Benvenuti nel sito di Giuseppe Pungitore, dell'ing. Vincenzo Davoli, di Mimmo Aracri ed Antonio Limardi, punto d'incontro dei navigatori cibernetici che vogliono conoscere la storia del nostro meraviglioso paese, ricco di cultura e di tradizioni: in un viaggio nel tempo nei ruderi medioevali. Nella costruzione del sito, gli elementi che ci hanno spinto sono state la passione per il nostro paese e la volontà di farlo conoscere anche a chi è lontano, ripercorrendo le sue antiche strade.

 

Il martedì di Carnevale del vibonese

"C'era una volta in Calabria un re, un re carnalavari che si chiamava Vicenzuni..." Si tratta di un patrimonio culturale di tutto rispetto che la voce del popolo tramandava di generazione in generazione. Tra le numerose tradizioni del territorio vibonese quella del Carnevale occupava, nel passato, una pagina importante della vita della comunità. Il martedì di carnevale, dedicato a Re Vicenzuni, veniva infatti vissuto come momento di aggregazione e rappresentava la vera festa popolare di tutto l'anno. Era la festa della libertà più assoluta, una festa di popolo senza limiti, il luogo della goliardia e del ridere, dello scherzo e della follia, del capovolgimento delle cose e dell’esternazione della materialità, dell’abbondanza alimentare più assoluta. Ancora oggi nella festa carnascialesca tutto diviene lecito, ogni gerarchia viene sovvertita, cadono i tabù ed i rapporti divengono disinibiti, superando la vergogna del travestimento e del trasgredire, cadono i freni inibitori imposti dalle convenzioni sociali, le barriere culturali create dalle differenze di età, di classe e di sesso. Il singolo partecipante alla festa si spoglia della sua individualità per fondersi negli altri e confondersi nel vortice del carnevale che, attraverso il vino rosso e la carne di maiale, la danza, la musica ed i fumi piccanti del peperoncino, permettono di liberarsi, di annullarsi per ritrovarsi assieme a tutta la comunità, con gli altri, a condividere emozioni comuni e collettive che esulano dalla sfera quotidiana, emozioni in cui l’elemento materiale e quello simbolico trovano la loro sintesi. In molti paesi del vibonese a Carnevale, ancora oggi, la gente scende in piazza per improvvisare un simbolico corteo funebre che accompagna le spoglie di Re Vicenzuni, rappresentato da un pupazzo di cenci e di paglia. Ancora una volta si rivive l’atmosfera del Carnevale degli anni passati per come è stato tramandato: un arcaico fantoccio con pantaloni, giacca e coppola scura, mani ricavate da guanti da cucina riempite di segatura. Dalla bocca e da sotto la giacca di Carnalavari escono fuori salcicce, polpette e lardo, mentre in una mano Re Vicenzuni stringe un fiasco di vino rosso. Il fantoccio viene portato in processione su di un'improvvisata barella. Dietro il corteo seguono maschere di tutti i tipi, vi sono, in particolare, uomini, donne e bambini vestiti da prete e chierichetti, da infermiere, da medico e da notaio. In prima fila, dietro il finto feretro, la sorella - moglie - vedova di Carnevale, denominata Corajisima (la Quaresima). Altre maschere, che seguono la processione vestono abiti militari, di soldato o Carabiniere, ma anche da marinaio o da aviere. Ad un certo punto della rappresentazione il Carnalavari si sente molto male! ha mangiato troppe polpette, salsicce e lardo, ha bevuto troppo vino, ha fatto una grande indigestione. Il medico lo visita scrupolosamente ed è a questo punto che decide di operare urgentemente con una grande sega da falegname. Dalle viscere del povero Carnevale morente vengono tirate fuori varie reste di salcicce e tante polpette. Con un bottiglione di vino rosso e un tubo di gomma viene costruita una gigantesca flebo utilizzata per cercare di salvare l'ammalato che si aggrava a vista d'occhio, sempre di più. A sera la farsa si conclude con il testamento e la morte di Carnevale che viene, ancora una volta, portato in processione, seguito da Coraisima che, affranta dal dolore, piange e si dispera, e da un'allegra banda di suonatori di pipita e zampogna, tamburelli e pifferi che rendono il clima permeato di follia. Alcune volte a seguire il corteo è la banda del paese che suona le marce funebri  alternandole con motivi decisamente più allegri. Il rumoroso e goliardico corteo prosegue tra le urla dei presenti, fino ad uno spiazzo isolato del paese. Qui il Carnalavari viene adagiato a terra, cosparso di petrolio ed incendiato in un falò purificatore tra i pianti delle prefiche ciangiuline e tra scompisciate risate dei presenti. Molti degli accompagnatori, in questa occasione, ballano tarantelle, tipica espressione popolare dove, con gesti di imitazione ben ritualizzati che rientrano nella sfera magica, si recupera il tempo e lo spazio speciale del chiudersi nel cerchio sacrale che è, a sua volta, elemento tipico degli scongiuri e dell'evocazione magica. Tarantelle dalle gestualità antiche del contendere lo spazio magico conquistato, un conflitto non risolto all'interno dello spazio conteso. È  il tempo straordinario dove tutto è possibile, dove tutto viene ribaltato e capovolto. E' Carnevale. i poveri diventano ricchi, i maschi diventano femmine e, almeno per un giorno, la trasgressione prende il sopravvento sulla normalità del vivere quotidiano.

Franco Vallone   16-2-2015

 

Per maggiori informazioni scrivere a: phocas@francavillaangitola.com