomila uomini e munito di una batteria di 7 cannoni Krupp, era una base importante per i turchi ottomani che da lì partivano per attaccare Tripoli occupata dagli italiani. Nella vittoriosa battaglia di Ain Zara era morto, combattendo valorosamente, il colonnello Giovanni PASTORELLI, comandante del 40° reggimento, che guidava l’avanguardia della colonna inviata all’attacco di quel campo trincerato. Sicuramente il capostazione Cataldi aveva letto delle gesta eroiche di Pastorelli e delle onoranze che subito gli erano state tributate (l’anno dopo fu anche decorato alla memoria con la medaglia d’oro al valor militare).
Quattordici giorni dopo la morte gloriosa del colonnello, e quindi il 18-12-1911 alle ore 18,30 nell’alloggio della stazione ferroviaria di Torano Castello, Marietta Tavolaro partorì un maschietto. Il padre volle attribuire al figlioletto quattro nomi: GIUSEPPE ITALO TRIPOLI PASTORELLI. Con tale scelta di nomi il capostazione Cataldi manifestò apertamente i suoi sentimenti patriottici e in certo qual modo legò il proprio figlio ad un quadruplice patto di sangue: a sé, Giuseppe, come genitore; alla Patria, attribuendogli Italo come secondo nome; al capoluogo libico da pochi mesi conquistato, dandogli come terzo nome, Tripoli; al primo Ufficiale italiano deceduto in Libia, ossia in Africa settentrionale, attribuendogli come quarto nome addirittura il cognome del summenzionato colonnello Pastorelli, primo Caduto tra gli Ufficiali nella conquista della Libia. Se “Giuseppe” e “Italo” sono normali nomi propri di persona, la scelta di aggiungere, come 3° e 4° nome, il toponimo “Tripoli” e il cognome “Pastorelli” si potrebbe attribuire ai sogni, ai desideri di un padre che voleva legare un fatto privato, la nascita del figlio, alle epiche imprese italiane in Africa, con l’occupazione di Tripoli e la morte gloriosa dell’Ufficiale Caduto da eroe. Ma nel caso del piccolo Cataldi il detto latino “Nomen omen” finì per essere un triste presagio.
Qualche anno dopo il capostazione Cataldi fu spostato da Torano Castello e trasferito alla stazione di Trebisacce. In questa località marina Giuseppe Italo trascorse tranquillamente la fanciullezza e la giovinezza. Nei primi anni di gioventù Cataldi frequentò e si diplomò alle scuole tecniche, equivalenti all’attuale Istituto per Geometri. Completati gli studi, il giovane Giuseppe Italo fu chiamato alle armi. Volendo abbracciare la carriera militare si iscrisse al corso allievi Ufficiali. Frequentò il corso anche a Verona, dove conobbe una ragazza, con la quale ebbe una breve storia d’amore.
Entrato nell’Arma del Genio, Cataldi fu inquadrato come Sottotenente nel 10° Reggimento Genio, che aveva sede a Caserta.
Le Compagnie del 10° Genio, talvolta aggregate a Legioni di Camicie nere, talaltra a Reggimenti del Regio Esercito, furono tra le prime a partire per l’Africa in previsione dell’inizio di un conflitto armato tra l’Italia e l’Etiopia. Pur non conoscendo la data di sbarco di Cataldi a Massaua (probabilmente a maggio 1935), è comunque certo che la sua permanenza in Eritrea fu di brevissima durata e si limitò a quella città portuale del Bassopiano affacciata sul Mar Rosso. Massaua è tormentata da un clima insopportabile per via delle temperature altissime (di norma oltre i 35 °C) che vi si misurano in tutto il corso dell’anno, con oscillazioni assai basse da un mese all’altro. Chi vi sostava per qualche tempo era estenuato dal suo clima umido e appiccicoso, ovvero oppresso e soffocato dal caldo torrido come se provenisse da fornaci ardenti. Per il giovane Cataldi l’impatto con il terribile clima di Massaua fu deleterio. Colpito da influenza, probabilmente accompagnata da disturbi intestinali, il sottotenente fu ricoverato all’ospedale civile della città. Per riferire le circostanze e le modalità del decesso di Cataldi riportiamo ampi stralci del suo atto di morte, trascritto il 27/7/1936 (a distanza di oltre un anno dal triste evento) nella Parte II, serie C del registro morti di Trebisacce:
Colonia Eritrea – Commissariato Regionale del Bassopiano Orientale – Ufficio dello Stato Civile- …Avendo ricevuto dal Direttore dell’ospedale civile Umberto I un avviso in data 2 giugno, relativo alla morte di cui in appresso … do atto che ad ore 13 e minuti 15 del giorno 2 giugno 1935 è deceduto nel suddetto ospedale per influenza complicata da colpo di calore il Sottotenente Cataldi Giuseppe Italo del decimo Reg-gimento Genio.
Dunque la morte del povero Cataldi fu attribuita ad una grave forma influenzale insorta in seguito ad un micidiale colpo di calore, probabilmente capitatogli pochi giorni dopo lo sbarco in Eritrea. In seguito alla mobilitazione di varie unità dell’Esercito e della Milizia per la prevedibile campagna di guerra in Africa Orientale, già nei mesi di aprile e maggio, ed ancor più nei successivi mesi estivi, Massaua e il suo porto furono investiti da un flusso enorme di militari, quadrupedi, automezzi, aerei smontati, macchinari e attrezzature varie, armamenti e munizioni, viveri e materiali di ogni genere. Poiché le gru e le attrezzature di scarico non riuscivano a smaltire rapidamente quanto era stivato nei piroscafi che man mano attraccavano ai moli del porto, ed essendo le banchine, le tettoie, i magazzini continuamente intasati, occorrevano almeno due o tre giorni per scaricare completamente un piroscafo di media stazza. Così Mario Appelius descrisse l’attività febbrile che ferveva in quei mesi al porto di Massaua. “Navi, navi, navi. Un bagliore di alto forno. Una temperatura da serra tropicale. Mosche. Zanzare. Fragore. Rombi di autocarri. Stridore metallico di verricelli in perpetuo movimento. Urli di sirene. Fischi di locomotive … Un quadro infernale o sublime secondo il punto di vista nel quale l’osservatore si collocava .. Chi sbarcava merci brontolava contro chi le lasciava ammassare nelle banchine. Chi doveva sgombrare le banchine brontolava contro la ferrovia e contro gli automezzi che non arrivavano a portar via i materiali”.
In quella situazione di calura opprimente, di sporcizia, di polvere, di sovreccitazione e caos organizzativo, è probabile che il Sottotenente Cataldi sia rimasto a lungo sulle assolate banchine, impegnato a vigilare e controllare che le merci e i materiali del reggimento, e soprattutto le attrezzature speciali del Corpo del Genio fossero scaricate con cura e attenzione, evitando urti, danni, rotture. Rimanendo esposto al cocente sole tropicale, senza adottare le dovute precauzioni e protezioni, il povero Cataldi sarà stato colpito da forte insolazione con qualche congestione cerebrale e quella influenza complicata (come è scritto nell’atto di morte) che ne provocarono il decesso.
Il Sottotenente fu quindi sepolto nel sacrario militare italiano di Massaua.
In Italia la notizia della morte di Cataldi fu riportata nel 1° bollettino dei militari (7 Ufficiali e 30 tra Sottufficiali, graduati e soldati) deceduti in Africa Orientale per malattie o per incidenti, nel periodo dal 1° gennaio al 25 giugno 1935. Tra i 7 Ufficiali è indicato il Sottotenente del Genio Giuseppe CASTOLDI da Trebisacce; al di là della lieve storpiatura del cognome, si tratta del nostro Sottotenente calabrese.
Cataldi Giuseppe, deceduto il 2 giugno 1935, risulta essere il primo in ordine cronologico di tutti i militari calabresi morti in quella campagna di guerra ed anche il primo Caduto fra tutti gli Ufficiali dell’Italia centro-meridionale, ed il terzo fra tutti gli Ufficiali dell’Italia intera, preceduto soltanto in quel doloroso elenco da due Capitani del Nord Italia entrambi morti per malattia
Il 2 giugno 1935 con il decesso di Cataldi iniziò lo stillicidio dei militari calabresi morti per la campagna di guerra in Africa Orientale; da allora, fino a dicembre 1939 morirono circa 360 militari della Calabria. È amaro constatare come il primo Caduto sia stato proprio colui sul quale il padre, animato da intensi sentimenti patriottici, aveva riposto tanto grandi speranze di futura gloria africana da aver voluto attribuirgli alla nascita, dopo Giuseppe, i tre fatidici nomi Italo Tripoli Pastorelli.
VINCENZO DAVOLI
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"I NOSTRI 10 ANNI" VOLUME–RICORDO WWW.FRANCAVILLAANGITOLA.COM
INTERVENTO DI DOTT. GINO RUPERTO 5-8-2015
Roma , 31 luglio 2015
Egregio Ing. Davoli, La ringrazio vivamente di avermi inviato una copia della pubblicazione del sito web www.francavillaangitola.com il paese del drago, egregiamente curato da Lei e da Pino Pungitore in occasione del decennale della nascita del sito stesso. Il volume si presenta in elegante veste tipografica e risulta ricco di articoli e di contributi di vari collaboratori che hanno condiviso il merito dell’iniziativa importante e lodevole a suo tempo intrapresa da Lei e dell’ amico Pungitore. Apprendo con piacevole sorpresa dalla prefazione di Amerigo Fiumara che il tentativo felicemente riuscito di costituire per i francavillesi una fonte d’informazione, di contributo e di ricerca concernente la storia del paese e di alcuni illustri nostri concittadini rappresenta un esempio forse unico in tutto il territorio vibonese. Il volume contiene un editoriale molto significativo ed eloquente e precede un ampio riassunto della storia antica di Francavilla firmato da Lei e da Pino che riveste un’apprezzabile, vasta e approfondita indagine informativa per tutti i nostri concittadini, rimasti in paese o trasferitisi per motivi di lavoro o familiari nella varie regioni d’Italia e del mondo. Sono numerosi gli scritti che arricchiscono la pubblicazione e tutti degni di essere letti e sottolineati per i problemi affrontati o per i personaggi trattati; mi piace ricordare sia pure sommariamente il contributo di Vincenzo Ruperto sulle vicende del tutto inedite di Anna Mendoza - Da Silva e sul ritratto della famiglia Solari, una delle più illustri di Francavilla, e lo scritto approfondito e originale su “la via brasiliana “ dell’emigrazione di Mimmo Aracri. Non mi sono sfuggiti poi alcuni riferimenti, già da Lei ampiamente trattati nel 1° vol. sulla guerra, alla famiglia Servelli e alle sue molte sofferenze per i molti lutti che l’hanno colpita, in particolare al sacrificio supremo di mio zio Micuccio Servelli, caduto da ufficiale sul Carso il 2 novembre 1916. Mi riservo di rileggere con maggiore attenzione il volume e di farle conoscere in modo più articolato il mio pensiero, che è comunque molto pregevole, cosa che non mi è stata possibile fare ora per averlo ricevuto soltanto tre giorni or sono.
Desidero assicurarla inoltre che cercherò nel prossimo futuro e comunque non appena ne avrò l’opportunità d’inviare al sito un mio contributo per ricordare alcuni momenti, di una Francavilla che non c’e’ più ma che è sempre rimasta nei nostri pensieri e nel nostro cuore.
Infine, invio a Lei, a Pino Pungitore per le sue belle e artistiche fotografie, ad Antonio Limardi di Ruggero, a Mimmo Aracri, ai collaboratori ed a tutti i nostri concittadini e amici i miei cordiali saluti, rinnovando i complimenti e gli auguri altrettanto forti e sentiti di lunga vita al sito.
Ad maiora
Con amicizia
Gino Ruperto
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MARIA ATTISANI
LA “CALABROTTA” CHE INCONTRÒ NUTO E MARCO REVELLI
Domenica 13-12-2015 nell’ambito della XXII Mostra del libro di Cavallermaggiore, centro della piana piemontese nella parte nord della provincia di Cuneo, la locale Biblioteca Civica intitolata a “Nuto Revelli” ha organizzato un incontro – colloquio e conversazione – tra la signora Maria ATTISANI Abrate, nativa di Francavilla Angitola e il prof. Marco REVELLI, insigne docente universitario e politologo, ma prima di tutto, figlio dello scrittore Nuto, noto come autore di libri pregevoli, e in particolare, di:
“La strada del Davai”, “Il mondo dei vinti” e “L’anello forte”.
Di Nuto Revelli ho una conoscenza molto limitata: dei tre libri sopra indicati io ho letto soltanto il primo. Per poter raccontare le vicende di due umili soldati francavillesi morti nella campagna di Russia – inverno 1942/43 – ho provveduto a documentarmi, consultando libri di storia e memoriali su quella drammatica spedizione. Così, leggendo quel libro di Revelli, non solo ho scoperto il vero significato di quella strana parola che io immaginavo fosse il nome di qualche località russa, ma soprattutto ho potuto meglio conoscere i patimenti sofferti dai nostri soldati catturati dopo la sconfitta nelle gelide steppe del Don.
Inoltre, pur non avendolo letto, conoscevo in qualche modo la materia, le tematiche trattate nel libro dal titolo fortemente emblematico e significativo: Il mondo dei vinti.
Nulla invece sapevo del terzo libro, se non il titolo: L’anello forte. Perciò grande è stata la mia sorpresa a leggere il nominativo della francavillese Maria Attisani Abrate nelle pagine interne di un numero di dicembre del Fatto Quotidiano. Io e Pino Pungitore ringraziamo vivamente la solerte signora francavillese di Torino, Marisa TORCHIA, figlia del compianto Foca, della società telefonica, per aver gentilmente trasmesso al nostro sito www.francavillaangitola.com fotocopia del suddetto articolo.
Nel 1985 la Casa editrice Einaudi pubblicò, come volume n. 291 della famosa collana “Gli struzzi”, un’opera di Nuto Revelli intitolata “L’anello forte”. Quel libro riportava le testimonianze di 270 donne contadine della pianura, della collina e della montagna, che lo scrittore aveva intervistato durante le sue peregrinazioni per le campagne, per le cascine e per le baite piemontesi. Probabilmente la testimonianza più significativa fu quella rilasciata a Revelli da una donna calabrese, Maria Attisani, che da Francavilla Angitola (dov’era nata nel 1931) era salita fino a Cavallermaggiore, alla frazione rurale di Madonna del Pilone, per maritarsi (nell’ottobre 1962) col mezzadro di Salmour, Stefano Abrate, che fino allora non era riuscito a trovar moglie tra le compaesane piemontesi, poiché queste preferivano trasferirsi in città dove potevano condurre una vita meno dura e più comoda, e magari sistemarsi con un operaio o con un tecnico dal portafoglio consistente e col mensile assicurato.
“L’anello forte” fu pubblicato otto anni dopo l’uscita di “Il mondo dei vinti” (1977); il noto scrittore e critico letterario Corrado STAJANO ebbe a scrivere: L’anello forte è una gigantesca Spoon River contadina, è un romanzo vero, emozionante e terribile , in cui tutte le storie individuali si compongono in un’unica storia collettiva popolata di donne, di uomini, di ragazzi che non ci sono più o che non saranno più gli stessi, è una figurazione della società italiana in cui hanno voce i più esclusi tra gli esclusi, le donne, è un gigantesco albero genealogico, è un reperto del nostro passato, anche di quello più prossimo di cui dovrà tener conto chi scriverà la storia del paese unitario.
Mario CORDERO, esponente di spicco della cultura cuneese, nonché amico di vecchia data di Nuto Revelli, sulla cui opera e figura ha pubblicato nel 2014 per i tipi di Einaudi il libro “Nuto Revelli – Il testimone” , ha scritto che “L’anello forte” segna il culmine di un lavoro di costruzione della memoria per un mondo che aspetta da sempre un po’ di giustizia e di rispetto. Lo stesso M.Cordero, a trent’anni dalla pubblicazione del libro, ed in stretta collaborazione con quanti alacremente gestiscono la Biblioteca Civica di Cavallermaggiore, non a caso intitolata a “Nuto Revelli”, ha organizzato un momento di grande interesse culturale, letterario e sociale, ossia l’incontro tra Marco Revelli, figlio dell’autore, e una protagonista del libro, la calabrotta di Madonna del Pilone,Maria Attisani Abrate. Nel pieghevole che annunciava l’incontro, di cui egli stesso è stato presentatore e moderatore, Mario Cordero ha scritto, tra l’altro:
“Sono passati trent’anni. Quel mondo non c’è più. Rimangono alcune testimoni che possono raccontarci della capacità di Nuto di stare ad ascoltare con grande e sincero rispetto i suoi interlocutori, di entrare nelle loro storie personali con discrezione, di dare loro finalmente la parola. Nuto ha composto allora un documento destinato a durare nel tempo, per non fare di nuovo torto a quegli uomini e a quelle donne: dimenticandoli”.
Le fotografie che corredano il presente articolo sono state reperite dai siti della Biblioteca Civica di Cavallermaggiore e della Fondazione Nuto Revelli.
Essendo il cognome Attisani molto diffuso a Francavilla Angitola, desidero precisare che la donna intervistata da Nuto Revelli, oltre 30 anni fa, è Maria ATTISANI. Nacque nel rione “Pendinu”, nell’aprile 1931; il padre era Michele Attisani, lavoratore rurale del rione “Adiertu”, che in prime nozze (1908) aveva sposato Concetta Fiumara.
Dopo 10 anni di matrimonio, ed aver generato tre figli maschi (Giuseppe; Foca; Francesco), Concetta Fiumara era deceduta il 14-10-1918, a causa della febbre spagnola. Anche a Francavilla quell’epidemia provocò più vittime che non la prima guerra mondiale; nei soli 4 mesi da settembre a dicembre 1918 ci furono 43 decessi per “spagnola”, rispetto ai 26 Caduti a causa della Grande Guerra, dal 1915 a1 1919.
Ad aprile del 1919 Michele Attisani sposò in seconde nozze Maria Concetta PARISI, donna di Pendino e della parrocchia della Madonna delle Grazie. Dal matrimonio di Michele con Maria Concetta nacquero diversi altri figli, sia femmine sia maschi; per brevità indicherò solo i tre figli più giovani: la suddetta Maria (del 1931), Vincenzo (classe 1933), Maria Teresa (classe 1935). Quest’ultima è conosciuta a Francavilla come madre di “Mastro Franco Attisani, il falegname” e di “Mastro Bruno” Attisani, operaio comunale e factotum dai mille mestieri.
Maria Attisani nacque dunque il 20-04-1931; il 4 maggio, quindici giorni dopo la nascita, venne battezzata nella chiesa parrocchiale delle Grazie, avendo per madrina la signora Concetta Rauddi. All’età di 16 anni, il 1° maggio 1946 ricevette la Cresima da Mons. Enrico Nicodemo, allora vescovo di Mileto.
Nel 1962 da Francavilla Angitola salì in Piemonte, acconsentendo di maritarsi con il mezzadro piemontese Stefano Abrate, figlio di Giovenale. Il matrimonio fu celebrato il 14-10-1962 nella chiesa della Madonna del Boschetto, frazione di Bra (CN).
Vincenzo DAVOLI e Giuseppe PUNGITORE
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"I NOSTRI 10 ANNI" VOLUME–RICORDO WWW.FRANCAVILLAANGITOLA.COM
INTERVENTO DI SONIA VAZZANO 5-8-2015
Dieci anni da cui imparare. Una vita che sembra di più di una vita.
Ah se potessi scriverne mille per ogni anno di quei dieci trascorsi insieme. Dieci anni.
Pieni di gratitudine.
ZygmuntBauman, un sociologo e filosofo polacco di origine ebraica, sostiene in un libro di qualche anno fa che «Le emozioni passano, i sentimenti vanno coltivati» . Oggi per tutti noi è il momento delle emozioni e dei sentimenti insieme. Perché le emozioni per questo traguardo non sono ancora passate e i sentimenti li coltiviamo da sempre… Oggi è il giorno del nostro “grazie”.
Grazie, per tanti di noi che vivono lontani da “casa” e attraverso questa “finestra sul Drago” riescono a respirare di tanto in tanto l’aria di famiglia.
Grazie,per i nostri giovani, che se in questo momento sembrano distratti dalla vita e dalle sollecitazioni di tutti i giorni, scopriranno nel tempo che gran dono è il legame con le proprie radici.
Grazie,per i nostri anziani, che forse con la tecnologia dei nipoti possono sentirsi vicini alla loro vita di sempre che portano nel cuore.
Grazie a Pino, instancabile nel suo impegno di diffusione del sito e nel suo messaggio di creatività e tecnologia a servizio degli uomini.
All’ingegnere Davoli, attento e meticoloso nell’incarnarela vocazione culturale legata alla storia del nostro Paese. Ad Antonio Limardi, che dalla sua famiglia ha ricevuto da subito l’amore per questa terra di Calabria.
Il grazie è uno solo, ma le persone da ringraziare tante e sempre più numerose.
Dieci anni sono un pezzo di vita importante. A me è stato chiesto di ringraziare per questi dieci anni che forse ho vissuto molto poco a Francavilla.Ma la richiesta di Pino per queste poche righe è il segno, e io ne sono più che mai testimone, che le radici sono schegge di tempo impazzite che non rimangono solo alla base dell’albero, ma che vivono nella linfa, nel tronco, nei rami, nelle foglie e nei frutti. Grazie per questi dieci anni di frutti… di notizie, iniziative, resoconti sui tempi che cambiano e le persone che sembrano non esserci più, ma che ci accompagnano e rivivono ogni giorno nel ricordo di chi le ha amate e raccontate o semplicemente condivise. Con una narrazione, con uno scatto, con un ricordo…
Questo sito è un inno alla Francavilla che vorremmo ricordare sempre.
Quella in cui è possibile pensare di fare delle cose insieme.
Dove nulla viene distrutto, ma tutto condiviso.
Dove la ricchezza di ciascuno è la fortuna di mille.
E dove il sostegno ad uno solo diventa una vita condivisa.
In un paese così piccolo l’importante è rispettarsi e volersi bene.
Se riusciremo almeno a trasmetterlo avremmo assolto al nostro compito. Che questo sito possa sempre più essere il segno che c’è ancora vita a Francavilla, se anche le strade a volte sembrano vuote e se spesso si usano le parole “una volta” oppure “ormai”.
E perché sia la speranza e non solo il ricordo passato a sostenere tutti voi nel continuare la vostra opera di diffusione culturale, con queste due parole che sembrano aver perso la speranza, vi giunga il mio augurio:
Una volta, dieci anni fa nasceva questo sito.
Ormai siete abbastanza bravi per portarlo avanti almeno per i prossimi dieci anni.
Ecco il mio augurio, e il mio grazie.
Il mio sostegno, per quello che posso.
Il mio “in bocca al lupo”: perché non molliate nonostante le difficoltà.
Così da rivederci, magari questa volta di persona, a celebrare i prossimi dieci anni.
Sonia Vazzano
ZygmuntBauman, Cose che abbiamo in comune, Laterza 2012.
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Intervento alla presentazione del libro 5-8-2015
Il Paese del Drago - I nostri 10 anni.
Ripercorrere la storia di Francavilla Angitola in un libro che è testimonianza del lavoro svolto in un decennio da Vincenzo Davoli e Giuseppe Pungitore è per me, venuto alla luce ad Asti da genitori che hanno amato e mi hanno insegnato ad amare la loro terra, non solo un onore ma un immenso piacere.
L’impegno profuso nel mantenere vivo un sito internet nato nel 2005, con strumenti certamente limitati ma volontà ferrea, è cresciuto nel tempo e ha trovato ampio sostegno, non solo da nostalgici internauti ma da quanti hanno a cuore le proprie origini.
E riproporre i contenuti salienti di quanto è stato possibile leggere su uno schermo alla visione degli amanti della carta stampata è non solo un’impresa encomiabile ma, potrei affermare, indispensabile.
Non essendo sociologo, antropologo o comunque esperto nelle materie storiche, credo di poter esprimere il mio pensiero da semplice lettore, spesso curioso e predatore di notizie per la conoscenza della storia di Francavilla, proprio attraverso le letture sul sito di un passato ricco di storia e di cultura. Di attualità che, vivendo in un’altra città distante centinaia di km, non potrei conoscere, così come tutti coloro che da anni hanno lasciato il Paese natio per necessità di vita in altre città d’Italia o fin oltre oceano. Mai dimentichi dei profumi e dei colori della terra madre, alla ricerca continua di memorie da riportare e riproporre ai loro figli ed ai figli dei loro figli.
Le nuove tecnologie hanno consentito di avvicinare le persone almeno nella memoria, di sentirsi e vedersi attraverso gli strumenti che i nuovi mezzi mettono a disposizione. Ma i legami hanno necessità di nuovi stimoli. Ed allora, grazie a persone di volontà e incrollabile fiducia nelle possibilità di poter dare alle speranze ed ai sogni anche reale materia di condivisione, partono iniziative come quella che ha visto la luce in questo piccolo Paese dell’Appennino Calabro, svuotato dalle immigrazioni di donne, uomini, giovani alla ricerca di condizioni di vita migliori.
Un sito internet dal nome semplice www.francavillaangitola.com che ne identifica la vitalità mai domata, la storia mai dimenticata, la caparbia fermezza nel proporsi alla visione del mondo con le sue ricorrenze, il nome e l’immagine del suo San Foca nel culto della storia come quello dei passati Nobili e dei Conventi. Delle mille sfaccettature che fanno di un Paese una comunità sparsa per il mondo ma che si riconosce in un unico irremovibile pensiero: Francavilla Angitola.
E allora come non plaudire a iniziative portate avanti con fatica e passione, riproposte su un libro da tenere sul comodino ed aprire in una pagina a caso e leggere, anche fra le righe, la storia che non muore.
Il successo dell’iniziativa è lo sprone a proseguire in questo encomiabile lavoro e auspico, preminentemente, il coinvolgimento delle nuove generazioni. Un coinvolgimento non solo materiale ma altresì morale, per dare continuità alla storia, per non dimenticare. Fare tesoro dei ricordi ma, soprattutto, accogliere idee, progetti e trasformarli in nuove proposte mantenendo viva l’identità della terra di Calabria.
Un grazie sentito quindi ai curatori del sito e del libro, Vincenzo Davoli e Giuseppe Pungitore e a quanti hanno lavorato affinché tutto questo prendesse vita e crescesse nel tempo.
Giuseppe Furlano gf
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PER I DIECI ANNI DI ATTIVITA’ DEL SITO FRANCAVILLESE 5-8-2015
“WWW.FRANCAVILLAANGITOLA.COM”
Un sito che opera da dieci anni sul territorio e fuori, merita attenzione e sostegno. E’ il caso del sito creato dieci anni fa qui a Francavilla, ad opera di Pino Pungitore, l’ingegnere Vincenzo Davoli, Mimmo Aracri e Antonio Limardi jr, erano questi gli ideatori originali. Il libro ancora fresco di stampa vuole offrire una silloge di quanto in questi dieci anni di attività il sito ha saputo offrire, portando a conoscenza anche fuori dai confini cittadini, brani di storia e di vita vissuta, momenti di attività ed iniziative culturali che diversamente nessuno avrebbe conosciuto fuori dal contesto locale. I curatori del sito hanno saputo riportare alla luce con un lungo lavoro di ricerca, di raccolta del materiale documentario e ovviamente, citando episodi unici e quindi più significativi, brani di storia passata ed eventi che magari si ripetono ciclicamente come le feste religiose e quant'altro. Anche se, specie per chi vive fuori in Italia o all'estero, leggere della quotidianità del " natio borgo", è sempre piacevole e fa avvertire un po' l'aria di casa…! Tra i vari passaggi più recenti in ordine di tempo secondo me più caratterizzanti il contenuto del libro, voglio citare intanto la riapertura al culto della Chiesa Matrice di San Foca dopo svariati anni di chiusura, il susseguirsi per certi versi naturale di istituzioni come i Primi Cittadini e i Parroci, ma anche eventi come la pubblicazione dei due volumi dell'ing. Vincenzo Davoli, la Visita Pastorale del nostro Vescovo Mons. Renzo. Ci sono poi capitoli di storia locale riguardanti le antiche famiglie storiche, personaggi più e meno nobili, più e meno importanti ma che hanno lasciato un’impronta. C’è la sezione che riporta alla memoria alcune lettere e cartoline del compianto Arciprete don Giuseppe Caria, particolarmente quella struggente in occasione della morte della piccola Rachelina Servelli, nipote dell’Arciprete don Domenico Servelli che diversamente sarebbero cadute nell'oblio di questa nostra societas che corre sempre più in fretta e che tutto macina e consuma. Oppure finire rinchiuse nei cassetti e nelle biblioteche private delle famiglie alle quali certa documentazione appartiene. Si parla comunque di persone che in un modo o nell'altro hanno lottato e faticato per garantirci ed assicurarci qualcosa di ciò che noi siamo oggi. E già per questo motivo dobbiamo essere loro grati celebrandone il ricordo. Di questi eventi e persone il sito fa sempre una cronaca precisa e puntuale, circostanziata, rendendo partecipi ed edotti anche coloro che presenti non erano. Allora questo è uno dei motivi di plauso (ma non solo) a chi ha ideato, creato e che continua a far vivere questo laboratorio di informazione che certamente si inserisce autorevolmente in un contesto culturale che aiuta a formare l'humus del Paese, che non è fatto certamente solo di critica, pregiudizio e pettegolezzo gratuito come spesso siamo usi a vedere Francavilla magari lamentandocene ma senza fare poi nulla per cambiare…! Stralci di vita, di usi e costumanze di un tempo, che quasi vorrebbero farci ritornare con nostalgia a quel passato fagocitato in questo rincorrersi e accavallarsi senza sosta degli eventi. Un passato i cui ritmi erano totalmente diversi da quelli frenetici ed isterici di oggi e che permettevano di gustare quella vita che, nonostante problemi e ristrettezze, era sempre bella e desiderabile, tesa e aperta alle sorprese della sorte o… della Provvidenza divina, dallo spuntare del sole al suo tramonto…! E la giornata si concludeva sempre ringraziando Dio e affidandogli il domani incerto. Bella e commovente anche la storia dei nostri emigranti che partivano con dentro le valigie sogni e speranze di un riscatto, di una vita diversa spesso lacerata e resa incerta da stenti e privazioni, rinunce e desideri mai realizzati e diretti verso paesi ricchi come gli Stati Uniti, o che potevano offrire possibilità di lavoro come l’Argentina e il Brasile in particolare. Viaggi che diventavano avventura su vecchi piroscafi senza dotazioni modernissime come le attuali navi da crociera, e la cui sicurezza era affidata all’abilità e alla perizia marinara di vecchi “lupi di mare” che erano i comandanti di un tempo, quelli si veri marinai! Come noi ieri, anche oggi siamo diventati protagonisti senza volerlo di altri esodi e di altre migrazioni di popoli che si affacciano alle porte di casa nostra nella speranza di una vita diversamente sicura. Il ricordo del nostro esodo deve aiutarci a fare memoria per non chiuderci nell’egoismo, nel sospetto e nella paura dello straniero! Anche noi siamo stati stranieri e lontani dalla propria terra e dai propri affetti. La lettura del libro potrebbe indurre a percepire una tale varietà di argomenti di diversa natura da far pensare ad una sorta di “disordine”. Ma, come direbbe il Fogazzaro definendo quel "ricco disordine" di casa fatto di oggetti, soprammobili e chincaglierie varie…"le cose buone di pessimo gusto…", definendo così quel piacevole e in fondo pacificante contrasto…, appunto piacevole e rilassante, gustoso e che non disturba. Certamente necessario vista la vastità e la complessità del vivere e del materiale che lo testimonia e ce lo tramanda. Un accenno a quando parliamo di tradizioni. “Tradizioni” non significa volere rimanere pervicacemente ancorati ad un passato ormai andato volendolo quasi riprodurre nel contesto odierno. L’uomo è un viaggiatore nel tempo, per noi credenti diretto verso l’eternità e in questo cammino cambia o meglio cresce, si evolve l’uomo e la cultura di cui è portatore e della quale ne è l’essenza. L’uomo in se stesso è CULTURA che non è… erudizione. Necessariamente le tradizioni lasciano il posto al nuovo. In questo trapasso epocale come è proprio del tempo che condiziona e determina l’uomo, tutto è in espansione (come l’universo…) e allora anche le tradizioni, espressioni di un presente e significative in quella attualità e in quel contesto storico nascono e si creano, cambiano e vanno verso un oltre che non è mai una “perdita culturale” ma semmai l’incedere del nuovo che sicuramente nel nostro presente è migliore del passato. E’ all’oggi che dobbiamo prestare maggiore attenzione, senza permettere che la nostalgia del passato possa farci dimenticare l’impegno nell’attuale contesto storico in cui l’uomo è profondamente inserito, mutato e cresciuto enormemente. Mi chiedo cosa sarebbe di noi oggi se continuassimo a navigare a vela e su fragili vascelli di legno come i nostri emigranti, pensando invece a come siamo saliti e ritornati dalla luna raggiungendo spazi siderali un tempo relegati solo nella fantascienza e chissà dove si arriverà ancora…! Quando un tempo si faceva la processione del Cristo Morto il Sabato Santo, giorno che invece con l’attuale riforma liturgica opportunamente e sapientemente assume l’aspetto di attesa trepidante, silenzio e assenza di ogni attività liturgica tutti tesi verso l’Evento centrale della nostra Salvezza, non ha più senso lottare e creare divisioni come si fa in qualche paese vicino a noi… con il banale pretesto che “ci fanno perdere la “fede”! Sono cambiate le “tradizioni”…? No, ma si è solo evoluta e sviluppata la “Tradizione viva” che è quella della Chiesa, ciò che la Chiesa insegna, prega e di cui ha coscienza, prendendo maggiore consapevolezza del Mistero che è Cristo.
Diceva il Sommo Poeta (Inferno 8° cerchio): “Fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e conoscenza”. VIRTU’, cioè tutto quello che è vero,nobile, amabile, giusto e bello. In poche parole tutto ciò che è degno dell’uomo e non solo la mera… “conoscenza”! Se tutto ciò che Dio fa, lo fa per l’uomo, tanto che si è rivelato nell’Uomo, allora significa che è l’UOMO che dobbiamo rimettere al centro di tutto: lavoro, religione, politica, informazione, economia (e qui si allargano gli orizzonti…), la legge stessa (guai a quelle leggi che come coacervi di regole non guardassero al vero bene dell’uomo). Certamente il mondo oggi risulta abbrutito: guerre, illegalità, un mal compreso senso dell’economia che pone al centro il profitto, corruzione e malaffare nella vita sociale del nostro Bel Paese, inquinamento che fa scempio dell’ambiente, ecc.! Scenari apocalittici i cui sentieri non sappiamo dove ci condurranno così continuando. Ma c’è una soluzione. Diogene, una metafora che mi piace riprendere spesso, lo vedono girare un giorno con una lanterna in mano e incuriositi gli astanti gli chiedono: “Cosa cerchi?”, , “Cerco l’uomo” risponde Diogene. Se non ci metteremo anche noi alla vera ricerca dell’Uomo, allora il nostro destino sarà relegato al passato, alle “tradizioni” appunto, ma avremo perso noi stessi, la nostra vita e la nostra vera identità!
Raccontiamo dunque tranquillamente il nostro passato riportando alla memoria quelle che sono le nostre radici. Ma che le radici non abbiano a restare un… pollone morto e senza vita… che a nulla e a nessuno potrebbe più servire perché inadeguato a dare risposte e certezze al nostro oggi. Assumiamo il nostro presente, questo tempo che ci viene affidato, come diceva Papa Francesco, affinché sappiamo “prendere in mano la nostra vita per farne un capolavoro”…! Abbiamo molto da fare. Coraggio! Auguri di buon proseguimento per un lavoro efficace e puntuale come sempre alla Redazione del sito francavillese.
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"I NOSTRI 10 ANNI" VOLUME–RICORDO WWW.FRANCAVILLAANGITOLA.COM
INTERVENTO DI LORENZO MALTA 5-8-2015
Prima di addentrarmi nell’argomento per cui siamo riuniti qui stasera, permettetemi una breve riflessione. Proviamo a chiederci cosa ha rappresentato e rappresenta Internet nella storia dell’uomo. Vi lascio meditare su questa domanda che forse distratti dal suo uso quotidiano non ci siamo mai posti. Non è facile rispondere, ma possiamo dire che oggi Internet condiziona la nostra vita, in alcuni casi ci ossessiona, crea dipendenza. Voi sapete meglio di me che Internet non è altro che la più prolifica applicazione di uno strumento tecnologico che è il computer.
Personalmente oso paragonare l’invenzione del computer a quella della ruota, ambedue hanno rivoluzionato la storia, sconvolto usi e abitudini dell’umanità ed i suoi sviluppi sono ancora in divenire. Riesco a tornare lucidamente a quel 2005 anno di partenza di questo viaggio perchè gli episodi salienti della nostra biografia si fissano nella memoria per sempre. Vi confesso che in quell’anno era ancora difficile intuire le potenzialità e le opportunità che tale strumento avrebbe offerto anche a piccole realtà come la nostra di promuoversi e farsi conoscere nel mondo. Era impensabile prevedere che una scatola domestica avrebbe permesso a persone, idee, informazioni ed oggetti di varcare i propri limiti territoriali ed entrare in un circuito globale. Notizie, fatti, curiosità, eventi si sarebbero sparse agli angoli della terra in un tempo allora inimmaginabile. Proprio in quegli anni le sue applicazioni venivano ad espandersi a conoscere nuove frontiere, quella scatola che avevamo in casa se collegata ad un’altra scatoletta chiamata modem trasformava la nostra abitazione in un potente megafono virtuale, una tipografia, una sala stampa uno studio televisivo.
Quei pochi fortunati che allora possedevano un computer — se vi ricordate erano piuttosto ingombranti- scoprirono improvvisamente dì possedere non solo un gioco o una tastiera per scrivere ma un apparecchio ricevente e trasmittente.
Oggi vi sono difensori e detrattori di internet perche quando un’invenzione provoca cambiamenti epocali che rivoluzionano la nostra vita spesso tanti dubitano dei suoi vantaggi e dicono “si stava meglio prima”. Da parte mia, essendo amante del libro antico e del suo profumo non gli perdono di avere assassinato il cartaceo, se ci avete fatto caso oggi anche i quotidiani si trovano in sofferenza sostituiti dalle corrispettive pagine virtuali costantemente aggiornate e dai cosiddetti e-book. Quel 2005 dicevo lo ricordo bene, l’amico Pino Pungitore appassionato da sempre di cine-foto ed ottica si era dotato di una strumentazione tecnologica unica a Francavilla praticamente con quelle diavolerie aveva arredato una parete di casa sua. Egli ebbe la felice intuizione di utilizzare quegli strumenti per divulgare e scambiare il materiale documentale inerente Francavilla che pazientemente aveva raccolto fino ad allora. Non so quanti siti locali esistessero in quell’anno nella nostra provincia: sicuramente pochi, lo sviluppo riguardava solo aspetti commerciali, e privilegiava l’intrattenimento a volte immorale. Tuttavia storia, tradizioni ed avvenimenti a carattere locale lentamente iniziavano a farsi strada. A Pino Pungitore va quindi legittimamente riconosciuta la paternità del progetto. Nella sua avventura l’amico riuscì a coinvolgere pure me, io nemico dei riflettori volli rimanere in penombra ma moralmente oggi mi considero membro storico del progetto.
La mia non fu una collaborazione occasionale perche allora tutto il gruppo caricato da entusiasmo ed euforia si riuniva ogni sera a casa sua alla stregua di una redazione giornalistica per comporre notizie selezionare foto etc. permettetemi di ricordare anche un altro compagno di viaggio il ragioniere Mimmo Aracri che prima di me affiancò Pino nella sua iniziativa. Oggi sono già trascorsi 10 anni, direi volati. Quante cose sono accadute in questa decade: cambiamenti politici, sociali, culturali crisi economiche. Stasera siamo qui non a valutare la portata di questi eventi nè io mi sento di sconfinare nella discussione pur validissima scaturita dalle dichiarazione di Umberto Eco secondo il quale la cultura “social” è scadente, non certo nobile o profonda.
Ogni iniziativa è figlia del suo tempo; la straordinarietà di internet forse è l’essere comunista in un tempo nel quale il comunismo non c’è più. Internet oggi offre a tutti una lavagna virtuale sulla quale scrivere il proprio pensiero e divulgarlo. Quale strumento in passato ha mai permesso questo?
Ritornando al nostro tema allora scommettemmo sulla informazione locale era una vera e propria sfida perché l’utenza —definiamola così- era ristretta dal momento che pochi al tempo disponevano di un computer domestico. E’ inutile che vi ricordi che ancora non esistevano i tablets e gli smartphones. Partì cosi quasi per gioco un giornale virtuale che presto divenne punto di riferimento di questa piccola comunità in un periodo di stasi culturale . Quello che la stampa tradizionale avrebbe giudicato irrilevante da noi trovava spazio notizie, curiosità, ricorrenze varie venivano diffusi nel mondo. Raccontavamo di tutto né mancavano studi culturali di un certo livello: si indagava sulla storia dell’emigrazione francavillese nel sud America , sul nostro dialetto, sulle arti , sulla devozione popolare (san Foca e san Francesco di Paola in primis) e sulle sue tradizioni.
Faceva piacere all’inizio — Pino Io ricorderà bene- ricevere gli apprezzamenti disinteressati che la comunità francavillese sparsa nel mondo ci tributava dal Brasile dall’Australia etc etc
Quelli extra nazionali arrivarono prima di quelli nazionali L’aspetto paradossale stava proprio in questo i primi consensi arrivarono da fuori dai francavillesi emigrati.
Il sito in breve era diventato il gazzettino di questo paese e le sue pagine univano virtualmente una comunità diluita nel mondo che noi avevamo risvegliato e ora affamata ci chiedeva continue informazioni. Il successo ci incoraggiava e ci spronava a migliorarci; ad un certo punto la tecnologia ci mise nelle condizioni di interagire con gli utenti e di inserire contributi visivi anche dirette di processioni ed eventi vari. Ormai avevamo aperto una finestra virtuale su Francavilla e chiunque nel mondo poteva aprirla, in breve avevamo ampliato i suoi orizzonti culturali.
Ricordo anche che la nostra iniziativa fin dall’ esordio fu invidiata da tanti comuni limitrofi e costituì il modello di riferimento per gli stessi. Quanti consigli ci venivano richiesti.
In questi 10 anni abbiamo raccontato di tutto e il nostro racconto ha accompagnato le evoluzioni e la storia di questa comunità aggredita da una nuova fase emigratoria . Si era partiti bene con un progetto libero ed onesto attento a non uscire dal binario dell’imparzialità, requisito questo fondamentale per essere credibili e condivisibili, infatti fin dall’esordio si era data come linea guida quella che stabiliva di non avventurarci in argomenti o temi diciamo sensibili. Il fine era quello di cementare e non dividere la nostra comunità.
Il nucleo storico lavorò coeso per anni; intanto altri progetti culturali nascevano nel paese. Io attratto da una visione di cultura che seguiva più canoni e modelli del passato, lentamente mi distaccai dal gruppo operativo sostituito da altri validissimi collaboratori.
La mia uscita non mi impedisce oggi di festeggiare il suo decimo compleanno e salutare questa opera celebrativa — come vedete la carta è dura a morire - che compendia alcune notizie tra le più significative del sito:dentro c’è pure qualcosa di mio . Il libro diviene testimonianza e storia di questo paese da custodire e tramandare ai posteri. Certamente molto altro era degno di pubblicazione; le notizie sono state tante in questi 10 anni, ma per giustificate e comprensibili ragioni si sono taciuti molti episodi dolorosi e tragici che hanno investito la nostra comunità e che noi puntualmente abbiamo riferito. Il testo è accompagnato da un buon numero di foto, alcune rare dalle quali è possibile percepire visivamente alcune metamorfosi ambientali . Francavilla deve riconoscere al sito internet francavillaangitola.com il merito di averla catapultata nel Villaggio globale tra il novero di città e paesi più importanti di lei . Il viaggio continua con un’offerta informativa sempre più ricca e più ampia perche se dobbiamo rassegnarci alla globalizzazione dobbiamo adeguarci agli strumenti che la tecnologia oggi ci mette a disposizione. Non essere su internet vuoi dire spegnere le luci o calare il sipario su un paese che non vuole rassegnarsi al silenzio e al buio. In un futuro non so se prossimo o meno questo sito costituirà la memoria storica di questa comunità.
Auguro al sito di camminare libero ed indipendente e di raggiungere altri traguardi importanti
Lorenzo |
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