Benvenuti nel sito di Giuseppe Pungitore, dell'ing. Vincenzo Davoli, di Mimmo Aracri ed Antonio Limardi, punto d'incontro dei navigatori cibernetici che vogliono conoscere la storia del nostro meraviglioso paese, ricco di cultura e di tradizioni: in un viaggio nel tempo nei ruderi medioevali. Nella costruzione del sito, gli elementi che ci hanno spinto sono state la passione per il nostro paese e la volontà di farlo conoscere anche a chi è lontano, ripercorrendo le sue antiche strade.

 

IL MUSEO DELL’EMIGRAZIONE

 

      L’ 8 gennaio del 2000 è stato inaugurato a Palazzo Mannacio il Museo dell’Emigrazione ideato dal Dr. Franco Vallone, direttore del museo, ed allestito a cura della Prof. Carmelina Ruperto e della D.ssa Francesca Viscone.

All’inaugurazione intervennero autorità comunali, provinciali e regionali, docenti universitari e soprattutto alcuni Padri Scalabriniani, assai sensibili alle problematiche dell’emigrazione.

In effetti, il Museo è intitolato a Mons. G.B. Scalabrini, vescovo di Piacenza, che alla fine dell’ottocento creò una Congregazione di missionari ( Padri Scalabriniani ) per l’assistenza religiosa, morale, sociale e materiale agli emigranti.

Il Museo di Francavilla è erede di una mostra denominata “ il baule dell’emigrante “ , dapprima allestita a Vibo Valentia nel 1989, poi itinerante con una serie di esposizioni tenute in vari comuni della provincia vibonese e a Reggio Calabria; dal primo marzo 1995 ( festa di San Leoluca ) dimorò stabilmente presso l’antico convento vibonese del Valentianum. Infine trovò la sua sede permamente e definitiva in Francavilla a Palazzo Mannacio.

 

                                              

                                                  La    “Merica”

 

Emigrazione: bagagli testimoni del muoversi, bagagli pesanti, sacchi e bauli, valigie e casse piene di povere cose che girano per il mondo. Ma gli emigranti sono anche quei passi pesanti dei nostri vecchi contadini in terre lontane. Passi di calabresi che cercano lavoro nei campi di canna da zucchero e nei can­tieri dei grattacieli americani.

La gente, ammassata sui ponti delle navi, prega per un futuro migliore. Le navi sono più gente che nave, e, sull'oceano maestoso, il mare che non finiva mai, cercavano la 'Merica; terra lontana, sogno e realtà, vita e morte, mondo nuovo per vincere la miseria.

Gli oggetti appartenuti agli emigranti, i loro sogni e i loro documenti, sono ora Museo dell'Emigrazione di Francavilla Angitola; storia di emigranti ma, prima di tutto, storia nostra. Sono oggetti che testimoniano per attualizzare, capire e comprendere profondamente questo importante e vastissimo fenomeno sociale.

Il Museo dell'Emigrazione fa rivivere simboli, segni e colori per sapere cosa, come e quando, per tentare di capire non solo come erano, ma come eravamo e perché oggi siamo così, con il nostro bagaglio di memoria.

Il Museo, attraverso un itinerario visivo e cronologico, illustra storie che vanno dal 1860 ad oggi; una successione narrativa si snoda nel tempo e traccia l'immagine prima della partenza, il paese natio fatto di povere case, un paese dove il peso delle grosse chiavi in ferro battuto indicava il potere sociale della gente; seguono poi le feste, il Santo Protettore, la vita della comunità.

Foto, documenti e immagini che, evidenziando l'enorme dislivello econo­mico e di vita, documentano l'emigrazione come unico momento di capo­volgimento, di rivolta, di rassegnazione collettiva, ma anche di profonda speranza. Altri settori del Museo sono riservati alla scuola del tempo. Le boccette d'inchiostro, il calamaio, i pennini, la pagella scolastica... reliquie del sapere di una volta riservato a pochi; e poi i documenti per emigrare rilasciati da subagenti delle grandi e piccole compagnie di navigazione ita­liane e straniere, persone senza scrupoli che costringevano a vendere quel poco che si possedeva. Seguono biglietti di terza classe, documenti d'imbarco, visti, certificazioni mediche, passaporti.

Il corredo sacro è costituito da immaginette, centinaia di testimonianze della pietà popolare utilizzate per rinnovare ovunque l'atto di fede, ma anche per invocare protezione e superare i momenti difficili di pericolo e di sconforto.

Poi finalmente la 'Merica, le auto e i vestiti noleggiati per il "ritratto", per le foto, per dimostrare non solo agli altri, ma anche a se stessi, che il sogno americano si era avverato. Chi tornava dalla 'Merica si distingueva subito per il suo colorito, l'anello col brillante al dito ben in vista e il por­tafoglio di pelle di coccodrillo con le iniziali in oro.

Chi tornava con le scarpe lucide e scricchiolanti parlava di "Nova Yorka, . Muntivideo e Bonosairi".Le fidanzate e le mogli con i figli in attesa di raggiungere il proprio uomo, fedeli alla morale domestica, uscivano di casa solo per necessità: una sorta di semi-clausura.

 

FRANCO VALLONE

Direttore del Museo dell'Emigrazione "G. B. Scalabrini"

 

 

 

Il Museo dell’Emigrazione di Francavilla  è stato  citato  nei  Viaggi  di Repubblica

il   4 maggio 2000  con questo  articolo :

 

MUSEO NAZIONALE DELL’EMIGRAZIONE

“G. B. SCALABRINI”

[Palazzo Mannacio - Francavilla Angitola

(Vibo Valentia) b 0347/7617742. Orario: 9.00-12.00116.00- 19.00. Ingresso gratuito] Prezioso scrigno della memoria collettiva di masse popolari costrette ad abbandonare il proprio paese e attraversare il mondo in cerca di fortuna, è nato dal ritrovamento, da parte di Franco Vallone, del baule di un emigrante, tale Domenico Italiano. Pervaso da un’atmosfera sottilmente malinconica, conserva lettere sgrammaticate e vergate con una grafia incerta, biglietti d’imbarco immancabil- mente di terza classe e fotomontaggi di fidanzati uniti per procura, immagini di spavaldi ed eleganti emigrati accanto a luccicanti autovetture e belle donne, illusoria testimonianza di quel successo vagheggiato, ma spesso non raggiunto, nelle lontane Novo Yorka o Bonosairt

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