Benvenuti nel sito di Giuseppe Pungitore, dell'ing. Vincenzo Davoli, di Mimmo Aracri ed Antonio Limardi, punto d'incontro dei navigatori cibernetici che vogliono conoscere la storia del nostro meraviglioso paese, ricco di cultura e di tradizioni: in un viaggio nel tempo nei ruderi medioevali. Nella costruzione del sito, gli elementi che ci hanno spinto sono state la passione per il nostro paese e la volontà di farlo conoscere anche a chi è lontano, ripercorrendo le sue antiche strade.

23  Gennaio 2008

Presentazione del libro “Ritratti” 

 

Nel tranquillo pomeriggio  del 28/12/07  davanti una platea attenta ed interessata, alla presenza delle locali autorità  e stato presentato   “Ritratti”  ,  il libro di poesie  del dott.  Enzo Simonetti .

 La pubblicazione del volume è stata patrocinata  dal Comune di Francavilla Angitola.

A presentare l’opera  è  stata  la dottoressa Sonia Vazzano .

A nostro  giudizio il libro  va letto sia dai giovani francavillesi ,  che avranno modo di scoprire  personaggi,   luoghi e momenti  di vita della  vecchia Francavilla,  sia dagli  anziani  che volentieri  rivivranno quei tempi.

Il  libro  può essere richiesto al nostro sito, il  quale provvederà  a fornire al Comune gli estremi della spedizione,  o direttamente  all’ Assessorato alla Cultura presso il Comune di Francavilla Angitola.  Di  seguito pubblichiamo l’intervento dell’ amico  Lorenzo Malta letto in occasione della presentazione del libro .

 

 

Presentazione del libro  "Ritratti"  della Dottoressa Sonia Vazzano

Sono, non lo nascondo, doppiamente in difficoltà questa sera. Innanzitutto perché mi trovo a parlare di fronte a persone che solo poco tempo fa sono state, ognuno in modo differente, responsabili della mia formazione qui a Francavilla. Poi perché ho l’arduo compito di ‘celebrare’ non un soggetto (in questo caso l’autore di questi Ritratti), né un oggetto (il suo libro), ma qualcosa che coinvolge entrambe le entità e che potrebbe allo stesso tempo sussistere anche indipendentemente da esse: e cioè un sentimento.

La nostra vita è piena di sentimenti differenti con i quali giorno per giorno ci confrontiamo. Perché le nostre giornate, bisogna ammetterlo, non sarebbero vive senza le nostre emozioni.

-        Per ciò che facciamo e che per paura non facciamo.

-        Per ciò che sbagliamo, spesso senza avere la possibilità di riparare.

-        Per ciò che intraprendiamo, credendo sia la cosa più giusta per noi e per chi ci sta accanto, senza renderci conto che magari le cose non sono sempre così come noi le vediamo.

Celebrare i sentimenti allora, e soprattutto le emozioni, è un dovere che abbiamo sempre. Perché tra gli errori, le maschere e il nulla delle nostre esistenze, provare emozione ci dice di una vita che vale la pena di essere vissuta, sempre e comunque.

E per questo un uomo che si racconta attraverso le sue emozioni non è ciò che gli stereotipi pretendono di presentare: non è un semplice, ma un grande uomo.

                    È con questo spirito che mi accingo a leggere insieme a voi il libro di Enzo  Simonetti.

Ogni lettura, è vero, è di per sé già un’interpretazione. Leggere un testo significa riscriverlo con i mezzi che la natura ci mette a disposizione. Le parole, le frasi, le pagine che sfogliamo schiudono per noi un mondo che non è sempre lo stesso per ogni singolo lettore.

È per questo che alcuni si soffermano sul racconto di un avvenimento, altri sulle descrizioni di paesaggi e protagonisti, altri ancora sul personale vissuto rivisto a partire proprio dalle pagine di un autore. Così un racconto ci sembra bello o brutto, emozionante oppure no, solo se riconosciamo in esso una parte del nostro vissuto quotidiano: insomma solo se ci riconosciamo in quelle pagine.

In tal senso sono forse la persona meno adatta a parlarvi di questo libro. Vivo da quando ero piccola a Francavilla è vero, ma forse non ho mai visto davvero la Francavilla che ha fatto emozionare l’autore nello scrivere queste pagine.

E tuttavia, paradossalmente, credo di potervi raccontare lo stesso, nel mio piccolo, cosa c’è scritto in questo libro. E ciò per merito, probabilmente, proprio dell’autore, che riesce a fare entrare tra le sue pagine anche chi non ha condiviso le sue stesse esperienze; perché non si limita a raccontare eventi o a descrivere personaggi, ma ad esprimere emozioni. E, ahimè o per fortuna, il linguaggio delle emozioni è forse quello che nessuno ha il compito mai di insegnare, né quello che si conosce di meno, pur senza apprenderlo sui libri o sui banchi di scuola, ma quello che nasce nel momento stesso in cui anche noi veniamo al mondo.

Cito: «Ho sentito di scrivere i “ritratti”, che danno il titolo a questo volumetto, per ricordare, con gli occhi della mente e, soprattutto con quelli del cuore, la Francavilla che vive e vivrà dentro di me per sempre».

Esordisce così l’autore nella presentazione alle sue pagine.

È vero, la Francavilla che Simonetti ritrae vive realmente tra le pieghe del suo cuore. Perché la senti vibrare tra le pagine dei sospiri che descrivono il suo paese natìo. È uno sforzo che sembra essere stato compiuto con un duplice obiettivo:

-        da un lato, ricordare e fissare su carta le immagini dei propri ricordi è innanzitutto avere il coraggio di dire il proprio sé a se stessi, sforzandosi di migliorare e allo stesso tempo prendendo cosa di buono si è costruito nel tentativo di edificare sempre qualcosa di meglio;

-        dall’altro, l’entusiasmo di raccontare agli altri piccole e grandi emozioni che scaturiscono dai propri ricordi è un grande gesto di generosità nei confronti di chi, a partire da essi, potrebbe iniziare un percorso personale di ricostruzione e riconoscimento del proprio io.

La logica di Simonetti è infatti quella della ‘comunione’, come egli stesso afferma. Il suo desiderio più grande è che i giovani, soprattutto quelli francavillesi, riscoprano il loro orgoglio di esserlo, nonostante le difficoltà e i disagi che a volte si trovano a vivere.  

Provo a farvi entrare attraverso la mia personale lettura nelle pagine di questo libro.

Due sono le parti che lo compongono. La prima è una parte, per così dire, ‘comunitaria’. Quella nella quale tutti i francavillesi, o quasi, si riconosceranno.

Quella che ripercorre anni di vita a Francavilla che ormai sembrano non essere più di questo paese, ma che chi ha vissuto ricorda come fossero ancora vivi e presenti in mezzo a noi. Perché Ritratti? Perché Simonetti fa rivivere con la sua poesia personaggi di Francavilla che gli sono rimasti nel cuore.

Personalmente non ho conosciuto la Francavilla di Vittorio Torchia, che solo qualcuno indirettamente mi ha raccontato sulla scia dei suoi componimenti. Simonetti lo ricorda così:

 

Giovane, con Dante Seneca

E Kant nello zaino,

vagò per valli ed irti sentieri macedoni,

col fucile in spalla,

portando nel cuore la visione

dei pioppi del Drago,

di Talagone, di Pirricchio e Fischia.

Non ho conosciuto nemmeno la Francavilla dei ‘mastri’, Rafele, Arturo, Micuzzu, Alfredo, orgoglio e vanto di mestieri che la nostra era sembra non considerare più così degni di orgoglio come allora; o quella della “granita di Foca ‘e Cristina’”, del bar di Foca Serrao e dei medici Servelli e Costa; o, di quel ‘Cecio’, che a giudicare anche dalla presentazione del Prof. D’Agostino doveva essere una persona ‘indimenticabile’. Cito:

Buono di cuore, servizievole sempre,

innocente il sorriso, disponibil con tutti,

Vincenzo al battesimo,

Cecio per tutto il paese.

 

Stolti i monelli lo prendevan in giro,

alzava la voce e le sue gote graffiava.

 

Due sole parole su questa presentazione: anch’essa, consentitemelo, sullo stile di questi ritratti; piena di emozioni diverse; soprattutto quelle di un amico.

E la lista potrebbe allungarsi sempre di più. Ecco perché in tal sede mi limito a leggere solo delle parti di alcuni dei ritratti più belli di Simonetti.

Questo, ad esempio, il suo particolare ricordo di Micuccio Barbina.

 

Quando il gallo, novello giorno annunciando,

invitava gli agresti operai

a raggiunger fondi e poderi,

su da Brossi risaliva Micuccio per piazza

ed apriva il bar della grotta

dal colore più caro a Nettuno.

 

Ed ecco il ritratto di Peppino Torchia:

 

Con passo spedito da Cottura tornava,

visitata la vigna, i prugni ed i fichi.

Dato il becchime, l’acqua fresca

a polli e galline;

raccolti gli ortaggi da portare,

premuroso, all’amata Lucia.

 

E ancora di colui che viene definito ‘Grande Cerchio’ (cioè Nicolino Aracri): 

 

Alto, atletico, col sorriso

ad occhio inesperto quasi sfrontato,

al volante dominava la strada.

[…] per il Drago

si accompagnava agli amici,

attorniato dai suoi maschi virgulti.

 

Poi il tempo che nessuno perdona,

meno alto ed atletico lo combinò,

il sorriso meno sfrontato,

la battuta, però, mai meno mordace.

 

E, infine, di Padre Michelangelo:

 

Lunga e folta di sale e pepe

vestita la barba.

Ruvido, immenso il suo saio,

calmo austero il passo,

dolce comprensivo lo sguardo.

 

Non nascondo di aver riportato alla mente, con commozione, e tanta, grazie a questi ritratti, soprattutto Coloro i quali ho sfiorato appena nei miei 22 anni a Francavilla. Per questo ho pensato stasera di ricordarne insieme a voi, attraverso le parole di Simonetti, due su tutti: la maestra Bice e il ragioniere Achille.

La prima così viene descritta dall’autore:

 

Nata Arcuri, a Vibo ebbe i natali,

sposa fu del ragioniere De Sibio.

Insegnò per i plessi ed il centro,

col sorriso coccolò ed educò

generazioni di alunne ed alunni.

 

Parimenti madre affettuosa,

ebbe Nadia, Saverio, Ivana,

Pino e la piccola Cinzia.

Anche loro coccolò ed educò.

 

A Saverio, il suo principe, diceva buongiorno

a letto portandogli il latte ed il caffè;

della Nadia perdonava, col sorriso sul volto,

gli estrosi capricci;

dell’Ivana dai capelli corvini, apprezzava

orgogliosa sagacia e intelletto;

di Pinuccio, per lei sempre piccolo,

l’amor per lo studio e la volontà;

della Cinzia, che è l’ultima nata,

lo sguardo sognante, i lunghi silenzi,

la mai stanca disponibilità.

 

Ora è lassù, fra i cipressi,

riposa sul poggio,

col suo amato Nicola vicino.

Entrambi sorridono, sereni,

proteggendo figli e nipoti.

 

Ecco invece le parole che Simonetti dedica al secondo:

 

Aspettava che il caffè già fumasse,

da Vittoruzza in cucina, prima di scendere

per a Vibo recarsi, ogni mattina.

 

Conseguito il diploma, lavorò a Catanzaro,

il suo tempo dedicò alla Sanità funzionario.

 

Ma la sua vera vita, il vero suo amore,

era la famiglia, il paese, gli amici del cuore.

 

La polemica gli era compagna,

la politica appassionava il suo dire,

sì è vero, capitava che alzasse la voce,

mai malizia, mai astio o rancore.

 

Quante volte a discuter nel bar,

nella piazza, al circolo, al Drago.

Tardi era capace di tirare per notte,

l’indomani, comunque, partiva,

puntuale tornava al lavoro.

 

Crudele, lo ha ghermito la malattia,

oscurando il suo chiaro sorriso,

ma, ognuno al circolo, al bar, in paese,

sempre un gradito pensiero gli serba, di nostalgia.

 

Mi è sembrato giusto raccontarvi in particolare di queste due personalità ritratte da Simonetti, al di là del ritratto personale che anch’io avevo di esse, perché si trattava, a mio modesto avviso, di due immagini importanti dell’amore per Francavilla: la prima attraverso il suo impegno nell’istruire tanti giovani francavillesi, il secondo nella passione forte per la sua terra.

Persone, purtroppo, che non sono più tra noi. Il libro di Simonetti, per la maggior parte, rievoca ciò che non è più materialmente o fisicamente di questo mondo.

 

Eppure, vi dicevo all’inizio che parla per emozioni e questo significa che, pur con qualche piccola differenza, riesce ancora a mostrare, nella vita dei nostri giorni, nella nostra quotidianità, le tracce di un tempo, di quel tempo che l’autore ritrae oggi con i suoi occhi di bambino e di adolescente.

Ho cercato di analizzare la prosa di Simonetti, pur non essendo forse così esperta, e mi sono resa conto di come i suoi ritratti siano divisi in due: la prima parte di essi parla al passato, l’ultima sempre al presente o al futuro.

È questo che rende ancora oggi vivi i sentimenti provati dall’autore, che ha il grande merito di farli rivivere anche a noi proprio nell’uso di quel presente e di quel futuro, che ci rendono partecipi, ognuno a nostro modo, di ogni singolo ritratto.

C’è, ad esempio, un componimento dal titolo ‘Sere d’estate a Francavilla’, in cui sembra davvero di riassaporare quei momenti descritti da Simonetti. Perché i panorami non sono cambiati: c’è sempre lo Stromboli che si intravede da lontano al tramonto, Filadelfia che pare proteggere dall’alto il borgo, gli anziani seduti sul viale del Drago al fresco e il vociare dei ragazzi che si godono le tanto sospirate vacanze.

Così come c’è sempre la piazza, che l’autore descrive al mattino con gli attori principali di quegli anni: Mariolina, Vittorina, Donna Santa, Enrichetta e Rosuzza, Peppe, Eugenio, Mario, Micuccio e Pasquale. Oggi tanti, quasi tutti, quegli attori non ci sono più, ma la piazza al mattino sembra ancora discretamente ‘viva’.

Il borgo, senza operai agresti, senza il fumo e gli odori dei camini e delle pentole bollenti, non è più quello di un tempo. Sembra quasi un anziano stanco che con il suo bastone percorre una strada. Gli anni sono per lui trascorsi, le forze non sono più quelle di un tempo, ma l’anziano è sempre lo stesso. Perché vive di tutto ciò che è stato, che è e che forse sarà.

Dunque tanti i ritratti che non abbiamo più la fortuna di osservare, e però ci sono almeno due cose che sono rimaste, credo, pressoché le stesse.

La prima è la festa di San Foca. Come allora si festeggia ad agosto nella seconda domenica; come allora tanti tornano a Francavilla da ogni parte del mondo per celebrare il ‘loro’ santo; come allora le rughe si riempiono; come allora il corso profuma di quella gioia che traspare negli occhi di chi si rincontra dopo un po’, racconta qualcosa di sé e della propria famiglia, ama passare il tempo a ricordare quello che è stato, ma non che per questo non è più.

Come allora il Santo in Chiesa viene illuminato da un raggio di sole, che talvolta colpisce anche alcuni fedeli seduti a partecipare alle sacre funzioni.

La seconda, e forse la più importante, è la speranza. Quella che sento di poter dire i giovani hanno ancora, nonostante tutto, e che utilizzano per sopravvivere e poter un giorno finalmente vivere.

Vi dicevo poi di una seconda parte di questo libro. Più che ‘comunitaria’ squisitamente personale, in cui Simonetti racconta e si racconta, ma della quale, forse, non ha senso che io dica nulla.

Perché ognuno di voi abbia la possibilità di leggerla per sé, riuscendo probabilmente ad esprimere molto di più di quanto le mie poche e indegne parole potrebbero fare.

Paradossalmente però, è questa la ricchezza delle intere pagine di Simonetti, ciò che sembra del tutto ‘personale’ si fa ‘comunitario’, proprio grazie al linguaggio delle emozioni. Accanto ai componimenti del tutto personali, ce ne sono alcuni finali che ritraggono infatti emozioni scaturite da particolari avvenimenti di cui tutti, non solo i francavillesi, siamo stati partecipi, come ad esempio il crollo delle torri gemelle e la strage di Nassiriya.  

Accanto a questi componimenti ce ne sono due in particolare sui quali mi piacerebbe soffermarmi per un momento.

Non nascondo come trasale il cuore nel ritratto dal titolo ‘2 aprile 2005-ore 21.37’. È il ricordo dedicato a quel

 

Vecchio Pastore di bianco vestito,

dal soglio di Pietro al Padre […] tornato.

 

E la nostalgia di Simonetti sembra essere la stessa di tutti noi. Cito:  

 

A noi sofferenti mancherà la tua forza

con cui sofferenza hai affrontato e patito.

A noi sofferenti mancherà il tuo sorriso

luminoso di fede, portator di speranza.

A noi sofferenti pregar toccherà,

che tu col Divino interceda,

perché siano nel mondo

pace, amor, tolleranza e perdono.

 

E poi le ultime parole del componimento scritto in occasione della scomparsa di Nicola Calipari: “In piedi, Calabria”.

Sì, perché queste pagine non sono solo un inno a Francavilla, ma a tutta la Calabria e alla sua gente, dimenticata e, ahimè, troppo sconosciuta per poter essere, ad oggi, veramente amata. E questo anche a causa del nostro poco orgoglio verso questa terra.

È vero, è difficile per noi giovani credere realmente nella Calabria, e in modo particolare in Francavilla. Se paragoniamo infatti gli stessi ritratti di Simonetti a ciò che ogni giorno vediamo tra le stradine di questo paese, il risultato non è di certo esaltante.

È triste dirlo, ma noi giovani per primi sentiamo che questo paese sta come scomparendo. E la cosa più grave è che noi non facciamo nulla perché non sia così, impegnati come siamo nelle nostre esistenze di tutti i giorni, che per forza di cose ci hanno portato lontano da questa terra.

Questo libro può essere un’occasione per ripartire. Per riscoprire una consapevolezza nuova. Quella della ‘comunione’ appunto. Quella delle emozioni, dei sentimenti. Perché è solo dai sentimenti, da quelli più profondi, che si può ripartire per ricostruire una Francavilla ogni giorno migliore, della quale fra qualche anno potremo, chissà, come questa sera, presentare nuovi ritratti.

Ritratti di una nuova generazione che a Francavilla c’è. E ci sarà…, mi auguro sempre migliore. Una generazione che prosegue però unita, nel perseguimento di un intento più che mai comune e comunitario. A tal proposito è stato bello ascoltare, in occasione della Commedia di giorno 23, il nostro Sindaco dire: ‘Crediamo nei nostri giovani. E non solo non vogliamo, ma non dobbiamo abbandonarli’. E lo stesso sindaco ribadisce questo concetto nella sua nota introduttiva al libro di Simonetti quando scrive:

 

«[…] ai giovani confermo che da parte mia e degli amici Amministratori, sarà sempre fatto tutto il possibile, ed anche oltre, perché crescano nella dinamica di comunità, onde affrontare la vita con sempre più forza».

Utopia credere in una rinascita di Francavilla? Può darsi. Ben vengano le utopie se ci aiutano a vivere meglio il nostro presente.

Simonetti ci ha fatto incontrare nella sua poesia, frammista di musica e di parole, un passato sempre presente; una piccola, e allo stesso tempo grande Francavilla, che è bello serbare nei nostri cuori come monito per far rinascere, come una fenice dalle sue ceneri, una ‘nuova’ Francavilla.

Ecco perché questa sera rinnovo a lui, dal mio piccolo, nuovamente un grande ‘grazie’ e allo stesso tempo un grosso ‘In bocca al lupo’, a lui direttamente e a noi, concedetemelo, indirettamente.

Il ‘grazie’ è per avermi dato la possibilità di raccontare questa sera i suoi ‘ritratti’, ma soprattutto per avermeli fatti leggere quando ancora non erano nella veste in cui sono presentati questa sera.

L’‘In bocca al lupo’ è perché egli per primo, e poi anche noi, possiamo ricominciare da essi una nuova esistenza, fatta di una consapevolezza maggiore per la quale il futuro si costruisce solo a partire dal passato, giusto o sbagliato che sia, semmai sia dato a noi uomini il potere di stabilirlo.

Francavilla 28/12/2007                                                                             Dottoressa Sonia Vazzano

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  INTERVENTO  DI LORENZO  MALTA

Caro Enzo, come puoi notare il mio non è un intervento spontaneo ma meditato, d'altra parte un intervento estemporaneo non mi avrebbe consentito di elaborare un giudizio complessivo sulla tua opera.

In un certo senso non mi hai lasciato scelta quando mi hai espressamente richiesto una piccola recensione dei tuoi Ritratti. Non ho difficoltà a non riconoscermi un critico letterario tuttavia sono un modesto fruitore di prosa e poesia e mi ritengo fortunato perché il tempo, i luoghi, le situazioni e le facce che tu rievochi io li ho conosciuti.

Che recupero prodigioso é stato il tuo e che memoria fertile! Non hai dimenticato proprio nulla del nostro "piccolo mondo antico" hai riesumato angoli e spazi, sagome e forme, essenze ed antichi profumi che sembravano persi per sempre. Tutto grazie a te oggi torna a delinearsi davanti a noi, si materializza, riprende corpo e anima.

Forse per questo la lettura delle tue creazioni, perché la poesia é creazione, che mi hai consegnato in anteprima mi ha commosso.

Il loro richiamo nostalgico é forte, é un vortice che ti trascina dentro e il "navigare é dolce in questo mare". Come non pensare a quei tempi spensierati, semplici, felici ed irripetibili? Il rimpianto, il non poterli rivivere più, è doloroso a te quanto a me; il tempo e' davvero spietato.

Tutto oggi é cambiato! La tua Francavilla, la mia Francavilla non é più la stessa, ma, caro Enzo, anche noi inavvertitamente siamo cambiati e non mi riferisco ai segni che il tempo ha lasciato sulle nostre figure, quanto all'innocenza perduta, alla fanciullesca ingenuità e allo sguardo di bambino che non abbiamo più, ma cosa ancor più grave al senso dei luoghi che noi tutti abbiamo smarrito. Ma quanto é potente la parola che ti permette di combattere contro il tempo e recuperare fatti, volti e situazioni prima che l'oblio li distrugga definitivamente.

Qualche giorno fa ti ho conosciuto nell'inedita veste di commediografo ma io che sono un nostalgico e vivo di ricordi devo ringraziarti per questi Ritratti con i quali hai richiamato in vita frammenti del nostro vissuto.

Per noi cultori del classico questo è il vero senso della poesia;  essa è creazione, e rievocazione, e sogno .

Oggi tu non ci regali semplici versi ma quadretti di vita francavillese, che come per incanto ci fanno chiudere gli occhi e sognare. Allora vedi passare in rassegna Micuccio Barbina col suo candido grembiule, senti il profumo ed il sapore dei limoni della granita di Foca ‘e Cristina e vedi Anniciuzza ‘a Conessa che; timorata di Dio, dopo la messa vespertina chiude il portone per non sentire le bestemmie di chi gioca a carte davanti casa sua ed ancora odi la tromba di Pasquale che annuncia Mbertu il pescivendolo e la voce squillante del Ragioniere Achille Malta in una delle sue vivaci conversazioni e perfino i rumori assordanti della potiha di mastro Alfredo e del mulino di Nicola Spal diventano suoni soavi.

Caro Enzo quanto ci mancano questi suoni, quanto ci manca il profumo delle olive appena schiacciate nei trappeti e quello del mosto delle nostre uve e che dire dei canti delle lavandaie di Talagone, da Funtanedha e da Frischia?  Da quanti anni non sentiamo risuonare nelle nostre vie le forbici dei sarti e dei barbieri, gli arnesi degli artigiani e le bilance dei potihari ; da quanto le comari non animano più la piazza e le vinedhe, quanto edace ed impietoso è stato il tempo e quanto vuoti siamo diventati noi finanche incapaci di sognare. Oggi grazie a te possiamo rivivere per un momento quegli attimi e la tua poesia diventa storia.

Non mi resta che concludere, se pensavi d'avere da me anche un giudizio estetico rimarrai deluso. E' la prosa che si giudica in quanto pianificazione di un racconto meditato e non la creatività della poesia.

Un componimento poetico lo si apprezza non per lo stile o lo schema metrico ma per la sua capacità di suscitare emozioni ed i tuoi Ritratti,. vere schegge di memoria, riescono in questo intento.

Segno questo che la tua Musa è stata una buona ispiratrice. I tuoi Ritratti faranno sicuramente sognare moltissimi francavillesi ed io nel mio personale ringraziamento penso di esprimerne uno più generale, Caro Enzo avrei potuto parlare di molte altre cose della tua maturazione poetica, delle tue vicissitudini umane che ti hanno profondamente segnato ed anche ispirato ma se l'avessi fatto sarei stato giudicato scontato ed ovvio. Dietro ogni tua creazione poetica c 'é un sentimento intimo che non pretendo di svelare non ne sarei capace. D'altra parte non é mai una genesi ad essere giudicata quanto il suo risultato finale e il frutto del tuo lavoro. i tuoi Ritratti sono delle vere opere d'arte poetica perché evocativi, onirici, storici. Non potevo terminare questo mio breve intervento senza ricordare la persona a noi troppo cara cui dedichi il lavoro, oso pensarlo in questo istante sopra di noi assieme a Luigi, Achille e tutti gli altri. Mi piace concludere con una citazione di Ovidio:

`` Non so perché il suolo natio riempia tutti di dolcezza e non permetta di esserne immemori''.

 

Francavilla 28/12/2007                                                                                                  Lorenzo Malta

 

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Per maggiori informazioni scrivere a: phocas@francavillaangitola.com

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