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			  Pubblichiamo un’accurata ricerca storica 
			condotta dall’amico collaboratore Cav. Vincenzo Ruperto  
			
			
			Francavida  
			
			
			Estratto dalla monografia, ancora inedita
 
  
			
			 FRANCAVILLA ANGITOLA
 -memorie per la sua storia sociale-
 
			
			  
			
			N.B. La riproduzione dell’immagine, se non autorizzata, è vietata. 
			Essa rappresenta una donna, in costume tradizionale, mentre pilucca 
			un grappolo di zibibbo delle vigne francavillesi. Inizio novecento- 
			autore ignoto. Coll. Privata. 
			
			
			  
			
			
			Francavilla 27 dicembre 2012Vincenzo Ruperto
 
			
			
			FRANCAVILLA:DISPUTE E LOTTE LOCALI
 
			
			
			“Francavìja, Francavìja,cu’ tri pùlici ‘nta cudìja:
 unu mira, n’atru ‘ngrìdja,
 e  n’atru ammàzza Francavìja.”
 
			
			  Francavilla è stata protagonista di 
			grandi dispute e lotte locali sia nei tempi passati sia in quelli 
			recenti. Dispute come discussioni animate e vivaci, anche aspre, tra 
			sostenitori di tesi opposte. Lotte locali varie come contrasto duro 
			e anche violento tra singoli o gruppi di cittadini desiderosi di 
			vincere o eliminare gli avversari senza esclusione di colpi.   Sono 
			state di aiuto per il progredire della comunità? Alcune si, altre 
			no. Ma quali si, e quali no?.Negli anni della feudalità i maggiorenti del paese si riunivano nel 
			piazzale del Convento domenicano dell’Annunziata per l’elezione del 
			sindaco e dei consiglieri(gli eletti) del Comune, presente  il 
			fiduciario del Duca dell’Infantado con il governatore di giustizia 
			ed il cancelliere come organo ratificante. Anche allora le dispute, 
			le lotte o i contrasti non mancarono.
 Azioni di uomini e donne che vivevano in comunità, quindi azioni 
			politiche nobili o miseramente volgari .
 Non mancarono prima e dopo sino ai nostri giorni. Aprire un 
			dibattito storico-culturale su alcune antiche dispute con la realtà 
			dei giorni nostri sarebbe iniziativa augurabile.
 Con il presente lavoro, assieme a tante altre fonti sulla storia 
			sociale di Francavilla, si vuole riportare alla luce la 
			documentazione riguardante varie dispute e lotte locali, grandi o 
			piccole che siano state.  Come incipit si riporta la disputa avuta a 
			Francavilla per la sua riedificazione dopo il terremoto del 1783. 
			Riaprire quella disputa oggi sarebbe, dopo oltre due secoli, una 
			occasione per rivedere storicamente quel tempo e scoprire colti 
			personaggi ben degni di essere ricordati dai loro immemori futuri 
			concittadini.
 
			
			  
			
			
			Francavida  
			
			
			LA DISPUTA SULLA RIEDIFICAZIONE DELLA NUOVA FRANCAVILLA   Dopo la grande catastrofe del 1783 
			continuò, più di quello sismico, lo sciame di lutti e disgrazie tra 
			le famiglie francavillesi. Una specie di silenzio collettivo sembrò 
			regnare. 
  Alla 
			perdita dei propri congiunti, delle proprie abitazioni, dei propri 
			averi si aggiunse una diffusa apatia verso il vivere in comunità. Le Chiese, i Conventi, i pubblici edifici, gli opifici  distrutti e 
			le terre incolte: uno scenario di desolazione e miseria. Sembrò che 
			fosse scomparsa per sempre quella risorsa di umane  intelligenze 
			esistente prima del terremoto. Passato il periodo di grande 
			smarrimento, quella risorsa di intelligenze cominciò invece a 
			destarsi, cominciò a farsi sentire. Reagì da par suo alla 
			rassegnazione e spronò la popolazione a interessarsi dei problemi 
			che riguardavano la continuità del vivere in comunità. Bisognava 
			pensare alla ricostruzione morale, sociale e materiale. Ricostruire, 
			e meglio, quanto era stato distrutto.
 La documentazione sulla 
			riedificazione della nuova Francavilla ci presenta una delle più 
			interessanti dispute che ebbero i francavillesi nella loro storia. 
			Una disputa basata su uno scontro duro tra personaggi che, con le 
			loro colte argomentazioni, non avevano paura di esternare il loro 
			pensiero non soltanto sull’oggetto del contendere, ma anche sugli 
			interessi e trame locali e dei paesi viciniori. Con Decreto Reale del 5 luglio 1783  
			fu stabilito che Francavilla doveva essere riedificata nella pianura 
			dello Ziopà. Il Decreto fu emesso in seguito alla ricognizione fatta 
			dagli ingegneri ‘reali’ sotto la guida del capitano Novi e con 
			l’assenso di tutti i cittadini. Nessuno fu contrario. In esecuzione 
			di detto Decreto si erano trasferiti allo Ziopà, dove erano state 
			costruite delle baracche, il governatore di Giustizia, i parroci e 
			350 cittadini. Alla data del Reale Decreto non era stata ancora 
			istituita la Cassa Sacra. Quest’ organo governativo, da re 
			Ferdinando IV, fu creato con dispaccio del 4 giugno 1784, ma in 
			effetti cominciò ad operare nel novembre dello stesso anno. Era trascorso infruttuosamente un 
			lustro e nessuna concreta azione di attuazione del Reale Decreto.  I 
			burocrati della Cassa Sacra, con l’aiuto di personaggi locali e dei 
			paesi limitrofi, avevano creato le condizioni per un totale 
			annullamento dello stesso Decreto. Non più la pianura dello Ziopà 
			dove riedificare la nuova Francavilla, ma l’antico sito. Si 
			ritornava, secondo l’edulcorata espressione usata da qualche 
			burocrate, ‘ai patri lari’, mentre più realisticamente altri 
			scrivevano ‘ ai patri tuguri’.
 La nuova scelta sembrò passare tranquillamente, come se i cittadini 
			fossero stati consenzienti, eccettuato qualche isolato mugugno. I 
			cittadini erano divisi. Vi furono personaggi non solo del luogo, ma 
			anche di qualche paese limitrofo, che ‘ fomentavano la vil 
			ciurmaglia’ contro i sostenitori dello Ziopà.
 In quello scenario pieno d’intrighi, 
			di scelte forzate e interessate, comparve la figura di Nicola 
			Parisi, di professione dottore fisico, il quale con una 
			lettera-relazione costrinse gli alti burocrati della 
			Suprema Giunta di Napoli a intervenire presso i burocrati della 
			Cassa Sacra di Catanzaro e del Ripartimento di Francavilla perché 
			fornissero maggiori e più convincenti lumi. In seguito a questa lettera-relazione 
			di Nicola Parisi fu incaricato Francesco Antonio  Arcuri, 
			procuratore fiscale della Cassa Sacra, a relazionare, con atti 
			 documentali allegati, chiarendo i motivi per i quali si era 
			arrivati a scegliere non più lo Ziopà, ma l’antico sito. Si 
			chiedeva, in sostanza, di confutare gli argomenti addotti dal 
			Parisi.L’Arcuri si recò di persona in loco, sentendo le varie campane e 
			scrupolosamente riportando nella sua relazione le ragioni della 
			scelta dell’antico sito. In questa relazione si nota come la sua 
			missione era quella di giustificare la scelta fatta dai suoi alti 
			burocrati.
 Tra i documenti allegati vi è la seguente 
			relazione fatta dai dottori fisici di Francavilla Giuseppe Quaranta 
			e Nicola Caria.
    Francavilla Angitola- Veduta ruderi antico sito e sullo sfondo
 a sinistra l’inizio della pianura dello Ziopà
   La 
			relazione fatta da Francesco Antonio Arcuri si presenta 
			esaustiva nel riportare le ragioni di coloro che erano favorevoli 
			allo Ziopà e di coloro che erano favorevoli al vecchio sito. La sua 
			era una missione il cui fine gli era stato già imposto: giustificare 
			la non esecuzione del Reale Decreto del 1783. I burocrati della 
			Cassa Sacra non ebbero scrupoli ad assecondare personaggi locali che 
			tutelavano soltanto propri interessi a discapito dell’intera 
			comunità. Nelle righe della citata relazione l’Arcuri non nasconde 
			alcune verità occultate come quella dell’esistenza di sobillatori 
			della ‘vil ciurmaglia’ avversi al sito dello Ziopà, né tantomeno si 
			spinge a non riconoscere alcune fondamentali ragioni sostenute dal 
			Parisi. Ragioni essenziali per lo sviluppo urbanistico e commerciale 
			 della nuova Francavilla nel sito dello Ziopà. Oltre al suolo 
			pianeggiante, adatto per la costruzione delle case e degli edifici 
			in genere, vi era la presenza di una strada regia, la vicinanza al 
			mare. Un sito al centro  di un ricco territorio agrario che ben si 
			prestava a divenire un importante centro urbano sviluppando varie 
			attività commerciali e industriali. Fu sollevato, come motivo 
			principale  avverso, la salubrità dell’aria. Su questo motivo 
			l’Arcuri riporta le due tesi dei dottori fisici e non avanza minimo 
			cenno di partigianeria, come se volesse dire: ‘ non sta a me 
			stabilire quale è l’aria più salubre. Il Parisi è per quella dello 
			Ziopà, i dottori fisici Giuseppe Quaranta e Nicola Caria sono per 
			quello del vecchio sito. Decida chi sta più in alto di me’. Una 
			realtà non può nascondere l’Arcuri, denunciata da Nicola Parisi, 
			l’intervento di personaggi della vicina Filadelfia contro la scelta 
			dello Ziopà, come 
			i tre dottori fisici filadelfiesi che avallarono le motivazioni 
			addotte da Giuseppe Quaranta e Nicola Caria. 
			In quell’anno era anche depositario della Cassa Sacra per il 
			ripartimento di Francavilla Tommaso Serrao succeduto a Don Michele 
			Vitale. La nomina del Serrao fu dovuta, tanto per cambiare, alle 
			discordie esistenti tra i maggiorenti francavillesi. Altri motivi sui quali l’Arcuri si sofferma attentamente quasi per 
			dare un aiuto alle tesi del Parisi: acqua e materiale adatto per la 
			riedificazione. Nel nuovo sito vi è sufficienza, reputa buona 
			l’acqua della fonte di Mielita (che con opportune condutture 
			potrebbe essere  potenziata) e mediocri le acque delle fonti di Cà 
			Mergani, Postoliti, Arcelao(anch’esse da potenziare) e Renoso.
 Sin qui l’Arcuri che dietro le sue piccole osservazioni nasconde il 
			suo dubbio sulla validità delle tesi addotte contro lo Ziopà. 
			Rientra subito in quella specie di guscio impostogli dall’alto e dal 
			basso dai denigratori dello Ziopà. Dall’alto i burocrati della 
			Giunta Suprema di Corrispondenza dovevano giustificare il loro 
			operato. Dal basso i personaggi francavillesi ben incriccati con 
			altri fraterni amici di paesi limitrofi. Bisognava dimostrare che 
			quasi tutto il popolo di Francavilla era per l’antico sito, anche 
			coloro che si erano trasferiti nello Ziopà anelanti di ritornare ai 
			patri lari, eccettuati i pochi soliti testardi nemici della loro 
			patria. L’Arcuri si lascia sfuggire l’espressione ‘ ritorno ai patri 
			tugurj’, invece che ‘ai patri lari’ come in altre relazioni 
			riportata. Quaranta trappeti esistenti nell’antico sito, dei quali 
			ventisette in funzione. Per quanto concerne i trappeti la Giunta 
			della Cassa Sacra aveva deliberato di dare un cospicuo contributo 
			per la loro riparazione se danneggiati dal terremoto. Fecero domanda 
			di contributo, ottenendolo, personaggi che non ebbero mai trappeti o 
			che se avuti mai danneggiati o non funzionanti da parecchio tempo. 
			Bastava un attestato ‘fede’ del Sindaco e degli eletti perché la 
			pratica venisse accolta. Qualche anno prima, precisamente nel 1785, 
			si verificò una dura disputa tra i cittadini francavillesi. Mastro 
			Rosario Sgalera, barbiere, presentò una denuncia contro Don Michele 
			Vitale, allora depositario della Cassa Sacra per Francavilla. La 
			denuncia rappresenta la lotta che si era scatenata tra i maggiorenti 
			del paese per la conquista degli ‘impieghi’ offerti dalla Cassa 
			Sacra. Lo Sgalera nella denuncia riporta, tra gli altri,  il 
			fattaccio criminale perpetrato dal Vitale ai danni del governatore 
			di giustizia Don Francesco Melacrinis, facendolo ingiustamente 
			accusare di contrabando di sale. Perché mai il Vitale fu nominato 
			depositario del patrimonio della Cassa Sacra essendo colpevole di un 
			reato così grave?. E pur vero che, secondo gli accertamenti fatti 
			dal capitano Giovanni Dama, le accuse dello Sgalera erano state 
			mosse da un ‘finto zelo’ di parte e non tutte veritiere.  Don 
			Michele Vitale apparteneva ad una famiglia tra le più importanti di 
			Francavilla. Donna Diamante Vitale, figlia di Michele e di Donna 
			Elisabetta Mannacio aveva sposato il dottor  Carlo Aracri, nobiluomo 
			di Gasperina. Don Francesco Melacrinis, il  governatore di giustizia 
			che si era trasferito allo Ziopà, era parente di Don Annunziato 
			Tranquillo, amministratore della Cassa Sacra per il ripartimento di 
			Francavilla. La sua nomina fu molto contrastata dal fiscale Salamone 
			e dal canonico Quaranta. Anche a Pizzo corpose furono le dispute. 
			Annunziato Tranquillo fu incolpato di avere occultato in suo favore 
			ben quattromila ducati del patrimonio della Cassa Sacra. Pizzo è 
			l’altro paese limitrofo da dove provenivano alcuni personaggi che si 
			adoperarono a seminare zizzanie tra i francavillesi per la scelta 
			del sito dove riedificare Francavilla.
 Si riposta la
			
			denuncia 
			dello Sgalera come documento comprovante non solo le 
			diatribe locali allora esistenti, ma anche l’andazzo corruttivo 
			della burocrazia della Cassa Sacra. Rimosso dall’incarico 
			di depositario il Vitale, non fu nominato al suo posto altro 
			aspirante notabile locale, in quanto il capitano Dama si era reso 
			che la denuncia dello Sgalera era il frutto delle diatribe esistenti 
			a Francavilla. Fu nominato Tommaso Serrao di Filadelfia. 
  -Francavilla Angitola-VV- Veduta aerea del Borgo Antico
 - Pendìno/Piano Brossi/ Magliacane/ Chiesa San Foca-ex Castello.
   La disputa sorta dopo il terremoto 
			per la riedificazione di Francavilla fu aspra e non si esaurì con la 
			decisione di modificare il vecchio decreto reale del 1783. Nicola 
			Parisi sollevò con la sua forte denuncia fatti storici 
			incontestabili. La scelta dello Ziopà come sito della nuova 
			Francavilla era la più idonea per fare uscire Francavilla dal suo 
			isolamento e farla progredire urbanisticamente ed economicamente. Le 
			motivazioni dell’idoneità di quella scelta sono riportate in modo 
			esemplare dallo stesso Parisi. Dalla lettura della 
			denuncia-relazione viene fuori un personaggio ben preparato nella 
			sua disciplina di dottore fisico e altrettanto nelle discipline 
			economiche, storiche, filosofiche e umaniste.Un uomo colto che 
			usava, nel suo argomentare, sostantivi, aggettivi e verbi che 
			suonano ancora come un canto poetico che ben rappresenta la dura 
			realtà: ’ ...vendicatrice mano di Dio difendendo i diritti suoi 
			guardando con occhio bieco/ ..si videro i mortali pria sepolti che 
			trapassati/.. esacrando abominevole terreno d’umano sangue bagnato/ 
			…le micidiali pietre cruentate/…Il miserabile avanzo degli orrendi 
			flagelli/…Adunca tagliente falce/…Calcinate pietre/…Pinose alpestri 
			montagne di bianche nevi onuste/ … Possa difformare o mutare 
			l’aspetto della Verità, volto venerando, volto che beava Socrate, e 
			bear deve tutti i filosofi…’.
 La Cassa Sacra fu un evento storico molto importante per la 
			Calabria. Fu il primo tentativo serio di riportarla alla ribalta 
			dopo secoli di ingeneroso oblio. Furono i burocrati che la fecero 
			fallire, specialmente quelli che occuparono le cariche più 
			importanti soltanto perché rampolli  di famiglie altolocate. 
			Burocrati che pensavano a maggiormente arricchirsi a discapito delle 
			comunità duramente colpite. Francavilla non fu riedificata allo 
			Ziopà per puro e misero calcolo d'interessi del regio fisco da una 
			parte e, dall’altra, dagli interessi di personaggi locali a rimanere 
			nel vecchio sito perché proprietari di case e tuguri, di suoli 
			edificatori, di trappeti e molini che ricostruirono con i contributi 
			lautamente elargiti dagli amici di turno e perchè detenevano il 
			locale potere che permetteva loro prosperità e benessere a scapito 
			della moltitudine dei cittadini le cui famiglie erano precipitate 
			nella miseria più nera pur avendo un passato dignitoso. Cittadini 
			 trattati come servi dai soliti e nuovi signorotti e signorini che 
			come blasone della loro inesistente nobiltà sventolavano le 
			bandierine dell’ingordigia, della viltà, delle impunite violenze, 
			delle ruberie legali ed illegali, della loro spropositata ignoranza 
			ed immoralità. Vi furono alcuni personaggi, i pochi, che con la loro 
			autorità morale e il loro indiscusso prestigio, derivanti da 
			tranquille condizioni economiche e da vetuste onorate famiglie, nel 
			cui ambito non mancò mai il costume di educare i propri figli nelle 
			arti e nei mestieri, si opposero, come fragile diga, al malcostume e 
			alla rozza protervia dilaganti nella comunità. Anche costoro però 
			non capirono che la  vecchia Francavilla ducale con la sua cinta 
			muraria, le chiese, i conventi ed il castello resi ruderi a 
			testimoniare un dignitoso passato, era un centro urbano non più 
			adatto ai nuovi tempi. Il secolo dei lumi voleva paesi più aperti 
			alle nuove esigenze commerciali, industriali, economiche e 
			culturali. Restare in quel luogo isolato tra i torrenti Talagòne ed 
			Fiumicello, senza adeguate strade carrabili, ma mulattiere scoscese 
			e impraticabili nei periodi invernali, significava lo svilimento del 
			commercio e delle attività economiche ad esso collegate. La 
			produzione agraria era notevole: olio, vino, cereali. Notevole era 
			la sericoltura, la pastorizia. Ma era difficoltoso promuovere un 
			commercio competitivo con quello di altri paesi facilmente 
			raggiungibili.  Non vollero pensare al futuro della ‘patria’, non 
			vollero sentire voci, come quella di Nicola Parisi, che richiamavano 
			l’attenzione verso le future generazioni, perché si potesse 
			edificare per loro una città aperta ai commerci, alle industrie, al 
			benessere sociale. Francavilla fu costretta a rivivere nel suo 
			vecchio angusto sito che aveva protetto i suoi abitanti dalle 
			invasioni straniere e dalle scorrerie turchesche. La scelta del sito 
			dello Ziopà, quella che guardava alla modernità e al futuro fu 
			scartata dagli alti burocrati della Cassa Sacra per motivi 
			prettamente fiscali. L’Arcuri come procuratore fiscale doveva 
			tutelare e garantire che le spese non potessero superare le entrate. 
			Trovò eccessive le spese da affrontare in caso di scelta dello Ziopà. 
			Le entrate certificate dal regio Tesoriere erano misere. Altra 
			grande falsità storica. Il patrimonio sacro, dei conventi e delle 
			chiese, non fruttava quei pochi ducati riportati nel certificato 
			allegato. Erano migliaia i ducati che la Cassa Sacra introitava 
			annualmente dalle rendite dei vari beni. Il patrimonio sacro del 
			comune di Francavilla fruttava al regio fisco migliaia e migliaia di 
			ducati  per i beni posseduti dagli enti ecclesiatici prima del 1741. 
			I burocrati della Cassa Sacra, consigliati dai ‘traditori locali’ 
			indicati dal Parisi, arrivarono alla scandalosa decisione di dare un 
			sussidio ai ziopaesi perché ritornassero nel vecchio sito. Per quale 
			motivo non si diede un sussidio per coloro che volevano rimanere nel 
			nuovo sito?. La disputa fu la naturale conseguenza del fatto che i 
			francavillesi non ebbero allora un capo al quale obbedire, ne ebbero 
			forse parecchi e furono cattivi consiglieri. Castelmonardo fu 
			riedificata, col nome di Filadelfia, nel Piano della Gorna perché vi 
			furono lungimiranti personalità che furono capi indiscussi. Non 
			risulta che sia sorta disputa alcuna tra i cittadini di quel paese 
			circa la scelta del sito. Il Piano della Gorna non aveva acqua per i 
			molini, non aveva fiumi correnti, non aveva abbondanza di materiale 
			edile per la costruzione degli edifici. I molini furono lasciati nei 
			loro vecchi siti. Il materiale per la costruzione degli edifici fu 
			trasportato da luoghi non vicini. Per Filadelfia il Fiscale Arcuri e 
			gli altri burocrati della Cassa Sacra nessun cenno di dubbio 
			sollevarono. Non vi furono dottori fisici che dovettero relazionare 
			sulla bontà dell’aria del Piano della Gorna o dell’antico sito. 
			Nessun cittadino francavillese o di altro paese limitrofo si adoperò 
			a portare zizzanie tra i monardèsi per la scelta del sito. Nessun 
			burocrate della Cassa Sacra  francavillese profferì mai parola in 
			merito. Il dottor Vincenzo Solari e il chirurgo Foca Aracri furono, 
			per quasi sette anni, gli unici importanti protagonisti della 
			formazione del catasto dei beni ecclesiastici di ben sette paesi, 
			inclusi Filadelfia e Francavilla. Nicola Parisi forse avrà ammirato 
			la compattezza dei cittadini filadelfiesi per il sito scelto. 
			Quattro tomolate di terreno del Piano della Gorna erano allora 
			proprietà della famiglia di Nicola Parisi.
  Paesaggio calabrese- Mulattiera
 Le dispute, le varie lotte locali si 
			manifestano e si radicano in varie forme. A Francavilla, come in 
			tutte le comunità calabresi, era in uso il  soprannome o nomignolo ( 
			la ‘ngiuria). osi. Era il modo, lo è anche oggi,  di esternare 
			dissapori o inimicizie dovute tra famiglie, molte volte risalenti ai 
			trisavoli, ma che rimanevano impressi per le generazioni future. Con 
			il nomignolo o ‘ngiuria si caratterizzavano  anche le dispute con 
			gli abitanti dei paesi limitrofi.  I Francavillesi erano ‘ngiuriati 
			con il nomignolo di Ragnuòli ( cioè pesci ragno o tracine che se 
			toccati si difendevano con le spine nascoste e velenose) dai 
			filadelfiesi, i quali a loro volta erano chiamati Mangiapatate 
			(perché in maggioranza ‘muntagnisi’ che coltivavano e mangiavano 
			patate in abbondanza). I pizzitani erano chiamati Mangiagargi 
			(perché mangiavano il pesce cucinato  con tutta la testa). Questo è 
			un capitolo a parte. 
			
			PRIMA PARTE 
			 
			
			                                                                               
			                       
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